Capitolo 77

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Capitolo 77

(Suggerimento Musica: A Drop In The Ocean By Ron Pope)

Pov's Allison
Mi portai il bicchiere alla bocca bevendone il suo contenuto, il succo d'arancia mi travolse i sensi.
Gli occhi erano pesanti, ho dormito poco la domenica.
Guardai l'orologio, per poi berlo tutto e prendere la borsa per pagare.
A quest'ora Ashton ed io ci incontravamo nel bar, perciò dovevo andarmene.
Sentivo ancora il corpo e la testa stanca, e sapevo che mi stava cercando, lo sapevo.
E sapevo anche che non avrei resistito, che sarei caduta ancora nelle sue bugie, senza nessuno sforzo.
Vuoto, il mio corpo era composto dal vuoto, oscuro e silenzioso.
Era difficile evitarlo, era difficile costringere il corpo a stargli lontano.
Al solo pensiero di rivederlo e sapere di non poterci parlare un groppo allo stomaco si impadronì del mio stomaco.
Al mio petto non importava, ma il cervello era stanco di soffrire.
Pagai, il cameriere se ne andò per prendere il resto mentre sentì un brivido percorrermi la colonna vertebrale.
Il contatto tra la suola delle sue scarpe e il pavimento è inconfondibile.
La mia temperatura corporea aumentò e il grazie al cameriere uscì dalle mie labbra incomprensibile.
Presi il resto e mi alzai dalla sedia di plastica voltandomi verso di lui.
Le mani sudavano e tremavano senza sosta.
I ricci gli ricadevano sul viso nel tenere il capo basso mentre con una spalla era appoggiato alla cornice dell'entrata.
E anche se non mi stava guardando sentivo il corpo bruciare dolorosamente.
Stava aspettando che passassi e io potevo sentire come il sangue nelle mie vene scorreva più forte.
Mossi i piedi in avanti verso di lui, ad ogni passo sentivo le gambe rammollirsi e la respirazione più affannata, mi fermai.
L'entrata era piccola e lui stava occupando la maggior parte di essa.
Si mise in forma eretta, sovrastandomi con la sua altezza per poi alzare i suoi occhi chiari verso la mia fragile figura.
Il suo verde era mischiato con malinconia al marroncino, erano cupi e tristi.
I miei occhi si pietrificarono sui suoi mandandomi in tilt quei poco di neuroni che non si erano ancora frantumati.
-Dobbiamo parlare-
Il mio sguardo finì sulle mie Vans nere, non riuscivo a sopportare il suo sguardo.
-Le tue azioni hanno parlato da sole-la voce arrogante mi sorprese mentre le mie gambe si affrettarono ad uscire dal bar.
Strinsi la borsa, quando lo sentì sbuffare, ma i miei passi aumentarono cercando disperatamente un modo più vicino per raggiungere l'ufficio del Sig. Colins.
Mi mordi il labbro nel sentire i suoi passi dietro di me.
Non tentava di superarmi, semplicemente mi seguiva.
D'istinto mi fermai. Non mi piaceva essere seguita e lo sapeva.
Il mio corpo paralizzato veniva leggermente accarezzato dal suo respiro.
Era troppo vicino.
-Che cosa vuoi?- sibilai giocherellando con gli accessori della borsa in modo da rilassarmi.
-Voglio spiegare- soffiò.
Quel piccolo respiro sfiorò la pelle del mio collo, che l'unica cosa che voleva in questo momento era essere coccolato dalle sue labbra.
-Non voglio le tue schifose spiegazioni- i miei denti torturarono duramente il mio labbro a quelle parole.
Mi girai verso di lui.
Era a pochi centimetri da me, ma la distanza che c'era tra le nostre labbra e quella che c'era tra le nostre scarpe era notevole.
I miei occhi cioccolato erano indifesi contro quegli occhi verdi che erano intenti a scavargli dentro, e ci riuscivano, ci riuscivano senza sforzo.
E anche se la mia mente l'odiava, so che nel modo in cui mi scavava dentro, con lentezza e dolcezza, il corpo e il cuore non riuscivano a farne a meno di amare sempre di più quello stupido ragazzo Australiano.
-Non voglio niente che venga da persone schifose come te-

Trouble || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora