Capitolo 18

186 11 1
                                    

Che strani i tramonti. Il sole al mattino sorge e rischiara il cielo dalla notte. Pur luminoso oscura la luna.  Brilla per ore e ore, illumina tutto. Quando è in alto e investe ogni cosa, inonda di luce e forse anche di speranza. Tanto da pensare che puoi ogni cosa. Sembra che le lancette si fermino e che si abbia il tempo di fare tutto quello che vogliamo.  Se sei in spiaggia ed aspetti il tramonto, mi sembra che mai quella palla infuocata arrivi a baciare il mare. Colora lo specchio d'acqua con il suo riflesso. Il sole prima di arrivare al mare sembra arrabbiato, è rosso fuoco intorno un aurea arancione. Sembra che sia furioso, forse stanco, forse soltanto solo, perche ha appena finito di illuminare il mondo ed esige il riposo che sembra non arrivare mai.  Appena tocca il mare il rosso rischiara, l'acqua si incendia e i tuoi occhi brillano. Stai li senza fiato a guardare un qualcosa che sembra eccezionale eppure ogni giorno alla stessa ora il sole bacia il mare e li muore per poi rinascere. E tutto ricomincia. Forse il sole è l'unica cosa che muore ogni giorno, ma ha sempre la forza di rinascere.

Ed eccoci qui.  A piedi nudi. Io con le ginocchia al petto. Lui con le gambe incrociate. Tra di noi un insolita distanza, rispetto alle ultime ore. Abbiamo lo sguardo rivolto al tramonto. Entrambi assorti a mirare lo spettacolo del tramonto. Faccio un sorso al mio caffè, che mi sono portata dietro. E poi stregata dal coraggio del sole che si avvicina con forza al mare, senza girarmi a guardarlo, lo dico: "come abbiamo fatto ad amarci cosi tanto da odiarci" mantengo lo sguardo al sole, mentre sento il suo bruciarmi la pelle. "Io non ti ho mai odiato", sussulto ma non cedo a guardarlo. "Ho odiato amarti più e più volte" sento ancora i suoi occhi su di me. Ho avuto il coraggio di parlare ma non di girarmi. Di voltarmi verso di lui. Perché se ora guardassi i suoi occhi che brillano più dell'oro, che incendiano più del sole io domani non avrei più la forza di risorgere. "Lo sai quando ho odiato di più amarti?" sospira "quando quel giorno di settembre, in piedi davanti a Dio, aspettando di vedere la donna che sarebbe lì a poco diventare mia moglie, la donna che mi ha donato tutta la sua vita, aspettando la donna che mi ha dato più di quanto io abbia mai meritato, la donna che dopo pochi mesi mi avrebbe reso padre, io pensavo solo a te!" una prima lacrima mi riga il viso. Ma lui continua imperterrito, senza pietà e spezza e devasta tutto quello che io credevo giusto, vero. "Io volevo te, lì vicino a me a giurare amore eterno. Lo stesso che ci eravamo giurati da ragazzi." Altre lacrime mi inondano il viso, gli occhi stanchi di mirare al sole. Abbasso il viso sulle ginocchia e stringo le braccia, abbracciandomi su me stessa. "Ma poi gli ho alzato il velo, e quel viso pieno di gioia, commozione, devozione, non era il tuo. E li mi sono sentito perso, triste e cosi fottutamente sbagliato. Eppure l'ho sposata. E non perché era la cosa che io o lei meritavamo. Non perché era la cosa giusta. Non perche lo volevo." Un singhiozzo lacera quelle parole. E non è il mio. "Ma perché tu non c'eri più. Te ne eri andata. Mi avevi lasciato. Anche se mi avevi detto a domani. Ma quel domani non è mai arrivato!" tossisce per schiarirsi la voce dalla commozione. Mentre io continuo a piangere silenziosamente, perché tanto dolore non merita che perda valore di fronte al mio. "Ho passato giorni, a parlare con la tua segreteria. Sono stato a casa tua. All università, al lavoro. Ma tu eri scomparsa. Tu, tu hai osato nasconderti a me. A me che avevo il cuore sepolto metri e metri sotto terra ma l'ho dato a te. E tu l'hai buttato via."

A quelle parole, alzo la testa di scatto. Mi giro verso di lui. Occhi dentro occhi. Oro contro la notte. Ho ancora il viso inondato di lacrime, i singhiozzi mi dilaniano, e con tutto quel fiato che ho in corpo, gli grido in faccia "io non l'ho buttato via! Io ti amavo cazzo, più di quanto abbia mai fatto in vita mia. Non sapevo respirare senza di te. Non esistevo senza di te." Mi alzo in piedi, lui mi segue ed ora siamo faccia a faccia, dopo anni a gridarci contro tutto quello che non siamo mai detto, tutto quello che era stato, e quello che è ancora. "Ma insieme ci soffocavamo. Io avevo voglia di libertà e tu soltanto di togliermela!" "ma io avevo paura di perderti, avevo solo paura di perderti" mi metto le mani al viso ma poi fiera mi faccio avanti "ma mi hai persa lo stesso" lo grido con tutto il fiato che ho in corpo, non piango più.  Sono una valanga che sta cadendo impetuosa dalla cima per abbattermi con furia su di lui. "Io volevo scoprire il mondo. Volevo viverlo. Volevo conoscere, viaggiare, fare amicizia, esperienze. Volevo rincorrere la mia età, la spensieratezza." "Se te lo avessi permesso, se ti avessi lasciato vedere il mondo oltre me, tu non avresti più guardato me. Tu avresti scelto, ma non me."

Lui mi lascia li con i pugni chiusi, si dirige verso la riva. E' novembre, l'acqua è gelida ma lui immerge i piedi nell'acqua. Lo seguo mi metto accanto a lui. "Io volevo brillare di luce, ma tu mi hai oscurato. Tu avevi paura di perdermi, io solo che tu non mi avresti seguito. E infatti ti sei arreso. E quando hai smesso di combattere per noi, io da sola non ne potevo più. Per rassicurare te, ho perso tanti pezzi di me. E vero, io volevo conquistare il mondo. Ma insieme a te. Ma per te il mondo ero solo io. E a me mancava l'aria. Avevo bisogno di tempo."

"10 anni sono davvero tanto tempo" si avvicina di più alle onde, da un calcio all'acqua. Io sono dietro di lui. "Sono tornata" lui si volta, spalle al sole ormai diventato oro colato sul mare. "Sono tornata, un anno dopo. Avevo finito la specialistica. Mi mancava solo la tesi." Ricomincio a piangere. "Tutti pensavano che ormai, avevo dimenticato. Che tutto era passato. Ma io volevo solo rivedere i tuoi occhi." Una risata amara mi cresce in gola. "Ma appena poso la valigia, la prima cosa che mia madre mi disse lo sai quale fu?" Lui abbassa lo sguardo. "mi disse sei qui per il matrimonio? io non capivo. Poi mi prese il viso tra le mani e continuò dicendomi: tu ti disperavi che lui stesse morendo di dolore, lui tra due giorni si sposa. La sua ragazza è incinta." Socchiudo gli occhi e ripenso a quel momento. A quel dolore. A quel tormento. Quella tristezza che mi scavò le membra. Che mi strappò il cuore. Mia madre era davanti a me, ma io non la vedevo. Davanti a me il buio, intorno a me il buio. Dentro me il buio.

Lui si avvicina a me, cerca di abbracciarmi, ma io lo spintono. Io scappo verso le nostre cose. Tim cerca di raggiungermi, mi trattiene un polso ma io cerco di liberarmi. "Lasciami" gli urlo ma lui mi tira a lui. Lo colpisco al petto "lasciami, ti prego" urlo tra le lacrime "io non ho buttato via il tuo cuore ne allora ne mai, ma tu, tu" lo colpisco ancora "tu hai distrutto il mio" esco dal suo abbraccio, le sue braccia inermi lungo i fianchi. E il viso di chi ha capito solo ora tutto quello che c'era da capire. Mi incammino verso la passerella. "Ed ora portami a casa" anche se mi sembrava di esserci tornata pochi istanti fa.

Avevamo detto di spegnere i pensieri e accendere il cuore. E il mio cuore si è acceso questa volta di rabbia, di dolore. Non può dire che io ho buttato via il suo cuore. Non può dirlo. Cavolo sarò pure scappata, ma non merito quelle parole. Non le merito. Chi scappa pecca di codardia, ma chi ti porta a scappare non commette l'errore minore. Eppure io ero tornata. Ero pronta a dirgli "guardami io sono questa, sono questa con i miei errori, con i miei sbagli. Eccomi, guardami ora e se mi vedi diversa, non spaventarti. Sono sempre io. Più forte, più decisa, più combattiva. Ma sono sempre io. E dopo un anno sono ancora tua. Sono sempre la tua JJ che ti ama da morire. Che ti ama più di ogni altra cosa. Mi sono spezzata, sono ferita, ma sono viva e se tu puoi accettarmi così. Così imperfetta. Prendimi per mano e portami a vivere la nostra vita." Ho pensato alle parole che volevo dirgli, appena l'avrei rivisto per giorni, per mesi. E nonostante la vita mi aveva messa a dura prova. Nonostante la vita mi aveva dato una nuova sfida, io volevo sfidarla con lui. Perché sapevo che solo lui avrebbe potuto sostenermi in quella battaglia. Ma lui aveva già ottenuto tutto, senza neanche lottare. E io non potevo toglierli altro. Così ripresi la mia valigia. E tornai a Los Angeles, vivere con quel peso sul cuore era impossibile, ma sopravvivere con quel peso si poteva fare. E l'ho fatto. Sono andata avanti, non mi sono più girata indietro. Guardare indietro faceva troppo male, perché sapevo che ad aspettarmi non c'era più niente. Non c'era più nessuno. Lui non c'era più. E allora andare avanti era l'unica cosa da fare.

Fiori D'arancio. Ancora noi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora