34. Dessert

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"La tenerezza è il linguaggio segreto dell'anima

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"La tenerezza è il linguaggio segreto dell'anima."
(Rudolf Leonhardt)


Mancavano ormai pochi giorni a Parigi, tutti in quell'azienda sembravano essere sull'orlo di una crisi isterica, compresa io. Passavo ormai ore intere in ufficio talvolta tardavo anche a cena, ma Derek gentilmente aveva la premura di conservarmi il pasto nel microonde per far sì che non si raffreddasse troppo. Quella specie di rivelazione accaduta giorni prima ci aveva praticamente aperto per la prima volta porte di cui non ne eravamo a conoscenza, egli sembrò essere più accomodante e perfino più cordiale, seppur però l'arroganza e la presunzione gli appartenessero di diritto. Quegli aspetti non li aveva abbandonati per niente. Il tocco deciso di una mano alla mia porta mi fece sollevare il capo dai fogli.
-"Avanti"- John entrò nel mio modesto e piccolo ufficio, era vestito di tutto punto e aveva perfino una forte acqua di colonia dal tipico odore di un uomo sulla cinquantina, era di bella presenza dopo tutto. Sempre vestito elegante, i capelli brizzolati e gelatinati e sul naso poggiati un paio di occhiali alla moda neri e spessi.
-"Ti disturbo Steffens?"- quel cognome sulle sue labbra risuonò esattamente come sulla bocca di suo figlio, talvolta erano due gocce d'acqua.
-"Assolutamente no, mi dica"- quando eravamo a lavoro cercavo continuamente di dargli del lei o del voi, non mi andava di mancargli di rispetto. Il primo giorno, Jessie mi disse che solitamente vincevano quel concorso chi aveva delle strette conoscenze, chi fosse privilegiato. In qualche spudorato modo lo ero, vivevo assieme al figlio del capo avevo trascorso le vacanze natalizie con la loro famiglia per di più il mio datore di lavoro usciva con mia madre. Per non parlare della sfilata e della specifica richiesta che Valentino Garavani aveva fatto a John, non volevo essere etichettata come un approfittatrice desideravo che John mi premiasse per il mio impegno, la mia dedizione e perché no anche per la bravura. Ci mettevo il cuore in quegli schizzi, ho sempre amato disegnare fin da quando ero bambina.
-"Ecco, non arrabbiarti ma.. ho un appuntamento con tua madre vorresti non so.. venire con noi?"- tentennò imbarazzato, calò il tono di voce sperando che nessuno stesse ascoltando la nostra conversazione. Rimasi spiazzata, ormai mia madre lo aveva in pugno si era ancora una volta scordata di me.
-"No, grazie per avermelo chiesto comunque"- intristita, tornai al mio disegno continuando a sfumare la parte del viso della donna che indossava una collana in stile Liberty. Il capo ci aveva raccomandato di doverlo stupire per la sfilata di Parigi, io volevo fare del mio meglio.
-"Nina non voglio che tu sia in collera con me"-
-"Non lo sono, mia madre si è sempre comportata così da più retta ai suoi fidanzati che a sua figlia, l'ha sempre fatto"- risposi con un tono incolore.
-"È pur sempre tua madre e posso assicurarti che ti vuole bene.. le dirò di chiamarti d'accordo?"- sorrise l'uomo, dopotutto John era il migliore fra la lista del sesso maschile che mia madre aveva collezionato. Era un nuovo distinto, composto e serio, ma pensai che a mia madre probabilmente importasse di più il suo portafoglio che il portamento.
-"D'accordo"- risposi di rimando, annuendo leggermente. Ricambia il sorriso, dopo di che rimasi nuovamente sola a contemplare la mia collezione autunno/inverno 2013.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora