53. Il passato

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"La verità è come il sole: fa bene finché non brucia

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"La verità è come il sole: fa bene finché
non brucia."
EMANUELA BREDA




Incantevole, sbagliato, affascinante, umido, contorto quel bacio come tanti altri che ne susseguirono mi fecero sentire al centro dell'universo. Al tempo stesso però, mi sentivo sempre più sbagliata sempre più in bilico da cadere a peso morto in quel profondo precipizio, sempre più incapace di esprimere ciò che realmente provavo, incapace di parlargli e di urlargli in faccia che noi amici non lo eravamo mai stati che avrei voluto fiondarmi su di lui ogni volta che il cuore se lo pianificava, urlargli che non doveva vedere nessun'altra che doveva fare l'amore soltanto e unicamente con me, che ero la donna che doveva toccare con la quale poteva scherzare maliziosamente e darmi i buffetti sul sedere ogni qualvolta lo desiderasse. Megan aveva ragione, anche Kristie, io volevo disperatamente Derek ma mi rifiutavo di crederci. Mi privavo al tempo stesso di quel sentimento che quando lo reprimevo mi faceva male e sollievo al petto, di Derek avevo paura, dell'amore avevo paura. Paura di essere tradita di nuovo, di essere violata, picchiata, sfiorata con rabbia, paura di essere in trappola, di non poter scappare quando lo ritenevo necessario. Paura che Derek prima o poi si sarebbe trasformato in Robert. Mi sentivo uno schifo, ero una pessima amica la peggiore che si potesse mai avere,eppure egoisticamente ero contenta che suo padre m'avesse spiantato la strada contenta di non aver pagato l'affitto, di averla condivisa e istaurato un rapporto di fiducia e amicizia, nonostante le volte in cui entrambi ci siamo mostrati fragili e vulnerabili. Il viaggio per Philadelphia era alle porte, mancavano soltanto le ultime provviste e poi io e Karina saremo potute partire, conoscere quel marchio mi iptonizzava ma mi stressava anche, li avrei incontrati ulteriori brand che avrebbero chiesto di me e sparso il mio nome in giro. Stranamente avevo sempre meno fame, meno voglia di cibarmi o anche di toccare uno solo di quei biscotti a marmellata, inizialmente pensai fosse per lo stress per la situazione interiore che stavo vivendo con Derek, per le continue incomprensioni fra noi, i continui sentimenti sempre in contrasto e confusi la sua paura di perdermi, il mio terrore di potergli fare del male come lui incosciamentene ne stava facendo a me. L'allenamento era davvero pesante, facevo ginnastica quattro volte a settimana, a volte quando avevo del tempo libero ed ero a casa prendevo un tappettino e mi esercitavo. Ormai ero fermamente convinta che i consigli di Karina potessero aiutarmi e che quindi al contempo fossero veritieri, avevo perso già due chili, quattro giorni un vero successo, pensai. Bevevo molta acqua, e specialmente bevande calde per sopperire quei leggeri languorini dopo le quattro carote che avevo per cena, capitava di rado però, qualche volta dinanzi alla tv. Dovevo assolutamente entrare in quella trentotto, ho sempre desiderato dimagrire anche se il mio fisico bassino e minuto m'aveva permesso di fronteggiare con non più di una quaranta due.
-"Nina, da uno sguardo a questi campioni per favore"- John m'era passato frettolosamente affianco, lasciando sulla mia scrivania una pila di fogli io gli avevo sorriso poi quest'ultimo svanì quando sotto il naso mi si piazzò l'odore di una pizza al formaggio.
-"Sorpresa, ti ho portato il pranzo"- l'allegra e ironica voce del ragazzo mi arrivò alle orecchie, così come mi saltò all'occhio la sua giacca nera a doppio petto. Storsi naso e bocca in maniera divertita, si era piazzato su una sedia girandola al contrario e sedendosi a cavalcioni. Era ora di pranzo e tutti erano quasi andati via, soltanto io Finch e qualche altro design eravamo rimasti ancora a lavorare.
-"Perchè sei vestito come un ragazzo per bene?"- canzonai, al contempo lanciai uno sguardo omicida alla fetta di pizza che immediatamente mi fece brontolare lo stomaco.
-"Vado a firmare il contratto per la galleria, è una cosa seria"-
-"Oh.. complimenti"-
-"E poi che vorresti dire? Non sto bene vestito così?"- scostai il cartoccio con la pizza, iniziando a sfogliare i campioni che John mi aveva portato.
-"Sei-uno-schianto!"- scandì per bene, allegramente ridemmo insieme poi il suo sguardo s'incupì.
-"Non la mangi?"- col mento indirizzò il mio ipotetico pranzo, io lo osservai invece con disgusto.
-"Neanche per sogno"-
-"Nina.. devi mangiare"- mi rimproverò con lo sguardo.
-"Mangerò infatti, le mia insalata"- feci spallucce.
-"Ah si? Va bene allora vorrà dire che io mangerò la pizza e tu l'insalata"- stette per scartare il paccoccio della pizza, ma io lo frenai.
-"Non mangerai qui, sulla mia postazione di lavoro"-
-"Allora andiamo in giardino no?"- deglutì, avevo ancora parecchio lavoro da sbrigare, Karina m'avrebbe raggiunto di lì a poco dopo il lavoro per andare a fare shopping e rivedere le ultime cose per il viaggio. Cercai ogni scusa, qualsiasi cosa fosse plausibile per saltare nuovamente il pranzo.
-"Mmmh ci verrai ma ho ancora del lavoro arretrato.. mi dispiace"- sperai che se ne convincesse, che quel mio sguardo rammarico fosse stato abbastanza e di fatto momentamente lasciò perdere, così mi lanciò un bacio volante che afferrai e ricambiai posando le dite sulle mie labbra. La scia di quell'impasto e del pomodoro per finire con la mozzrella finalente invadeve ancora la parte intera della mia postazione. Avrei voluto piangere in quel momento, per raggiungere il mio sogno per far si che non "finisca troppo infretta" come aveva dichiarato Karina, stavo rinunciando al cibo e alla mania che aveva Derek di cucinare piatti appetitosi e di per se molto calorici, avevamo perfino abbandonato le nostre abitudine come il latte e i biscotti la sera o come la pizza fatta in casa, quella bruciata ai bordi, i ricchi piatti di pasta e i dolci che di tanto in tanto mi piaceva preparare. Avevo abbandonato tutto ciò per una buona causa, ne ero sicura che se avessi rinunciato a ciò avrei avuto in cambio molto di più, la fama e il mio sogno realizzato per filo e per segno. Già mi immaginavo di cavalcare grandi onde, mettermi in proprio e lasciare Cartier, diventare una famosa modella e affiancare così Adriana Lima, diventando magari uno degli angeli di Victoria Secret. Con quelle apiraizoni, mangiai metà della mia insalata poco condita, quella mattina avevo bevuto soltanto una tazzina di caffè e nient'altro. Guardavo lo schermo del mio lap top e di tanto in tanto la vista mi si annebbiava, ma la ignorai concentrandomi sulla mia forza e sull'autocontrollo. Oramai mi fissavo allo specchio più volte di quanto non facessi in passato, talvolta succedeva che mi pesavo anche due volte al giorno, mi allenavo costantemente e di rado capitava anche che andassi a correre, quando avevo un briciolo di tempo libero. Mi sentivo davvero stremata quel giorno, un terribie mal di testa faceva pulsare le mie tempie e quel pranzo sopresa m'aveva di certo rovinato l'umore. Mangiai la mia insalata da sola, in ufficio, quando tutti ebbero il buon senso di recarsi alla mensa e ai ristorantini lì vicino, mandai un messaggio al ragazzo dicendogli che avrei dovuto terminare altri lavori ma che ci saremo visti nel tardo pomeriggio, per rassicurarlo gli dissi che avevo pranzato quando in realtà metà della mia insatala risultò essere nella patturmiera. In realtà non ne conobbi l'origine di quel mio atteggiamento, ma la fame ossessiva in contrasto alla morsa dello stomaco che mi impediva di ingerire mi rendeva spesso suscettibile e talvolta anche nervosa, in quel periodo capitava spesso che pensassi a Robert e a mia madre, allo schifo che ormai avevo marchiato sulla pelle, ma anche al casino che stavo combinando con Derek, un'insieme di cose che mi fece perdere completamente il controllo. Quella sera Karina m'avrebbe portato in una festa privata, per farmi fare amicizia con alcune delle sue conoscenze ero entusiata all'idea ma poco meno del fatto che avrei dovuto ingerire dell'alcol a stomaco vuoto, sarebbe stato poco carino rifiutare. Dopo aver fatto shopping e comprato il completo per la passerella a Philadelphia, rincasai con ancora quell'emicrania pungente e una stizza incredibile per l'odore inconfondibile di biscotti alla crema. Posai le chiavi nel piattino, adagiai le buste accanto al divano e trotterellando su i tacchi dei miei stivali di camoscio arrivai in cucina.
-"Stai cucinando?"- affianco, vi era Jason mi accorsi della sua presenza solo fino a quando non metabolizzai di essere tornata a casa, quel calo di zuccheri mi stava facendo impazzire. Derek indossava il suo solito grembiule giallo e tirò dal forno una teglia colma di biscotti e con su una piccola torricina arrotolata di crema. L'odore fu meravigliosamente nauseante, corrucciai lo sguardo non ero arrabbiata con loro ma con me stessa, forse però anche con Derek che quel giorno sembrò davvero mettere a dura prova la mia pazienza. Sembrava che avesse ricevuto quel grido d'aiuto che qualcun'altro aveva fatto per me.
-"Biscotti alla crema, so che ti piacciono.."- mi puntò con occhi eccitati, mi rivolsi all'altro ragazzo che invece stava seduto sullo sgabello alto e si gustava una fredda coca cola.
-"Ciao Jason"- forse risultai un po sgarbata, datone il suo imbarazzo.
-"Ehilà Nina"-
-"Megan come sta?"-
-"Oh sta.. bene, la raggiunerò questo weekend"- gli sorrisi, egli fece oscillare gli occhi da me al ragazzo col grembiule ancora con lo sguardo da furbetto e un sorriso divertito.
-"Ah, stasera non ci sarò a cena"- tagliai corto, recandomi al frigo e bevendo un sorso d'acqua naturale.
-"Ci sono i biscotti però, devi per forza mangiarne qualcuno"- arrogantemente ne prese uno e lo portò alla bocca enfatizzando il loro gusto con delle smorfie al quanto fastidose e ridicole.
-"Mmh.. sono davvero ottimi, su assaggiali"- lo odiai più che mai, suo cugino se la rideva sotto i baffi, io assunsi un'espressione gelida e omicida.
-"No grazie, non ho fame"- finsi un sorriso, e posai la bottiglietta in frigo, sbattendone l'anta. Jason trasalì, deglutendo a fatica.
-"Su, andiamo..  li ho cucinati apposta per te"- il suo modo di convincermi lo trovai sgradevole, non esattamente adeguato a quella situazione che stavo vivendo. Lui lo sapeva, sapeva ogni cosa e quell'insistente voglia di sopraffarmi e "salvarmi" mi fece innervosire ancora di più.
-"Ti ringrazio, ma ho già fatto merenda"- tenni ancora quel finto sorriso stirato, mostradomi apparentemente calma.
-"Avanti che sarà mai un biscotti, prendilo"- me ne pose uno, il finto sorriso che mostrai scemò e l'aroma di quella crema mischiato all'impasto di pasta frolla mi fece stizzire. Inebirante, morbido, cremoso, croccante, pensai a questo mentre osservai quella composizione di gusti.
-"No, grazie sul serio"- ridacchiai, nonostante avessi voluto strangorarli la gola.
-"Nina non morirai mica, mio cugino ci ha messo tutto il pomeriggio per prepararteli"- s'aggiunse suo cugino, il prossimo sulla mia lista nera.
-"Lo so che lo vuoi.. mmh e questa crema al limone, wow Derek sei un cuoco eccezionale"- canzonò, pavoneggiandosi e rivolgendosi a se in terza persona per dar maggior enfasi alla frasi. Jason mi urtò il gomito scherzosamente, la testa iniziò a riempirsi e il petto a gonfiarsi quell'alto tasso di rabbia temetti di non poterlo contenere.
-"No cazzo, ti ho detto che non lo voglio!!"- strillai, non me ne resi veramente conto ma soltanto quando ebbi la possibiltà di vedere i loro visi stupefatti e anche imbarazzati.  Jason calò il capo, si strofinò le labbra con il dorso della mano e prese la sua giacca dallo schienale dalle sedia.
-"Sarà meglio che vada.. ci vediamo cugino"- si dettero una leggera stretta, mi fece un cenno ed io scusandomi per il mio assurdo comportamento gli sorrisi, sperando che fosse abbastanza. Soltano quando udimmo il tonfo della porta chiudersi, rilassai i muscoli e tirai un grosso sospiro.
-"Oggi hai pranzato?"- borbottò, non osai sfidare quelle iridi blu come la notte più di tutto ebbi timore di lasciarmici andare, e non poter tornare indietro mai più. Raggiunsi il salotto, calando la zip dei miei stivali.
-"Che c'è, adesso controlli anche se mangio oppure no? Non sei mio padre"- sbottai stizzita, legai i capelli mossi in una crocchia e tolsi via la mia camicia rivelando sotto il suo sguardo la canotta intima bianca.
-"Mi piacerebbe, perché in verità non ti riconosco più"- si poggiò allo stipite della poltrona.
-"Questo è davvero ridicolo, tu lo sei"- spazientita, iniziai a sbattere i cuscini e a sistemare il corpidivano, soltanto per non sentirmi sotto la sua presa mortale.
-"Allora rispondi, hai mangiato oggi?"- quel timbro mi fece quasi paura, severo, serio, cupo e arrabbiato.
-"Si, contento?"- prima che potessi lasciare il salotto mi afferrò il polso, stringendolo più del solito.
-"Voglio la verità Nina"- ringhiò a denti stretti, puntandomi negli occhi e lasciandoci li il segno e degli incontrollabili fremiti che m'invasero il basso ventre. Arricciai le labbra, mi stava sfidando ed io stavo facendo lo stesso con lui.
-"No"- un secco e sincero "no", ero stufa di mentire ma onestamente Derek non aveva nessun potere decisonale sulla mia vita, dire la verità non mi sarebbe costato molto oltre che a maggiore fiato sul collo.  Mi lasciò andare, stetti per lasciare la stanza ma i piedi si impiantarono al paviemento a causa del suo strillo acuto.
-"Non abbiamo finito, torna qui!!"- mi voltai scattosamente, con occhi infuocati e colmi di rabbia.
-"Mmmh, che diamine c'è adesso?"-
-"Che non ti venga in mente di saltare un pasto, hai capito? Non me ne frega un cazzo di quella donna è chiaro?"- mi puntò contro un dito, mi sentì minacciata in un certo qual modo tanto da arrivargli ad un palmo dal naso.
-"Tu, mi stai dando degli ordini?"- ridacchiai nervosamente.
-"Si, ti sto ordinando di mangiare"- arricciò le labbra dopo essersele bagnate con la lingua, pregai umilmente che non lo facesse ancora, vagai con lo sguardo fra la vena rigonfia del suo collo allo sguardo sbarrato e psicotico c'aveva.
-"Ok, mangerò se è questo che vuoi"- le iridi mi si inziarono a velare, segno che di li a poco avrei pianto ma non subito, lo feci mentre dalla teglia del forno afferrai tutti i biscotti piantandoli nella mia bocca in maniera affannaosa e rapida.
-"Cazzo, ma che stai facendo??"- m'urlò contro, avevo la bocca piena di biscotti li avevo mangiati tutti quando mi ero recata in cucina, mi pulì il la bocca con il dorso non appena ebbi finito.
-"Ecco,  scommetto che ora sarai soddisfatto"- ansiami per la foga, lasciai andare affranta le braccia lungo i fianchi, mi guardò instristito e leggermente confuso, in procito però percepì un leggero e fastidioso movimento allo stomaco, un rumore assordante proveniente da quell'organo e secondi dopo mi si riempì l'esofago, dovetti piegarmi al lavello del lavadino. La mente mi si offuscò, così come gli occhi ed impalldì a quell'improvviso rigetto e inaspettato, odiavo vomitare ma in quel momento non ebbi il tempo di capirne la situazione, tutto così rapido che mi fece meno spavento. Una morsa stretta, come un nodo di una corda, la gola secca e inonandata da quel liquido amaro e acido, Derek mi scorrse tenendo in una presa salda i miei capelli e i ciuffi che mi ricadevano davanti al viso. Dopo che il rigetto decise di placarsi, respirai affondo, tenni gli aperti gli occhi immersi nell'acciaio del lavello avevo troppa paura ad alzarmi, troppo timore di incontrare il suo sguardo e sentirmici in trappola perdutamente. Aveva ragione,completamente soltanto che non ero pronta ad ammetterlo. Mi asciugai le lacrime che erano scorse a causa dello sforzo, tossicchiai per mandar giù il resto di quel liquido amaro e rivoltante.
-"Nina ti supplico.. dimmi che sta succedendo"- quel tono pregate, supplichevole ma anche desideroso di aiutarmi e di proteggermi da ciò che in realtà non capivo ancora, il mio migliore amico avrebbe soltanto voluto aiutarmi, salvarmi dal mio stesso destino ma io cercai di impedirglielo. Mi voltai lentamente, asciugandomi la bocca con un tovagliolo che trovai sul pianale in marmo chiaro.
-"Io.."- ancora quegli occhi offuscati, i mobili le sedie, il tavolo lui, io, tutto iniziò a muoversi attorno in maniera confusa e distratta, non capivo cosa stesse succedendo, sbattei le palpebre ancora colme da una nuvola di fumo, le forze vennero, meno le gambe flaccide e il respiro sempre più lento, poi il buio pesto.


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