45. Amicizia

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"L'amicizia è una sola anima che abita in due corpi, un cuore che batte in due anime

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"L'amicizia è una sola anima che abita in due corpi, un cuore che batte in due anime."
(Aristotele)

Karina Jackson non mi era sembrata una donna molto rassicurante, il suo tono altezzoso e lo sguardo puntato dall'alto verso il basso e inoltre la sua folta pelliccia quella mattina mi fece sul serio ricordare Crudelia quando in una serata di forte pioggia va a trovare Anita e Rudi nella loro dolce dimora a Londra, per potersi appropriare dei loro cuccioli. Mi promisi di non scoppiarle a ridere in viso, per via della battuta che Derek aveva fatto la sera prima, sul divano avvinghiati  mangiucchiando latte e biscotti. Nonostante le incomprensioni, le volte in cui non riuscivo a sostenere il suo sguardo tormentato e le volte in cui mostravamo i nostri più oscuri difetti seppure mischiate alle cose che avevamo in comune, Derek continuava a segnare un punto di riferimento nella mia vita. Megan era importante, come lo era anche mia madre, e mi ero sempre detta che da sola potevo farcela, che un uomo robusto non mi serviva, l'amore era un perdita di tempo, ma con quel ragazzo avevo trovato molto di più dell'amore, avevo riscontrato l'amicizia, l'affetto, la comprensione, la compagnia, la sicurezza, la protezione tutte sensazioni, concetti a me sconosciuti per via della sempre presenza passiva di mia madre e dell'assenza di un padre. Ero cresciuta da sola, sostanzialmente, cercando di capire dove fosse il giusto o sbagliato, ma di sicuro c'era del marcio nel bicchiere di whisky di Kate.  Passato ciò, non avrei mai creduto che proprio Derek, quel ragazzo tanto insolente quanto sicuro di se avesse rispecchiato una figura maschile sicura per la mia vita e per la mia incolumità, mi era bastato vedere come una notte passata accanto al suo corpo avesse scacciato via tutti i demoni che per anni m'avevano tormentata, quel sonno che non arrivava e quelle immagini sfocate piantante continuamente sul viso, quei suoni, quelle mani pesanti sul corpo, tutto era improvvisamente svanito.
-"Allora direi che sei fortunata mia cara, stilista di giorno e modella di notte, direi che potremmo incontrarci dopo domani per la prima lezione di portamento.."- farfugliò, con le labbra già appiccicate al bordo del suo aperitivo delle undici. Avevo cercato di mostrarmi più silenziosa e educata possibile, ma le continue occhiatacce sul mio outfit e le piccole smorfie disgustose alla vista dei miei capelli non mi misero proprio a mio agio, decisamente no.
-"La ringrazio.. e soprattutto ringrazio John per questa opportunità"- senza neanche chiedermelo, la donna aveva ordinato per entrambe quell'aperitivo arancione e frizzante, con una fetta di lime incastrata sul bordo e un simpatico ombrellino. Lo sorseggiai per i primi minuti, ma poi lo lasciai perdere sul tavolino, troppo amaro per i miei gusti. Karina Jackson mi aveva dato l'indirizzo di un Hotel di lusso nel centro di Rockefeller Plaza di New York, il Sixtyfive bar al Rainbow Room del sessantacinquesimo piano. Una vetrata con vista mozzafiato, un ambiente sobrio ed elegante, molto illuminato e noto per la sua impeccabile ristorazione. Il nostro tavolo era esattamente stato prenotato al bordo della vetrata, così che potessimo concederci una vista completa dell'intera NY City.
-"Mh, non ringraziarci, hai ancora molta strada da fare"- si tolse gli occhiali da sole, probabilmente firmati Dolce&Gabbana. Mi sorrise fintamente, afferrando fra i denti la cannuccia nera di plastica.
-"Discuteremo di molte cose insieme, e dovrai essere disposta ad ascoltarmi passerotto.."- quel nomignolo sgradevole portò ad arricciarmi il naso.
-"Voglio che tu sia perfetta per Valentino, è un mio caro amico e in oltre..  ti dirò una cosa, odio i tuoi capelli con tutta franchezza"- sconvolta, tenni fra la dite le punte bruciacchiate, mi sentì morire,io amavo i miei capelli castano scuro.
-"Dovremmo tagliarli.."- riflettette osservandomi pensosa. Spalancai le labbra, ma nessun suono vi uscì, quella terrificante donna non mi dava agio neanche a rispondere.
-"Si, saresti proprio caruccia con un caschetto!"- esclamò convinta, non mi sarei fatta mai tagliare i capelli come i suoi.
-"Ehm, ci penseremo"- annuì, regalandole false speranze e bevendo qualche sorso di quella amara bevanda, giusto per potermi distrarre dalle orecchie che mi fischiavano e dal viso accaldato.
-"Questo è il mio numero, non lo perdere e tieni sempre il cellulare a portata di mano non esigo distrazioni"- stirò un finto sorriso, afferrai il suo biglietto da visita inserendolo poi nella borsa.
-"Grazie.."- risposi timidamente.
-"Bene, adesso puoi andare ho un appuntamento importante fra mezz'ora.. "- rimasi immobile qualche secondo, ma la sua voce mi scosse immediatamente.
-"Vai!"- ordinò sorridendomi sarcasticamente, mi schiarì la gola e m'issai sotto il suo sguardo.
-"Ok ehm.. la ringrazio ancora"- feci un cenno col capo, mentre il suo sorriso ebete mollò la prese.
-"La prossima volta non voglio vedere quella orrenda borsa, intesi?"-
-"Si.."- tenni basso lo sguardo, e mi affrettai a lasciare quel posto di lusso come se fossi una fuggitiva di un qualsiasi film d'azione, pronta a scalare il grattacielo con una corda.

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