Rimaniamo stretti, uno nelle braccia dell'altro per un tempo che sembra infinito. Ho paura a muovermi. Ho paura di riguardarlo negli occhi. Non immagino un momento più imbarazzante, di quello che vivrò tra pochi attimi. Invece lui si alza sulle braccia. Mi sfiora le labbra con un bacio. Sorride. Prende una coperta, posizionata a lato del divano. Io mi alzo e lui me la mette sulle spalle. Si alza, mentre io mi avvolgo nella coperta per non rimanere nuda. Tim infila i boxer e mentre si dirige verso la cucina dice allegro "allora questa sigaretta, post sesso la proviamo?" alzo lo sguardo sulla schiena e la risata che avevo in gola muore. Ha la schiena completamente tatuata, ma nella penombra non riesco a vedere cosa sia. Mi alzo, mi avvicino alla sua schiena, mentre lui è intento a versare altro vino. E lì davanti ai miei occhi che già sento bagnati, mi ritrovo non un tatuaggio. Un dipinto. Un albero grosso, che affonda radici in un cuore. Disegni di rami intrecciati. Uno che si allunga più di tutti dove scende un'altalena di legno. Lui si accorge di me. Irrigidisce i muscoli della schiena, che sto sfiorando con le dita. Ripercorro i tratti di quel cuore, sanguinante. Risalgo con le dite sul tronco dell'albero, seguo i rami. Ormai vedo sfocato, le lacrime non mi permettono di vedere chiaramente. Ma chiaramente vedo grossi fiori d'arancio che riempiono i rami. Li ripercorro tutti. Li conto. Dieci. E capisco. Tocco l'altalena è vuota. Come se fluttuasse nell'aria, in balia del vento, del tempo. Mentre mi blocco a guardare quel pezzo della nostra vita, impresso sulla sua pelle, lui si gira. Mi guarda. Ha gli occhi lucidi. Io sono ormai un fiume in piena. Con voce strozzata dico solo "dieci" e lui annuisce "come gli anniversari che abbiamo passato lontani. Come gli anni che sono trascorsi. Dieci." E sospira forte. "Per ricordare a me stesso, che quella vita, la nostra vita era ormai alle mie spalle, ma che ne porto ancora addosso i segni" lascio andare la coperta. Lo abbraccio. Gli salto addosso, completamente nuda. Mi mantiene per i glutei. Mi siede sul bancone, beve il bicchiere di vino tutto di un fiato. Mi afferra il viso rudemente e mi bacia ancora e ancora. E lo rifacciamo li sul bancone. Lo rifacciamo più forte. Più intenso. Più rude. Ci graffiamo la pelle, il cuore. L'anima. Ricominciamo a combattere, amandoci ancora una volta più che possiamo. Con tutta la forza che abbiamo in corpo. Con tutto. Tutto. Di noi non manca più niente. Ci stiamo dando tutto, tutto quello che rimane da dare.
Dopo la nostra performance sul bancone, io mi rimetto la coperta ed esco sul portico. È notte fonda. Si gela. Il mare è in tempesta. Non vedo più il confine tra il cielo e il mare. Le onde scrosciano forte sulla battigia. Accendo la famosa sigaretta post sesso e diavolo ne avevo un bisogno disperato. Inspiro lentamente, butto fuori nuvole di fumo. Da dentro casa sento partire una melodia dolce.
I'll never love again di Lady Gaga mi riempie i polmoni, più di quanto stia facendo questa sigaretta. La melodia è struggente. Le parole mi stanno devastando. Getto la sigaretta. Mi chiudo a riccio, abbracciandomi le ginocchia. E ascolto ogni singola parola. Ogni sospiro. Ogni nota. La bevo tutta. La ingoio tutta, nonostante questo nodo in gola, che mi toglie il fiato.
Don't wanna feel another touch. Don't wanna start another fire. Don't wanna know another kiss. No other name falling off my lips.Don't wanna give my heart away.To another stranger.Or let another day begin.Won't even let the sunlight inNo, I'll never love again.I'll never love again
Dopo un po' Tim si avvicina, mi porge una tazza di caffè caldo. Si siede affianco a me sull'altalena. Spinta dal vento. Appoggio la testa sulla sua spalla. E insieme guardiamo l'oceano. "Ed ora?" alzo lo sguardo verso il suo viso. Mi accarezza una guancia. "Ed ora sei mia fino a domenica. Poi pensiamo a tutto." Mi da un bacio in fronte. "Spegni i pensieri Jenni. Accendi il cuore" io sospiro. Perché il mio cuore per lui, non si è mai spento. Mai.
Saliamo al piano superiore, dove ci sono 4 camere da letto. Quando arriviamo alla camera padronale, prima di aprirla fa un grosso sospiro. Io entro ma è tutto buio. La luce si accende e mi sembra un sogno. Un letto a baldacchino in ferro battuto nero è al centro della stanza. Un piumone blu scuro sopra. La parete dietro al letto, completamente nera, sembra come una grossa lavagna. Dal baldacchino, tendaggi bianchi leggeri, sfiorano il parquèt tirato a lucido. Di fronte al letto un grosso camino. Di fianco una tv. Mi avvicino alle tende blu delle vetrate. Le apro. Di fronte l'oceano, che schiumeggia. Il terrazzo è enorme. Una grossa vasca idromassaggio al centro. Divanetti tutti intorno. Non esco. Mi volto verso di lui. "Non hai dimenticato praticamente nulla" e sorrido "buona parte" "certo che quella vasca è sprecata, li fuori. Soprattutto d'inverno e visto che in Oregon è sempre inverno! Potevi metterne una pure in bagno." Mi sorride furbo "chi ti dice che non ci sia?" corro verso la porta che credo sia il bagno. Invece apro la cabina armadio. Che è praticamente vuota. Solo un piccolo spazio è riempito da qualche tutta, un paio di scarpe e una decina di magliette e qualche felpa. "Ti dispiace se ne prendo una?" "Fa pure" aspetto che si giri, perché lo vedo che continua a guardarmi "ti vuoi girare?" lui scoppia a ridere "e dai! sei stata nuda sotto di me per un'ora, ora ti imbarazzi?" arrossisco "c'è troppa luce, girati" continua a ridere. "Ok ok, mi giro." Metto in fretto la felpa che mi arriva sopra il ginocchio. Esco come una furia e vado verso l'altra porta la apro e la prima cosa che vedo al centro del bagno è una vasca idromassaggio. "Oddio è bellissima" saltello come una quindicenne, mi avvicino tocco i bordi "questa casa ti sarà costata una fortuna!" "E' costata un po', si! Ma vederla venire su, pian piano, darle vita con le mie stesse mani è stata una soddisfazione che mi ha ripagato di tutto." Mentre parla si avvicina alla vasca accende l'acqua. Si gira verso di me "ed inaugurarla stasera con te è valso tutti i soldi spesi fino all'ultimo centesimo." spegne la luce e tante piccole lucine brillano dal pavimento, dalle pareti e dal soffitto. Si avvicina. Mi guarda intensamente, mi tira giù la cerniera della felpa, lentamente. Mi morde un orecchio e sussurra "è ora di inaugurare anche la vasca." Entro con i piedi, l'acqua è calda, il meccanismo si mette in moto e piccole bollicine mi solleticano i piedi. Tim si toglie i boxer entra anche lui. Mi sfila la felpa ormai sbottonata e la lancia a terra. Si siede, mi fa sedere di schiena tra le sue gambe appoggio la testa sul suo petto, dopo essermi legata i capelli in una crocchia disordinata. Mette i sali nella vasca e un dolce profumo di vaniglia ci avvolge. "Visto che tu non sei la mia confidente io vorrei essere il tuo. Dimmi cosa hai fatto in questi 10 anni. Sommi capi. Non scendere in tanti dettagli" scoppio a ridere. "Ecco perché non possiamo essere confidenti. Sono i dettagli a dar luogo alle confidenze" mi passa le mani sulle braccia "allora non sono il tuo confidente, ma un vecchio amico che ti fa la stessa domanda" io ci penso su "mi sono laureata all'università di Los Angeles. Ho preso la specializzazione in diritto di famiglia. Ho fatto pratica nello stesso studio di cui poi sono diventata socia. Ho guadagnato soldi a palate perché i divorzi dei ricchi sono difficili e costosi" lui scoppia a ridere "poi?" e già so dove vuole arrivare. "Non lavoravo solo, è vero che per la maggior parte del tempo la carriera era tutto, ma due volte all'anno mi concedevo dei viaggi. Ho girato un po' il mondo. Amo la cultura orientale. Il Giappone è una terra bellissima. Ma il vecchio continente, l'Europa mi ha stregato. Parigi, Londra, Madrid, la ogni angolo trasuda storia e io adoravo perdermi in quei vicoletti. Roma è la città che ho preferito, vecchia, caotica, ma piena d'arte! Un vero museo a cielo aperto! Non la scorderò mai!" prendo un grosso respiro "a 25 anni ho incontrato Jimmy" sento il suo corpo irrigidirsi "ci siamo sposati l'anno dopo. Ma eravamo troppo presi dalle nostre carriere e dopo due anni abbiamo divorziato." Non posso dirgli la verità, entreremmo in un altra sfera, più intima che ora come ora non riesco ad affrontare. "Lo amavi?" mi giro lo guardo in volto "ricordi sommi capi. Niente dettagli, non siamo confidenti" torno a guardare davanti. Gli prendo le mani. Intrecciamo le dita "comunque si, credo di averlo amato. Non come ho amato in passato. In un modo diverso. Più maturo. Più razionale. Non lo so meno impetuoso, ma più..." tentenno "non riesco a definirlo." Lui si schiarisce la voce. "infatti non si può definire. Non ci sono modi di amare. O si ama o non si ama. Non è più o meno. Si ama. Punto. Si ama come si sa amare." Annuisco. "E tu? ami ancora come amavi? È sempre ancora tutta una lotta, tutta una sfida? Tutta una guerra a chi resta?" "figuriamoci! Ho perso ogni sfida, ogni lotta, ogni guerra. Quando sei andata via ho smesso di combattere. Ero un ferito di guerra. La ferita più grossa ce l'avevo sul cuore. Il bastardo ha ricominciato a battere la prima volta che ho guardato negli occhi la mia prima figlia e da allora batte solo per loro. Per Lauren e Olly. Il resto abitudine. Bisogno. Nient'altro." Nient'altro. Ecco la parola giusta, in questi dieci anni, dopo di noi. Nient'altro.
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Fiori D'arancio. Ancora noi.
Chick-LitJenni ha 31 anni è un avvocato matrimonialista e la sua vita a Los Angeles è tutta lavoro e carriera. Ma dopo anni trascorsi così, decide di tornare a casa. A Roseburg, Oregon. Non è più la ragazzina insicura e timida che a 21 anni scappa dalla sua...