22. L'inizio

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"Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei

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"Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei."
(Niccolò Machiavelli)



-"Sei sicura di non voler neanche la coppetta più piccola?"- quella gelateria era davvero invitante aveva una gran varietà di gusti colorati e golosi palpabili anche soltanto alla vista. Pigiai le dita sul vetro del bancone, avrei voluto assaggiare anche soltanto un gusto magari quello che mi incuriosiva di più ma avevo già mangiato una montagna di pop corn e bevuto bevande gassate, d'altro canto era stata quella la mia cena quindi terminare con il dolce all'improvviso non mi parve del tutto una cattiva idea.
-"Ok si, ehm.. una coppetta piccola di quelli li"- entusiasta come una pasqua e col viso tondeggiante e radioso come una bambina che era appena entrata in un negozio di giocattoli, indicai il gusto alla mi sinistra leggermente biancastro con dei pezzetti di biscotti, cookies per a precisione, tritati nel mezzo. Mi leccai i baffi quando ebbi il secchiello tra le mani. Lasciai che Derek mi offrisse il gelato, non avevo la minima voglia di discutere davanti alla cassa.
-"Che gusto è?"- chiese egli sporgendosi col viso incuriosito dalla mia coppetta. Eravamo usciti dalla gelatiera e ci ritrovammo nuovamente a passeggiare lungo le strade affollate di New York City.
-"Non lo so in realtà, mi piaceva l'aspetto"- scrollai le spalle con nonchalance, per fortuna aveva un buon sapore era sempre stato un rischio scegliere l'aspetto della pietanza, anche se talvolta l'apparenza inganna.
-"Non credevo fossi così intraprendete, e se non ti fosse piaciuto?"-rise a fior di labbra mentre avvicinava il cucchiaiano di plastica alle labbra.
-"L'avrei buttato"- risposi con tranquillità.
-"Complimenti!!"- rise ancora una volta, camminammo per un po' arrivando finalmente a dove egli aveva parcheggiato il suo veicolo. Buttammo i secchielli nei cestini e dopo avermi passato il casco che inserì in un batti baleno salī in sella dietro la sua figura.

Ci eravamo fermati al semaforo rosso, colta da un'improvviso imbarazzo mi scostai dalla sua schiena, alla quale mi ero aggrappata per non volare dal veicolo da un momento all'altro. Tirò dalla tasca del suo giubbotto il cellulare che squillava ininterrottamente, rispose seccato.
-"Si?"- pausa, non potei sentire la voce al di là della cornetta ma ne ero incuriosita.
-"Va bene arrivo, qualche minuto al massimo"- e rapidamente chiuse la chiamata, il verde era scattato ed egli aveva preso la traversa opposta a quella dove in realtà saremo dovuti andare.
-"Dove stiamo andando?"- alzai il tono di voce per via del fastidioso rumore che emetteva il motore della moto.
-"Devo fare una cosa"- si limitò a dire, era tornato serio, le nocche delle dita gli si erano diventate bianche a furia della presa stretta che aveva effettuato. Non replicai, onestamente non avevo voglia di discutere e ne tanto meno di farmela a piedi fino a casa. Ci fermammo in una strada affollata, contornata da piccoli bar e locali che emanavano una sottile luce viola e azzurra  dando così alla strada un effetto soffuso. Sembró un quartiere isolato dal mondo, rabbrividì quando intravidi un gruppo di uomini tatuati a bordo delle loro moto che commentavano il sedere alto di una donna poco vestita. Senza emettere alcun suono seguí a passo svelto il ragazzo per evitare di perdermi. Entrammo in un bar con delle luci gialle e soffuse un'enorme cappa di fumo, un ambiente chiassoso con gente che schiamazzava con delle sigarette fra le labbra e boccali di birra al loro fianco. Tavoli da bigliardo e da giochi d'azzardo. Seppur quella cappa di fumo mischiata al sudore impregnato sui corpi muscolosi degli uomini creasse un ambiente riscaldati, percepì sulle braccia una leggera pelle d'oca. Camminai affianco ad egli senza mai perderlo di vista non volevo perdermi nella confusione ed essere dimenticata li come un pacco, e soprattutto in quel club familiare e ricco di ricordi scottanti e fastidiosi. Ci avviccinammo al  bancone di legno scuro, sul quale reganvano bottiglie contenenti vari liquori e bicchieri di vetro dove essere serviti. Scorsi i capelli biondastri e alla rinfusa di Jake, il quale non appena mi vede sfoderò un sorriso da un orecchio all'altro.
-"Ehi McCarthy, hai portato la maestra!"- esultò, quest'ultimo tirò gli occhi al cielo annoiato e seccato, cosa gli aveva fatto cambiare atteggiamento? perchè eravamo dovuti passare li con urgenza? Egli pensò che fossi poco scaltra per poter notare il malloppo di denaro che rifilò nella tasca del suo amico e che si era seduto al bancone per poter ordinare uno shot. La visione spavalda bipolare e assente di Derek mi fece gelare le vene, non sopportavo quell'atteggiamento fulmineo e volubile mi parve un'altra persona a confronto a quella che invece era pochi minuti prima.
-"Chi si rivede"- sorrisi a mia volta al biondo cercando di restare concentrata sui movimenti di Derek. Jake, fischió
-"Ehi Ron, chiama Brad c'è qui la maestra"- rise entusiasto e i suoi colleghi si fecero vivi accanto al bancone con aria divertita e sorpresa.
-"Che piacere vederti, per fortuna che Alice non c'è altrimenti avreste sfasciato il club"- scoppiarono in una sonora risata, scambiandosi delle pacche sulle spalle e dei cinque. Incrociai le braccia al petto, non erano male ero dopotutto abituata ad un giro di persone del genere che avevano un modo di relazionarsi e scherzare nettamente particolare e diverso dagli altri.
-"Già, direi una fortuna"- con la coda dell'occhio osservai lo shot che egli bevve velocemente gettando la testa all'indietro e schioccando la lingua sul palato soddisfatto. Mi ignorava, si era incupito dal momento in cui aveva ricevuto quella chiamata, non mi aveva più rivolto la parola ed ogni minuto che passava conservavo la rabbia e l'irrequietezza che egli era capace di scaturirmi. Non mi ero accorta di quanto lo stessi fissando in maniera torva.
-"Ti offro da bere Nina?"- pronunciò Jake con un pizzico di malizia.
-"No grazie stasera passo"- finalmente il ragazzo dagli occhi blu si voltò scoprendo il suo viso contratto e distratto, si massaggiò la fronte ed era seduto sullo sgabello alto con molta nonchalance.
-"Lasciala in pace Jake"- sibilò egli con un filo di voce rauca.
-"Le sto solo offrendo da bere"- scrolló le spalle quest'ultimo. Osservai il viso assente di Derek e la rabbia arrivò al culmine, come poteva comportarsi così dopo una serata al cinema, con tanto di gelato e pop corn, ma soprattutto dopo aver conversato in maniera così civile e.. dopo avermi detto che eravamo amici.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora