Capitolo 5

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"Avvocato Dorey buongiorno"  un sorriso si accende sul suo viso e il mio peggior nemico della vita, quelle maledette fossette spuntano ai lati della sua bocca. 10 anni addietro avrei potuto uccidere per vedere quelle fossette. Io rimango lì, ferma, immobile. Con il vaso in mano. Credo che il Signore mi abbia tolto il dono della parola. Ma forse pure di respirare. Perché sto trattenendo il fiato. Perché il mio cuore si è talmente gonfiato per battere fortissimo che sbatte contro i polmoni. Ma poi riprendo fiato ed alzo le spalle. Indosso la mia maschera quella da stronza perfetta. "Bb.. buongiorno signor Burton" non balbettare, non balbettare mi ripeto come mantra della mia vita. Mi avvicino alla finestra, poggio il vaso sul davanzale. Gli do le spalle, mentre fingo di sistemare i fiori. "A cosa devo questa visita?" mi volto e lui è sempre lì con la sua area da super uomo. C'è da dire che se da ragazzo era bello, da uomo, oddio toglie il fiato. Abbiamo la stessa età, ma la sua pelle è più abbronzata e quando sorride delle piccole rughette gli incorniciano gli occhi. Dio quanto amavo quegli occhi. Un raggio di sole gli colpisce il viso e l'ambra delle sue pupille brilla. Le sue ciglia scure e lunghe fanno risaltare il chiaro dei suoi occhi. Ha le guance ricoperte da un velo di barba sul castano a tratti biondo-rossiccio. I suoi capelli anni fa portati lunghi e gelatinati all'indietro sembravano più scuri, oggi sono color cioccolato portati al naturale con un ciuffo che si allunga sulla fronte spaziosa. Le sue labbra carnose, con quel pizzetto al centro del labbro inferiore, sono sempre bellissime. Lo sto guardando, ma se fossi ad occhi chiusi saprei descrivere ogni minimo particolare. Ricordo tutto del suo viso. Persino quel neo sul lato sinistro alto della bocca, oppure quello al lato del suo naso, cosi perfetto. Ho passato ore, che contandole potrebbero diventare anni, a guardare quel viso. Adoravo accarezzargli le guance, tracciargli il profilo con le mani. Adoravo baciargli la punta del naso, per sfuggire all'imbarazzo di stare a volte minuti fronte a fronte a guardarci negli occhi. Senza parlare. Solo a sospirare.

Senza staccare lo sguardo, mi siedo sulla mia bella poltrona, che prego mi dia quell'aria di onnipotenza che possa mettergli soggezione. Ma purtroppo non avviene, la sua postura, i suoi avambracci esposti dalle maniche arrotolate della sua camicia azzurra, che lo fa sembrare ancora più abbronzato, tutto di lui mi fa capire che pensa di tenermi in pugno. Ma non ha capito niente.

"Ho bisogno di un avvocato" dice sicuro di sé mentre mi guarda negli occhi. "Sono lusingata, che sia venuto da me per una consulenza. Ma forse è poco informato o forse poco attento. Perché già dalla targa sulla porta poteva notare che sì, sono un avvocato, ma matrimonialista. E di conseguenza non mi occupo di controversie commerciali o amministrative. Quindi mi dispiace averle fatto perdere tempo. Ma non posso esserle utile. Se vuole posso darle il numero di qualche mio collega che sicuramente sarà felice di aiutarla." Lui si passa una mano in viso, accarezzandosi la barba. Guarda fuori dalla finestra, sospira e poi riprende a guardarmi. "A discapito di quello che lei pensa" sottolinea quel lei a voce più alta "sono molto informato sul suo conto e di sicuro non pecco di poca attenzioni ai particolari. So bene quale sia la sua specializzazione ed è per questo che sono qui. Voglio divorziare" e mentre io rimango di sasso, lui continua imperterrito "e finiamola con questa cazzata del lei, che ci conosciamo meglio noi due che le nostre madri."

A questo punto, devo mantenere la calma più possibile. Questo idiota, dopo 10 anni viene qua come niente fosse, mi dice che vuole assumermi come suo legale per divorziare con la moglie. Con la stessa donna con cui si è costruito una vita neanche dopo un anno che ci eravamo lasciati. Questo è pazzo. Oltre alle rughe gli sarà comparsa anche qualche malattia mentale. "Il solo fatto che Lei," e lo quasi grido quel lei "sia qui a chiedermi di esser il suo legale, conferma il fatto che non ci conosciamo così bene, e adesso se vuole scusarmi, ho un altro appuntamento a breve." Poso le mani sulla scrivania e mi tiro sotto con la poltrona. Fingo indifferenza al fatto che lui non si è smosso di un millimetro e continua a guardarmi, ed accendo il pc. Mi passo nervosamente la mano tra i ricci, portandoli tutti su un lato allontanandoli dal viso. Lo guardo e gli faccio un espressione di domanda con il viso. Sicuramente sembrerò un ebete. Se avessi uno specchio in questo momento starei morendo di vergogna. "JJ non capisco perché mi stai mettendo alla porta. Sei un avvocato, io un possibile cliente. Voglio uno bravo e a detta di tutti sei la migliore nel tuo campo. E io ho bisogno di uno bravo ma bravo davvero. Perché sto nella merda, da questo divorzio dipende tutto il mio lavoro di anni e non solo mio ma anche di mio fratello. Ho bisogno di te." Con queste ultime parole, ha risvegliato il diavolo che in me. Inizio con una risata isterica "hai bisogno di me?? Hai bisogno di me?" mi alzo e corro alla finestra. Poggio le mani sul davanzale. Abbasso la testa nelle spalle, e ricomincio. "Tu sei pazzo. Tu sei completamente pazzo. Perché diavolo dovrebbe importarmi che tu hai bisogno di me?" mi volto e lo guardo, gli punto il dito dritto in viso "forse tu non capisci che non hai neanche il diritto di entrare da quella porta, figurati di dirmi in faccia che hai bisogno di me." Continuo a ridere istericamente, ma sento le lacrime arrivare e no cazzo, non voglio dargli questa soddisfazione. Cerco di riprendere fiato. Mi fermo e riprendo "mi dispiace Tim, ma non posso, in realtà non voglio." Mi risiedo. "Se vuoi posso darti il numero di qualche collega in zona, di più non posso." Lui mi guarda, ma non sembra stranito della mia reazione. Sembra quasi che si aspettasse questo mio atteggiamento. "Certo, capisco. Ma sappi che non mi arrendo e tu lo sai" "oooo guarda ricordo perfettamente come non ti arrendi." Gli indico la porta "Buona giornata signor Burton" lui si alza e la sua figura imponente mi sovrasta. Mi alzo anche io, ma la mia figura nonostante i tacchi alti scompare di fronte al suo metro e 87. Gli tendo la mano esclamando "arrivederci signor Burton" Tim mi guarda la mano poi ritorna sulla mia figura e mi squadra tutta. E questo mi fa provare un profondo imbarazzo. Spero di non essere arrossita, maledizione. Mi afferra la mano e la stringe forte per istanti che sembrano eterni "a presto avvocato Dorey" mi lascia la mano e si volta e va verso la porta poi si gira e mi mostra un bigliettino "ci stai cascando?" io non capisco "scusa che cosa hai detto?" lui alza di nuovo il bigliettino. E capisco che è quello di Joey che accompagnava i fiori. "Era a terra. Ci stai cascando? Con Joey?" mi avvio verso di lui, gli strappo il bigliettino dalle mani "le ripeto arrivederci signor Burton" lui se ne va. E io rimango a guardare la porta chiusa, con il bigliettino in mano. Non so da dove venga, ma una lacrima mi spunta da un occhio e scende lenta sulla mia guancia. Mi avvio verso la scrivania. Ed altre lacrime affollano il mio viso. Mi costringo a tirare su con il naso. Sento la porta aprirsi "ma chi diavolo era quel portatore sano di salsicce di alta qualità?" sento la risata di Marlen. Mi giro. Lei mi guarda, nota il mio viso pieno di lacrime. E forse viene illuminata da una rivelazione perché dice solo un "ah" si avvicina. "JJ" dice con tono compassionevole. Tira un fazzoletto dai jeans e me lo passa. Mi vado a sedere sulla poltrona. Lei si siede davanti a me. Mi asciugo le lacrime. Mi ricompongo e la guardo. "E' lui?" non rispondo " è lui vero? Tim, quel Tim" annuisco "come fai a dirlo non lo conosci neanche. "Perché ti conosco da anni. E questa è la seconda volta che ti vedo ridotta così. L'altra volta è quando mi hai parlato di lui." Appoggio i gomiti alla scrivania, mi passo le dita nell'incavo del naso e sbotto "Diavolo odio stare così, odio farmi vedere così. 10 anni e gli do ancora il potere di ridurmi cosi. Brutto stronzo. Anzi brutta stronza che glielo permetto." Ricomincio a piangere. "Cioè ti rendi conto? Lui è venuto qui perché vuole divorziare. Vuole divorziare e viene qui. Fottuto idiota. Pezzo di merda. Che gli dice la testa." Marlen mi fissa, ma non proferisce parola. "Dopo 10 anni viene qui e mi dice ho bisogno di te! Come se glielo dovessi. Come se fosse suo diritto chiedermelo. Cose se fosse colpa mia. Ma vaffanculo." La vedo boccheggiare. "Forse e dico forse" e si blocca le faccio segno con la mano di continuare. "Forse lui crede, ma ripeto forse." Alzo gli occhi al celo "lui lo crede davvero. Ti ricordo che sei scappata. Senza dirgli niente. Per lui sei andata via, lo hai lasciato senza dargli spiegazioni e non ti sei più guardata indietro. E forse lui pensa che se tu non te ne fossi andata, ora lui non avrebbe bisogno di divorziare. Forse" e niente io rimango lì con quei forse nella testa. Gli stessi forse che mi hanno distrutto il cuore in questi dieci anni. Marlen lascia il mio ufficio e io rimango seduta sulla mia bella poltrona, con le mani in viso ed una stanza piena di forse. 

Fiori D'arancio. Ancora noi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora