"L'uomo è più duro del ferro, più solido della roccia, ma più fragile di una rosa"
(Proverbio turco)Derek's point
-"Allora? Come vanno le cose con la maestrina?"- Jake aveva tossito, per il fumo emanato dalle sua labbra e dalla cappa di calore trasformatasi in nebbia nella sala da gioco del Gran Casinò. Eravamo seduti ad un tavolo, aspettavamo i nostri avversari chiunque avrebbe voluto sfidarci.
-"Che vuoi dire scusa?"- sbottai maleducatamente ciccando in un bicchiere di carta.
-"Andiamo McCarthy non fare il misterioso.. avete già scopato?"- sorrise disgustosamente piantandosi la sua prossima sigaretta sull'orecchio destro.
-"Non ancora, la sto cuocendo a puntino"- non dicevo sul serio, o meno, una parte di me avrebbe voluta sbatterla su un materasso e tapparle quella boccaccia infilandoci dentro la mia lingua, ma dall'altra sapevo che Nina non era come le altre ragazze, e quello che ci legava era qualcosa di più.
-"È simpatica devo ammetterlo.. quando me ne parlasti non credevo dicessi sul serio"-
-"Neanch'io, ora che è qui a New York devo trovare il modo per sdebitarmi.."-
-"Non gliel'hai ancora detto?"- aveva afferrato la sigaretta e l'aveva accesa con un movimento rapido piantandola subito fra le sue labbra, nel frattempo i nostri whisky erano arrivati.
-"No"- sorseggiai quel liquido marroncino, me ne sentì sollevato.
-"Dovresti dirglielo"- disse a denti stretti per non far scappare la sua sigaretta.
-"Lo so, per ora devo convincerla a tornare a casa con me.."- risposi, attaccando di nuovo le labbra al bicchere di vetro.
-"Prima lo saprà, meno sarà la tua condanna McCarthy"- bofonchió mischiando le carte francesi, osservai come scorrevano veloci fra le sue dita, come quel tanfo di erba, fumo e carte consumate si fosse impregnato oltre che sui vestiti anche sulla pelle, non ero la persona giusta per Nina, come lei probabilmente non lo era per me, ma non le avrai mai detto la verità o altrimenti avrebbe cancellato la mia faccia dalla terra.Nina's point
Quella situazione imbarazzante e pericolosa venne bruscamente interrotta da Kristie, che confusa e balbettando cercó di dirci che suo padre stava per inaugurare il banchetto.
-"Vi aspetto di la in soggiorno"- disse, con un rossore palese sulle gote, dopo averci scoperti nell'essere talmente vicini.
-"Sarà meglio non fare aspettare gli invitati.."- dissi, respirando finalmente quando mi staccai dalla sua figura.
-"Sai quanto possa importare la nostra presenza.."- brontolò mentre ci avviamo verso il salotto.
-"Derek, per favore mh?"- lo incitai, temendo che qualcuno avesse potuto sentirlo, aveva il corpo piantato dietro il mio la sua aura oscura mi agitava, mi rendeva nervosa. Gli invitati erano tutti posti in un semi cerchio nella grande stanza, dietro il padrone di casa vi era un enorme striscia di personale del catering pronto a servire ai tavoli che erano stati posti nella sala da pranzo, che quest'ultima era stata sbarrata da un grande nastro rosso. Mi sistemai quasi davanti a tutto, al ragazzo ciò diede fastidio ma poco me ne importó. Al fianco di John vi era Kristie, sorridente e meravigliosa e all'altro fianco il ragazzo con cui sua figlia stava parlottando poche ore fa.
-"Innanzitutto, volevo ringraziare sinceramente tutti i miei ospiti, che come ogni anno seguono e sostengono le mie tradizione, e ammirano il mio lavoro.. oltre a ciò ci terrei anche a fare un annuncio importante, a gennaio partirà la nuova collezione 2012 di gioielli damascati grazie alla collaborazione con alcuni importanti stilisti"- seguì un enorme e rumoroso applauso al quale non mancai, in compenso storsi il naso per l'impassibilità di Derek.
-"Be' poi..oggi è un giorno speciale perché, per la prima volta mio figlio Derek ha deciso di.. partecipare a questo famoso banchetto a cui tengo particolarmente.."- in quel momento, volsi lo sguardo verso il ragazzo al mio fianco il quale si era immediatamente irrigidito, corrugato le sopracciglia e assunto un espressione in colore. Teneva i pugni stretti lungo il corpo e i muscoli del suo viso si erano contratti, era teso. Poi, lo sguardo degli invitati puntanti su quest'ultimo mi conferirono una leggera confusone, lo osservavano con la puzza sotto il naso di tanto in tanto parlottavano fra loro all'orecchio, c'era qualcosa che non andava.
-"Figliolo, vieni avanti"- disse incitandolo a raggiungere il suo fianco, il ragazzo non si mosse, era diventato impassibile. Il resto della sala era rimasto in silenzio.
-"Andiamo Derek, non fare il testardo come al solito vieni.."- qualcosa mi diceva che non scorreva buon sangue fra loro e che tutto ciò avesse un leggero sapore di provocazione.
-"Sei patetico"- rispose Derek finalmente, la cosa mi stupì e coinvolse anche il resto degli invitati facendoli cadere in un profondo boato.
Suo padre rise, intascando le mani. Kristie assunse un'espressione preoccupata.
-"Figliolo.. ti avró detto almeno un miliardo di volte di imparare a contenere la rabbia"- scaglió egli un altro colpo, e non fece altro che peggiorare la situazione.
-"Io controllare la rabbia? Sarebbe meglio che tu invece controllassi il tuo ego, John"- rispose secco suo figlio, che in tutta risposta si avvicinò alla figura di suo padre avanzando a piccoli passi, divenni immediatamente agitata e Kristie non fece altro che aggrapparsi alla giacca di suo padre sussurrandogli di smettere.
-"Tu non sai quello che dici, ho aperto le porte di casa mia per te, volevo condividere il mio successo con te"- disse teatralmente, gli invitati confabularono fra loro, erano stati inviati anche dei giornalisti per l'occasione.
-"Non volevo nemmeno venirci nella tua viscida casa"- parló con disprezzo.
-"Tu devi portare rispetto a questa casa capito?"- disse, puntandogli contro un dito probabilmente si erano dimenticati del resto.
Provai a intromettermi, avvicinandomi a Derek e toccandogli la spalla.
-"Derek adesso smettila.."- sussurrai, alla sua spalla ma fui scaraventata via con una sola occhiata fulminea.
-"Tu non ti intromettere"- ringhiò.
-"Ma guardati, sei un mostro.. sei scortese anche con le donne.. io non ho cresciuto un figlio così"-
-"Strano.. le tue ultime cinque segretarie che hai avuto non hanno esitato neanche un attimo a infilarsi fra le mie mutande"- scimmiottó incrociando le braccia al petto, ormai erano faccia a faccia.
-"Forse è per questo che rimarrai sempre solo figliolo"- fu un attimo, quell'attimo in cui Derek si scaraventó su suo padre facendolo rimbalzare sulla credenza del retro, i camerieri del catering si scostarono alcuni vennero spintonati dalla furia del ragazzo, altri erano soltanto impauriti, come il resto degli invitati che non facevano altro che allontarsi invece di dividerli, sembrava quasi un rituale, qualcosa che era già successo. Gli oggetti di vetro si erano ormai sfracellati sul pavimento assieme agli utensili di porcellana, quando si rialzarono sbarrai gli occhi per il sangue che fuoriusciva dal naso di John, egli non si era mosso, non avrebbe picchiato suo figlio a differenza di quest'ultimo, i quali, pugni non volevano cessare.
-"Derek ti prego smettila"- strillò sua sorella, intenta a separali aiutata dal suo fidanzato, io me ne stetti li, impalata, non ebbi il coraggio di intromettermi, ne di proferire parola, era passato molto tempo dall'ultima volta che avevo assistito a delle liti cosi violente. Respirai a fatica, quando il viso insanguinato di John apparve sotto il mio sguardo, era stanco, afflitto si reggeva a malapena in piedi, il suo vestito era sgualcito e alcune macchioline di sangue erano finite sulla sua camicia bianca. Derek lo afferrò per il colletto della giacca, portandolo all'altezza del suo viso, era irriconoscibile, gli invitati restarono impalati senza chiamare la polizia o altri forze dell'ordine che potessero calmare e separare i due uomini. Tutto ciò era inammissibile.
-"Sei sempre il solito Derek.."- riuscì a proferire l'uomo, sotto un grande sforzo, datone che il ragazzo l'aveva davvero ridotto male, anche egli aveva il naso colato di sangue, e un leggero graffio all'altezza della tempia che probabilmente si era procurato per via dei cocci rotti. Il ragazzo non rispose, mi parve che la lite fosse finita, perchè, Derek con un movimento violento e finale lasciò andare suo padre, che si accasciò sul pavimento dolorante, quando si allontanò di poco e si strofinò il naso con il dorso della mano per scacciare via il sangue, sua sorella si avvicinò tremante a suo padre, e in lacrime.
-"Che cazzo avete da guardare?.. la festa, può continuare"- strillò disumano, agli invitati che erano rimasti impassibili e gelidi alla situazione. Per un nanosecondo osservò me, rabbioso, incolore, poi scappò via. Finalmente mi smossi, riuscì a muovere anche di un solo centimetro le palpebre dei miei occhi, le smattei forte, non potevo ancora credere a quello che era appena accaduto. Mi avvicinai, al signor John, incosciente e sfinito.
-"Vuole che chiami qualcuno?"- proposi, ma sua sorella rispose per egli.
-"No Nina, sta tranquilla"- rispose sua figlia, intenta a sollevare suo padre grazie all'aiuto di un ragazzo e a sistemarlo su una sedia.
-"Ehm.. la cena è servita grazie a tutti per essere venuti.."- comunciò Kristie, tagliando il fiocco e annunciando aperto il banchetto, la gente riprese a sorridere e parlottare fra di loro e pian piano recandosi nella sala da pranzo. Quella situazione sapeva di un non so che di bruciato, tutto era rimasto impassibile a quella furia scatenta senza neanche avvicinarsi per poter fermare quei due uomini, temetti che Derek prima o poi l'avrebbe ucciso quella sera. Come il suo corpo si era scaraventato su quello del padre, sferrandogli pugni e gomitate, come lo sguardo assassinio di egli mi avesse gelato le vene, e come anche suo padre cercava dispertamente di fermarlo e bloccare i suoi polsi con false speranze. Decisi che dovevo trovare Derek, volevo delle spiegazioni, non mi avrebbe picchiata, questo lo sapevo, non per certo, ma qualcosa mi costringeva a crederci. Ero rimasta in salotto con John, Kristie e il suo ragazzo, mentre ella tamponava una garza sulle ferite del padre, procurante dal maggiordomo Francois. Quando finalmente i miei piedi decisero di muoversi la voce disperata della ragazza mi fermò.
-"Nina.. sta attenta"- mi raccomandò, le sorrisi e iniziai a correre verso l'uscita. Quando l'aria gelida e invernale di novembre mi colpì in pieno non ebbi il bisogno di coprimi, dovevo essere fredda e lucida per poter parlare con Derek nel caso l'avessi trovato. Avevo il petto in fiamme, andava su e giù ritmicamente, voltai il capo a destra e sinistra lungo la distesa verde, scesi poi le scale per raggiungere il giardino sottostante, ero stanca di quelle scarpe, cosi le tolsi e camminai a piedi nudi. Era passato quasi un quarto d'ora da quando cercavo quel ragazzo con scarsi risultati, per qualche minuti temetti che se ne fosse andato del tutto, avevo perso le speranze, avevo cercato ovunuqe, ero perfino rientrata in casa e guardato dal basso al piano di sopra. Ora ero sui gradini, con le ginocchia tirate al petto e le scarpe fra le mani. Decisi poi, di guardare sul retro della casa, anche se col buio della notte non mi parve un ottima idea, d'altronde però ero abituata ad altri tipi di mostri e demoni, da quelli che si vedono nei film. A piedi nudi, con l'acconciatura sfatta e praticamente infreddolita mi recai sul retro, oltrepassando la piscina sfarzosa e l'acqua celeste. Quando il sentiero ciottolato mi portò su un'altro enorme giardino intravidi una graziosa altalena e accanto uno albero alto e prosperoso, un sediolino, era occupato da un'ombra, Derek. Sorrisi stupidamente nell'averlo trovato, mi avvicinai con cautela, quando gli fui accanto aveva il viso intristito, dondolava lentamente osservando la punta delle sue scarpe. Con cura, senza provocare rumore mi sedetti sull'altalena rimasta vuota, presi a dondolarmi lentamente, riflettei qualche minuto su come iniziare la conversazione, onestamnte non volevo che potesse finire male, mi ero affannata nel cercarlo perchè sapevo quanto poteva essere problematico un rapporto tra genitore e figlio.
-"Se sei venuta per rimproverarmi puoi anche andartene"- aveva sibilato, qualcosa mi fece intendere che avesse pianto, del tutto impossibile però per un tipo come lui.
-"No, non sono venuta per questo"- risposi, iniziando ad osservare le dita dei delle mie mani smaltate di viola.
-"Ah no? A me pare proprio di si"- rise di sghembo, mi fece roteare gli occhi, non ero li per rimproverarlo, e dovevo sbrigarmi a dirglielo.
-"No, smettila.. sono qui perchè-perchè hai ragione"- pronunciai imbarazzata, egli sbarrò gli occhi per poi sollevare un sopracciglio e guardarmi in maniera stranita.
-"Ho ragione?"- ripetè, per essere sicuro di aver sentito bene.
-"Si, cioè.. tuo padre ha sbagliato a.. insomma a coinvolgerti dicendo quelle parole, ti ha provocato ecco"- era la verità, mia madre era dello stesso stampo, sapevo riconoscere i gentiori quelli apparentemente felici ma frustrati.
-"Cioè quindi, non sei arrabbiata?"- riepetè ancora una volta, osservandomi da capo a piede, io finalmente ebbi il coraggio di voltarmi e di parlarci faccia a faccia.
-"No, non lo so"- provai a sorridere, egli se ne accorse, voltò immediatamente il viso.
-"Credevo ti saresti arrabbiata, che mi avresti definito un verme per averle date a mio padre davanti a tutti alla sua cermonia, che.."-
-"Si, per questo sono arrabbiata, non avevi il diritto di picchiarlo a sangue davanti a tutti.. è ridotto davvero male, potevi ucciderlo"- stavolta lo rimproverai. Egli non rispose, si limitò a sospirare.
-"Perchè non vai d'accordo con tuo padre?"- sperai che non mi avesse urlato infaccia di farmi gli affarri miei come di rado era accaduto, volevo soltanto saperne di più ero curiosa. Ingoiò il groppo di saliva che gli si era formato in gola, poi si schiarì la voce, dopo aver appoggiato i gomiti alle ginocchia ed essersi teso col busto in avanti.
-"E', complicato da spiegare.. diciamo che mi sento un po la pecora nera della famiglia"- non insistei, qualcosa mi fece capire che eravamo ancora due estranei per poterci rivelare certe affermazioni, delicate.
-"Be' chissà perchè ma tutto mi sembri purché un povera pecora smarrita"-
-"Lascia perdere.. non capiresti"- mi ammonì, ma cosa ne sapeva lui? non avevo avuto una vita perfetta, altrochè, avevo sempre dovuto fare i conti col presente anzichè col passato, ho dovuto combattere per avere un po di pace nella mia vita. Non risposi, mi limitai a sospirare, e a dondolarmi piano su quell'altalena incriminata. Cominciai a sentire freddo, e a sbattere ripetutamente i denti. Mi strofinai le braccia magre e infreddolite, non sperai sul fatto che Derek si fosse alzato cedendomi la sua giacca, ma in un qual modo me lo fece capire. Si tolse l'indumento, e senza guardarmi negli occhi me lo porse.
-"Non ti aspettare che faccia il principe azzurro e te lo metta sulle spalle, quindi non fare storie e prendila"- mi scappò una risata, ignota, non ne conoscevo il motivo di quell'impulso. Fatto sta, che l'afferrai e mi beai del calore di quel tessuto, non molto pensate ,ma pur sempre meglio di starsene li con le spalle nude e una possibile bronchite.
-"Il migliore amico di mia madre è l'alcol, non fa altro che starsene su quella dannata poltrona rossa a riempirsi il bicchiere di quel liquido disgustoso, di tanto in tanto, non spazza più, ne toglie la polvere, e di rado mi concede il lusso di cucinarmi qualcosa di decente. Ogni sera porta a casa un uomo diverso, l'ultima volta si chiamava Richiard, era un bravo uomo all'apparenza poi mia madre ha scoperto che era immerso nel giro di droga di Manhattan e cosi ha continuato a scoparci lo stesso, nonostante la sua reputazione insomma.. cosa potresti avere peggio di così"- quella improvvisa confessione scivolò via dalla mia labbra come un fiume in piena, una lacrima mi scorse lungo la guancia, ma la scacciai subito, non seppi il motivo per il quale stavo raccontando tutto a quel ragazzaccio maleducato che mi stava provocando soltanto guai e grane, in quel momento, dopo il litigio con suo padre, trovai la minima scorciatoia per far sembrare la mia vita un po meno disastrosa di quanto lo era gia. Scelsi un obiettivo, una sfumatura del cielo, mi fissai su quella, senza smuovermi di un mollimetro. Sentivo il suo sguardo addosso, perisitente e indagatore.
-"Be' non competeresti, mio padre mi ha praticamente abbandonato psicologiamente da quando è morta mia madre, ha affidato l'azienda di famiglia a mia sorella lasciandomi in un futuro senza soldi"- controbattè anch'egli, fui felice che si fosse confidato.
-"Sarebbe davvero un disastro se mia madre e tuo padre si conoscessero"- il suo sorriso sforzato mi fece rabbrividire, scostai immediatamnte lo sguardo altrove per non fargli notare il mio rossore sulle guance.
-"Andiamo a casa"- dissi d'improvviso, stavo ancora agendo d'istinto, la psicanalista mi aveva detto di elimianre questo aspetto dal mio carattere ma chissà per quale motivo era ricomparso. Mi alzai dall'altalena sistemai le scarpe ai piedi, e mi strinsi nella sua giacca. Egli mi osservò torvo, quando fui alta davanti a lui.
-"Andiamo?"- storse il naso, e sapevo a cosa stavo andando incontro, ma probabilmente quella situazione problematica dei nostri genitori aveva fatto si che mi convincesse a passare quella notte a casa dell'oscuro ragazzo, stavo commettendo un errore, ma dopo una sfuriata e una lite finita male, non avevo del tutto il coraggio di lasciarlo solo con i suoi pensieri più oscuri, come era capitato a me.
-"Si, per stanotte.. resto, ma soltanto per stanotte, intesi?"- il suo viso si rilassò improvvisamente e trattenne un sorriso, quando cominciai a cammianre davanti e lui mi seguì roteai gli occhi al cielo trattenendo il suo stesso idetico sorriso. Derek mi attese in auto, mentre mi recai in salone a scusarmi con Kristie e con suo padre John per dover abbandonare il banchetto senza neanche aver cenato, quando fu tutto sistemato mi decisi a prendere posto su quel sediolino di pelle accanto al mio peggior nemico. Timor ci accompagnò sotto l'arco della porta, durante il viaggio non avevamo spiccicato parola, io ero affamata ed egli probabilmente era assorto nei suoi più profondi pensieri. Eravamo in piedi accanto alla porta di legno bianco e la maniglia grigio scuro, due, tre, mandate ed egli estrasse la chiave dalla serratura, quando la porta si aprì, per fortuna i riscaldamenti erano accesi e una forte ventata calda investì il mio corpo infreddolito. Esitai qualche secondo, egli era già entrato, io mi limitai a compiere dei piccoli passettini, ogni volta che vi passavo oltre la soglia, percepivo una strana sensazione, era li che volevo stare come però al contempo non volevo assolutamente averci nulla a che fare, un dilemma piuttosto insolito.
-"Perchè sei rimasta li impalata?"- mi canzonò egli, che nel frattempo si stava sbottonando la camicia. Scossi la testa, eliminando i pensieri che si erano piantanti nella mente, chiusi la porta alle mie spalle, mi schiarì la gola e osservai per l'ennesima volta il salotto e il divano rosso che tanto mi era mancato, era comodo dopotutto.
-"Non è cambiato niente.."- mi lasciai sfuggire sottovoce, mancavo li da una settimana, e tutto era rimasto intatto com'era, addirittura pulito e senza qualcosa fuori posto.
-"Cosa sarebbe dovuto cambiare?"- rise leggermente, recandosi in cucina, e sentì quel fastidioso cigolio del frigo. Mi sedetti sul rosso divano, di fronte alla tv, liberai i piedi supplichevoli da quei tacchi a spillo, e aprì la cerniera del mio vestito, per poter respirare. Non ero imbarazzata in quel senso con Derek, non ci conoscevamo ma non avevo il timore che egli ptoesse scorgermi di primo mattino, o trasandata, non era una preoccupazione stranamente, al contrario, il viso andava in fiamme quando finivamo per stare troppo vicini, o quando si rivolgeva in modo gentile. Pensai che poi non avevo un indumento comodo per poter passare la notte, e che forse dopo cena sarei dovuta passare da Jassie a recuperare qualcosa. Mi alzai controvoglia, e raggiunsi la cucina nera e bianca, lucidata e in ordine, Derek era intento a inserire qualcosa di precotto nel forno, io mi sedetti sull'alto sgabello e cominciai a sciogliermi l'acconciatura a partire dalla fastidiose forcine.
-"Chissà forse, il cibo sarebbe stata l'unica cosa decente a quel banchetto"- sghignazzò egli, mettendo il timer sul forno a micronde. Per un nanosecondo risi anch'io, poi mi ricomposi ero pur sempre in compagnia di lucifero.
-"Cosa stai preparando la dentro?"-
-"La cosa migliore che ho trovato nel frigo, una pizza surgelata"-
-"Mh, meglio di niente"- risposi ottimista, e mi adoperai per poter recuperare dei piatti e dei bicchieri per apparecchiare l'isola della cucina, sarebbe stato inutile ulitzzare il tavolo, non ci avrei passato un secondo di più dopo aver sgranocchiato la mia pizza surgelata.
-"Ah, credo che dopo dovresti accompagnarmi da Jassie, devo prendere qualcosa per dormire"- non ne seppi il motivo ma arrossì di colpo, quando vi passai affianco alla sua figura appoggiata al marmo della cucina, e a guardare il vuoto davanti a se, un tremolio oltrepassò il mio corpo.
-"Puoi metterti qualcosa di mio"- spalancai gli occhi, e ne fui grata del fatto che fui completamente voltata, non volevo che mi prendesse in giro per la mia espressione da emerita idiota.
-"Oh no grazie, non c'è ne bisogno"- sorrisi fintamente, stavolta adagiando il fondoschiena all'isola di fronte alla cucina alla quale era adagiato lui. I capelli sciolti mi fecero passare leggermente quella pressione alla testa, e me ne beai.
-"Io credo di si, non esco di nuovo con questo tempaccio maestrina"- mi canzonò incitandomi a guardare di fuori, d'improvviso iniziò a piovere, quasi a diluviare. Tutti i componenti del paradioso iniziarono ad essere contro di me.
-"Sentiamo cosa mi proporresti?"- incrociai le braccia al petto, con aria di sfida.
-"Mh.."- disse piantando i suoi occhi sulle mie cosce nude, e sul resto del corpo abbastanza scoperto per via del vistoso vestito.
-"Qui ci sono i riscaldamenti al massimo, coperte molto pesanti .. per cui, non ci sarebbero problemi se volessi dormire senza vestiti"- pronunciò, con malizia, schioccandomi un occhilino ammicante. Roteai gli occhi al cielo, ormai compivo quel movimento almeno cento volte al giorno quando ero in sua compagnia. Risi istericamente prima di rispondere alla sua provocazione.
-"Non mi farei vedere nuda da te neanche se fossi l'ultimo uomo sulla faccia della terra tesoro"- arrossì di colpo a quel nomignolo, non ero solita ad usarli, ma con Derek la maggior parte del tempo riuscivo ad essere stranamente implusiva.
-"Addirittura.. be' è un peccato, non saresti niente male!"- esclamò ancora con un tono beffardo e sensuale, avrei voluto strappargli quegli occhi dal calore e dall'insistenza che essi stessi emanavano, vagavano sul mio corpo, sul mio viso, senza esitazione e senza sosta.
-"Fa attenzione alla pizza, non mi piace bruciata!"- sorrisi fintamente usando un tono basso e minaccioso, per fortuna egli se ne accorse in tempo, e la pizza era leggemrnte brucciacchiata su un solo lato, io avrei mangiato la parte rimasta intatta.
-"Peccato, ti toccherà la parte bruciata Derek"- sorrisi fiera, e quando egli con due guanti pose la teglia di pizza sull'isola, mi sedetti al di là dello sgabello alto e staccai la fetta già tagliata inserendola nel mio piatto.
-"Ma tu guarda, sei a casa mia, ti sei impossessata del mio divano, non vuoi dormire nuda come favore che mi devi in cambio, e mangi anche la parte non bruciata della pizza.. una vera seccatura!"- per la prima volta risi sonoramente, quando egli era stranamente di buon umore non era per niente male, le sue battute fuori luogo e maliziose d'altronde erano divertenti e piacevoli se fatte nel momento giusto. Si sedette dal lato opposto, e ci godemmo la pizza in silenzio, di tanto in tanto Derek quando ero distratta cercava dispertatamente di rubarmi il cornicione non bruciacchiato della pizza e quando me ne accorgevo gli picchiettavo forte la mano e se la massaggiava trattenendo un sorriso. Arrivò l'ora di dormire, ed non avevamo ancora chiarito la questione "pigiama" così quando egli si ritirò silenziosamnete nella sua camera, ed io rimasi imbambolata sul divano a guardare una serie tv, mi decisi e mi incamminai verso la sua camera, non avrei di certo dormito con indosso quel vestito scomodo. Pensai poi ai miei ansiolitici, e che non avrei dormito di certo. Bussai con tocco leggero, egli non rispose, così autonomamente decisi di entrare lo stesso. Era sdraiato sul letto, con le spalle adagiate alla spalliera in pelle del letto, con fra le mani una rivista e una canotta bianca, con un pantalone blu della tuta. Dopo tutto era affascinate, intrigante, come i suoi capelli corti e corvini gli contornassero l'incarnato del viso poco colorito, come gli occhi scuri e blu come la notte potessero puntarmi dentro con forza e audacia, e i muscoli evidenti e definiti che si potevano intravedere sotto la sua canottiera bianca.
-"Non mi pare di aver detto "avanti"- scherzò egli, con il suo solito sorriso malevolo e lo sguardo puntato alla rivista.
-"Se non fosse per il tuo caratteraccio le battute fuori luogo, adesso non sarei qui.. "- respirai a pieni polmoni e poi ripresi -"Mi .. presteresti qualcosa per dormire?"- non volevo essere la vittima, la giovane ragazza gentile e timida che chiedeva al suo bad boy un piacere per poi essere trattata come una bambola di pezza. Quando i suoi occhi furono sollevati e si piantarono nei miei, indietreggiai leggermente, quasi sobbalzai. Chiuse la sua rivista e adagiò le mani dietro la nuca.
-"Vieni qui"- ordinò battendo la mano sul materasso,sollevai seccata gli occhi al cielo, e battei ripetutamente il piede sul parquet.
-"Non ti mangio mica Nina"- rise divertito.
-"Questo non posso saperlo!"- lo canzonai in tutta risposta in un sussurro. Controvoglia e con il timore di cadere nella grande trappola del ragno mi avvicinai con cautela, e arrivai accanto al bordo opposto del letto.
-"Siediti, coraggio"-battè ancora una volta la mano sul suo materasso, mi sedetti timorosa, restando con metà corpo sospeso. Avevo le braccia incrociante e non avevo alcuna voglia di muoverle.
-"Più vicino"- insistette, con il cuore in gola mi avvicinai quanto più possibile suo tono basso e profondo iniziava a scuotermi dentro avrei voluto tappargli la bocca. Mi incitò con l'indice per poter avvicinare le sue labbra al mio orecchio, tremai instintivamente, mi venne la pelle d'oca e sperai che non se ne accorgesse.
-"Sei veramente sicura di non voler prendere in considerazione la mia proposta?"- il suo fiato caldo sul collo mi fece rabbrividere, tanto da essere attraversata da una scossa elettrica, ingoiai il groppo che mi si era formato in gola, fino a schiarirmi la voce.
-"Neanche morta!"- usai il suo stesso tono, liberandomi immediatamente di quello stato di trance, mi alzai dal materasso e mi ritrovai di nuovo in piedi accanto al letto.
-"Mh.. che peccato, e va bene ti darò questi, fatteli stare bene"- mi schioccò un occhilino, lanciandomi dal cassetto una felpa senza cappuccio nera e un paio dei suoi boxer. quando me la ritrovai fra le mani sarei voluta sprofondare.
-"Scherzi? io non mi metto questa roba"- storsi il naso osservando di nuovo le sue mutande.
-"Deciditi Steffens, puoi dormire con qualcosa addosso oppure.. non mi scandalizzo mica"- rise beffardo, poggiando nuovamente le mani dietro la nuca e incrociando i piedi con fare spavaldo. Sbuffai pesantemente, la mia vita con Derek era un compromesso continuo.
-"E va bene.. ma guai a te se ti azzardi a ridere o a prendermi in giro"- borontolai, puntangoli minacciosamente l'indice contro, egli alzò le mani in segno di resa, trattenendo uno dei suoi soliti sorrisi sfacciati. Quando indossai i boxer di egli, mi stavano larghi, era leggermente corti ma potevano andare, la felpa arrivava a metà coscia e dunque li copriva completamente, il profumo dell'indumento era abbastanza forte, ma conforntate, il fatto di indossare qualcosa con il suo odore impregnato mi fece rabbrividire sul posto nonostante la casa fosse riscaldata al massimo. Recuperai una coperta, quella azzurra, e mi posizionai sul divano rosso ben stesa, rannicchiando le gambe al petto. Un'ora e mezza era passata, ma il sonno non voleva farsi sentire, nella mente iniziarono a diffondersi le grida di Robert le mie suppliche e le pozzanghere di sangue che si manifestavano davanti agli occhi. Ricordai la prima volta che avevo dormito li, avevo scordato le mie pillole in auto, mi ero recata in camera di egli, sistemata sul pavimento e magicamente ero riuscita si e no a dormire. Feci tutto ciò, silenziosamente a passo felpato aprì la porta della sua camera intattata dipinta di bianco, lo osservai steso e quieto mentre era avvolto fra le trapunte blu, mi sistemai in terra afferrando il cuscino nella parte vuota del letto. Provai a tirare un enorme sospiro, chiusi gli occhi e attesi con pazienza.#ANGOLOAUTRICE
Abbiamo mai saputo quanto gli uomini volessero far i duri quando invece la loro fragilità devastava ogni cosa? Derek ne è un esempio
Miss Adams❤️
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IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)
RomanceNina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alcol, e lavora in un asilo assieme alla sua collega Kim. Il suo sogno nel cassetto è di diventare una famosa stilista di moda. Dopo aver rotto...