Nina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alcol, e lavora in un asilo assieme alla sua collega Kim. Il suo sogno nel cassetto è di diventare una famosa stilista di moda. Dopo aver rotto...
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"Perché se incontrarsi resta una magia, è non perdersi la vera favola." (Massimo Gramellini)
Quella mattina mi svegliai di soprassalto, qualcosa di non familiare saltò rapidamente ai miei occhi. La stanza non era quella di Jessie, ne quella di Derek, nel momento in cui scostai la coperta che non ricordai minimaente di avere indossato, e pigiai le dita dei piedi sul pavimento freddo, i ricordi riaffiorarono bruscamente nel mentre cominciai a strofinarmi gli occhi. Le scatole e gli strani oggetti, la corsa dal Regal Cinemas fino a Lower Side, l'odore delle candele la carata da parati nuova e quella camera che il ragazzo tenebroso aveva fatto ristrutturare. La testa mi girava, avevo le vertigini ancora non potevo credere di aver accettato la sporca proposta che di sicuro avrebbe avuto un suo torna contro. Immaginai il mio viso con il trucco colato e gli occhi scuri come quelli di un panda, i capelli mossi mi parvero un pagliaio, mi avvolsi nella calda coperta e osservai l'orologio sul comodino in legno bianco e massiccio. Erano le 7 e 30 in meno di mezz'ora sarei dovuta essere allo stage. Rabbrividì quando pensai agli indumenti che avevo indosso ancora della sera prima e per il poco tempo che avevo a disposizione. Seccata, e ancora avvolta nella coperta azzurra scesi al piano terra cercando di poter fare una rapida colazione senza alcuna interruzione. Le mie speranze però cessarono quando udì il rumore della porta che si richiudeva e alcuni passi pesanti recarsi in cucina. -"Potevi anche svegliarmi sai"- sbottai acida, versandomi del succo d'arancia in un bicchiere alto di vetro. Lo sorseggiai lentamente, tenendo le iridi puntante su quel ragazzo e sulle sue guance leggermente punteggiante da un filo di peluria che stava cominciando a crescere, portava un pesante giubbotto di pelle marrone, un maglione nero e spesso e dei pantaloni leggermente larghi. Quando osservai i grossi anfibi ai suoi piedi capì il perchè di quel fastidioso e pesante passo rumoroso. -"Ti ho portato dei vestiti puliti.. quindi sii più gentile, mh?"- sorrise sarcastico, e con un gesto posò sull'isola della cucina un sacchetto. Sapalancai gli occhi, per non parlare delle mio sopracciglio incurvato. Nel sacchetto vi era un dolce vita rosso e dei pantaloni neri. Era uscito prima per potersi recare da Jessie e procurarsi dei vestiti? -"Sono in debito!"- esclamai puntandogli seriamente l'indice contro, afferrai il sacchetto e corsi alla toilette velocemente. Dopo essermi struccata per bene, e quel giorno sarei andata a lavoro senza trucco, mi spazzolai i capelli lavai i denti con lo spazzolino di riserva e mi vestì cercando di non inciapare nei miei stessi passi goffi. -"Non mangi nulla?"- chiese serio, con le iridi puntante sulle mia figura, mi squadrò a lungo tanto da sentirmi in soggezione ogni qual volta muovevo anche un solo passo. Ero uscita dal bagno del piano terra ed avevo inserito gli stivaletti di pelle della sera prima, cercavo soltanto la borsa. -"Ho fretta, non mi va che tuo padre pensi che sono una ritardataria"- sogghignò leggermente, mentre si preparava del pane e marmellata. Afferrai la borsa grande e la misi in spalla, e misi sull'avambraccio il cappotto. -"Ti importa così tanto cosa pensa mio padre?"- mi osservò sottecchi, leccandosi l'indice sul quale si era rovesciata un po di quella sostanza appiccicosa e rosa. Se lo portò alle labbra, e si umidì quest'ultime. Non potevo restamene li impalata. -"Si certo, è il mio capo.."- farneticai gesticolando. Presi le chiavi della macchina e mi avvicinai all'ingresso. -"Non aspettarmi per pranzo"- con questa affermazione, senza voltarmi indietro per poter osservare la sua espressione incolore e stranamente seria quella mattina, corsi alla mia auto, sedendomi al posto del conducente e come una perfetta squilibrata cominciai a fare marcia indietro.