Nina Steffens è una giovane ragazza di 23 anni che vive a Manhattan assieme a sua madre, dipendente dall'alcol, e lavora in un asilo assieme alla sua collega Kim. Il suo sogno nel cassetto è di diventare una famosa stilista di moda. Dopo aver rotto...
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"Non scegli i tuoi familiari. Sono il dono di Dio per te, come tu sei per loro." (Desmond Tutu)
Ero partita ormai da dieci minuti e avevo ancora impregnato il suo profumo maschile sul pullover smeraldo che avevo indeciso di indossare. Una strana sensazione di angoscia cresceva sempre di più, pian piano che mi avvicinavo alla mia destinazione percepivo l'amaro in bocca ed una stretta al petto pronta a farmi smettere di respirare. Svoltai a destra e mi insediai nel quartiere dove vi era casa mia, rabbrividì quando quella casetta familiare apparve davanti ai miei occhi. Pensai a ciò che Megan, la mia migliore amica, mi disse tempo fa, la mia coscienza sapeva che non dovevo più tornarci, ma il cuore come al solito riusciva ad avere la meglio. Con milioni di pensieri che ormai mi frullavano nella testa accostai l'auto nel vialetto e recuperai il borsone dal bagagliaio. Bussai lentamente e la figura fiacca e stanca di mia madre mi fece pentire ancora di più di non essere andata a Portland con Derek, ma quella non era la mia famiglia, mia madre Kate era la mia famiglia. -"Nina sei tornata!!"- esclamò e quell'abbraccio improvviso mi fece sentire impacciata. -"No mamma, sono qui per Natale. Sai che giorno è oggi vero?"- borbottai entrando in casa e chiudendo la porta di legno scuro alle mie spalle. -"Ma certo che si! ti ho anche fatto un regalo"- storsi il naso a quell'affermazione, mia madre non mi regalava qualcosa da anni, non riusciva ad andare in giro di giorno diceva che era troppo stanca per camminare per i negozi.
Stanca un corno, ci credo con tutto quell'alcol
-"Ah si? Be' anche io ho dei regali per te e per Meg"- cercai di sorriderle, ma con scarsi risultati. -"Oh dovrebbe arrivare fra poco"- entusiasta mia madre si era perfino messa in ghingheri, anche se alla cena mancavano parecchie ore. Era molto dimagrita ma come al solito non si sera sistemata i capelli e il rossetto marrone era sbavato. Osservai il salotto, il divano leggermente mal ridotto, alcune ghirlande verdi e rosse erano appese al caminetto, che non veniva mai acceso, ma nell'angolo accanto al divano non vi era nessun albero di Natale, pensai a quello che invece io e Derek avevamo addobbato insieme. -"Non hai fatto l'albero.."- mi schiarì la voce, lei ne fu rattristata, io non mi ero ancora tolta il cappotto. -"Oh hai ragione ma sai quel coso è orribile, l'anno prossimo ne comprerò uno nuovo"- si rallegrò d'un botto, non feci altro che limitarmi a sbuffare e a sollevare gli occhi al cielo. Diceva cosi ogni anno. Il campanello suonò e pensai immediatamnte al viso candido di Megan e ai suoi capelli biondi e lisci, quando andai ad aprirle però mi guardò me con uno strano cipiglio sul viso. -"Nina? che ci fai qui?"- entrò senza indugio, sembrava agitata. -"Come che ci faccio qui? È Natale no? pensavo che dovessimo passarlo insieme come tutti gli anni"- scossi la testa confusa, allargando le braccia in maniera teatrale. -"Megan tesoro, sei arrivata finalmente"- spuntò mia madre dalla cucina sorridente. -"Salve Kate"- la mia amica provò a sorriderle, mia madre era già sparita al di là della cucina canticchiando qualcosa di poco orecchiabile. Megan mi prese per un braccio avvicinandosi maggiormente alla rampa di scale, il più lontano da mia madre. -"Si può sapere che ti prende? Credevo che tu fossi contenta di vedermi"- -"Sono contenta Nina davvero ma tu non puoi stare qui"- sentenziò, osservando la porta della cucina sperando che non si aprisse di botto. -"Che vuoi dire?"- -"Che devi stare lontano da Manhattan, Robert ha vinto il processo è fuori lo capisci? Ti darà la caccia"- ringhiò a denti stretti. Mi sentì gelare le vene, ero per l'ennesima volta nel posto sbagliato col timore di non poter più ritornare indietro la mia più grande paura si era avverta, Robert era libero e in pre da una sete di vendetta colossale. -"No.. no, non è possibile"- indietreggiai e percepì gli occhi pizzicarmi. Ci avevo messo due anni per riprendermi del tutto, per far sparire quei segni di dolore dal viso e dalla mente, per alleviare le ferite, i pugni e calci all'addome e il sangue dal naso. Avevo impiegato tutte le mie forze per dimenticare ciò che ero diventata, per dimenticare quei luoghi ovattati di fumo di uomini sbronzi e puzzolenti, per scordare per sempre quella fatidica sera in cui misi in atto ciò che Robert mi aveva insegnato. Mi aveva insegnato il gioco d'azzardo a impugnare come si deve una pistola, una di quelle nere e pesanti, mi aveva insegnato ad ubriacarmi come se non ci fosse un domani. Tutto quell'inferno, tutto l'odio che provavo verso la vita nell'avermi fatta cadere in una trappola così mortale si stava ripercuotendo nel presente che con cura stavo cercando curare. Quegli incubi ancora presenti mi davano la conferma che mai avrei dimenticato il mio passato e che esso sarebbe stato una parte di me per sempre. -"Si è tutto vero, ti prego vai lontano da qui.. non deve scoprire dove abiti ed io e tua madre dovremmo partire al più presto"- le lacrime non riuscirono a trattenersi, ero terrorizzata. -"Dove andrete?"- dissi, con la voce rotta dal pianto. Qualche lacrima scivolò anche per lei. -"Non lo so.. un posto lo troveremo, adesso va ti prego e non tornare"- indietreggiai ancora una volta, mi asciugai le guance bagnate con un gesto violento e fulmineo, indossavo ancora il cappotto presi il borsone che avevo posato accanto allo zerbino. -"Non dirle nulla, ok?"- -"Sta tranquilla, io sono sola e anche tua madre lo è mi prenderò io cura di lei"- ci abbracciammo, così forte da probabilmente romperci le ossa. -"Ti voglio bene Megan"- -"Anche io Nina, vedrai che ce l'ha faremo"- provò a rassicurarmi, con scarsi risultati ma non le volli dare un dispiacere così provai a sorriderle asciugando le lacrime sulla sua guancia destra. -"Chi lo sa, magari ti raggiungeremo a New York un giorno"- annuì, prima di lasciare nuovamente quell'abitazione. Quando mi misi in macchina, piansi a dirotto per aver messo in pericolo mia madre e la mia migliore amica non importò di me stessa di ciò che Robert avrebbe potuto farmi, ciò che più mi faceva venir la nausa era ciò che avrebbe potuto fare alla mia famiglia, seppur non sopportassi mia madre per la dipendenza dall'alcol ella era l'unica della mia famiglia che mi fosse rimasta e dovevo tenermela stretta. Cominciò a nevicare e dedussi che quella mezz'oretta sarebbe diventata un'ora, recuperai il cellulare dalla tasca ormai erano le due del pomeriggio non avevo neanche pranzato.