Capitolo 8

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Già il lunedì è un giorno di merda senza che poi il cielo dell'Oregon decida di far cadere litri e litri d'acqua. Per fortuna stamattina in tribunale mi ha accompagnato mio padre che era di strada, ma ora sono a piedi. Ho chiesto un passaggio ad un collega, ma lui ha detto che finirà tardi. Ed ora sono qui sotto il porticato del tribunale e sto aspettando che la sua udienza finisca. Guardo l'orario, mancano 20 minuti a mezzogiorno. Almeno ho una buona scusa per evitare l'appuntamento. Sono due giorni che non mangio. Dalle ciambelle di sabato mattina ho toccato solo vino, sigarette e qualche cracker. E se questo fa bene alla linea, fa malissimo alla mia testa che mi sembra stia scoppiando. Credo che se non avessi preso una pasticca sarei ancora moribonda a letto. Letto che mi ha visto insonne per due notti. E tutto per questo appuntamento, che la mia mente mi ricorda che è di lavoro ma il mio cuore trepida dall'agitazione. Decido di chiamare Marlen per avvisarla. "Studio Dorey" "Marlen sono JJ" "Avvocato buongiorno, tutto bene? Come sono andate le udienze" scosto i telefono dall'orecchio giusto per vedere se ho chiamato Marlen. Si è il numero dello studio. E questa gentilezza? "Marlen io tutto bene! Ma tu? Hai la febbre?" e lei dall'altro lato scoppia in una falsa risata "Avvocato Dorey tutto benissimo, scoppio di salute, posso esserle utile?" più parla e più mi stranisco. "Tranne quella mentale, quella vacilla da molto molto tempo! Comunque si, volevo avvisarti che non ce la faccio per l'appuntamento delle 12. Sta venendo giù il diluvio universale. E come sai sto a piedi. Quindi ora sto qui sul portico del tribunale. E aspetto un collega che ha detto mi darà un passaggio appena si libera, ma non a breve. Quindi avvisa il cliente che gli daremo un altro appuntamento. Ok?" silenzio "Marlen mi senti?" "Si si, la sento. Quindi aspetterà il collega. E sta tutta sola sotto la pioggia ad aspettare? Non sarà pericoloso?" sento un tono cantilenante "Marlen ma stamattina hai fumato? Ma che diavolo ti prende?" lei sospira ma poi riprende a parlare con tono ancora più alto "niente, niente. Mi preoccupo per lei. Il mondo è pieno di malintenzionati che magari vedono una bella donna come lei tutta sola e possono approfittarne" non so se essere più preoccupata o spazientita "Marlen sono in tribunale, ho due agenti dietro di me che sorvegliano l'entrata che diavolo mi può succedere?" dico perplessa "Comunque chiama il cliente e avvisalo! E cerca di smaltire l'effetto di queste droghe che mi sembri rimbecillita. Ciao!" Riattacco. Strana è strana. Ma stamattina è strana forte. Sembrava in balia di sostanze. Eppure aveva giurato che era anni che non fumava una canna. Mistero.

Questi tacchi mi stanno uccidendo. Per fortuna che indosso stivali alti al ginocchio, altrimenti già le avrei tolte e starei scalza qui sul portico. Sono in piedi da circa 20 minuti, ogni collega che passa spero che sia Trevor che abbia finito. Ed invece sembra che la mia attesa sia più lunga che mai. Chiamo la concessionaria, per vedere quando arriverà questa benedetta macchina. Dicono sempre settimana prossima, ma di quale mese non si sa. Ho sollecitato già tre volte. A Los Angeles potevo muovermi a piedi o in taxi. Ma a Roseburg ho bisogno dell'auto. E ringrazio Dio dei miei guadagni californiani, perché mi sono comprata un mega SUV nero brillante, ultimo modello e full optional. Per quanto l'ho pagato dovrà accompagnarmi per il resto dei miei giorni. Finché morti non ci separi. Amen. Riattacco con la segretaria della concessionaria che ha detto che devono arrivare solo i documenti e poi posso ritirarla. Finalmente. Mentre guardo l'ora vedo che arriva un messaggio di Marlen "perdonami" con tante faccine tristi e poi con occhi a cuore e poi una valanga di cuori e mentre cerco di districarmi in questo mare di emoticon, sento un clacson, bussa più volte. Alzo il viso. Vedo un SUV blu notte. Ma la pioggia non mi permette di vedere il viso del conducente. Sto per rispondere a Marlen, quando sento di nuovo il clacson e poi una voce, quella voce, chiamarmi "JJ" alzo lo sguardo e dal finestrino aperto scorgo il viso sorridente di Tim. E io non so piangere o ridere. Si avvicina con l'auto quanto più possibile all'entrata pedonale del tribunale e mi fa cenno di salire in auto. E dio inizio a capire tutto. Metto a posto tutti i pezzi del puzzle. E digito veloce. "Marlen sei una grandissima stronza!"

Faccio una piccola corsa sotto la pioggia. Che poi corsa non si può chiamare. I tacchi, la valigetta, la borsa, il soprabito che si apre di continua. Diciamo una camminata veloce, mentre con una mano mi metto la valigetta in testa e con l'altra tengo la borsa e il soprabito. Arrivo alla sua auto agitata e non solo per la corsa. Per fortuna Tim mi fa trovare già la porta aperta. Entro e una ventata di aria calda e di profumo maschile speziato mi avvolge. Chiudo la porta in tutta fretta, poso le borse ai miei piedi. E scende il panico. E ora che dico, che faccio. Mi sento persa, una sensazione che non so più come vincere perché erano secoli che non mi sentivo cosi. Il silenzio sta diventando imbarazzante, lui lo percepisce "buongiorno" e allora lo guardo per la prima volta da quando sono salita e niente. È bellissimo. Indossa gli abiti da lavoro. Jeans strappati sulle ginocchia, una t-shirt bianca una felpa blu e un cappellino con visiera. E sorride. Cazzo sorride e io non vedo e sento più niente intorno, né la pioggia, né le altre macchine che ci suonano, ne il mio telefono che suona. Mi riprendo e dico solo "giorno" lui continua a sorridere e mi indica la mia borsa. Io resto ancora di sasso. "JJ il tuo telefono" come se mi fossi ripresa dalla trance in cui sono caduta, prendo il telefono dalla borsa. "Pronto?" dall'altro capo sento una voce maschile "JJ sono appena uscito, dove sei?" e la riconosco "Trevor ciao, scusa. Ti stavo appunto avvisando. Ho avuto un passaggio proprio ora e sto tornando allo studio. Scusa se ti ho fatto attendere." E mentre parlo, sento la macchina partire. E penso tra me e me furbo da parte sua. Cosi non posso tornare indietro. Dall'altro capo del telefono sento Trevor riprendere a parlare "JJ figurati! che peccato. In verità ho fatto prima possibile perché volevo portarti a pranzo. Quando mi ricapita questa fortuna." Io arrossisco dall'imbarazzo perché Trevor parla così a voce alta che credo che anche Tim lo abbia sentito. In effetti lo ha ascoltato di certo perché alza la voce della radio. E i Queen riempiono l'abitacolo. "ooooo grazie Trevor! Sono lusingata dell'invito. Ma sarà per la prossima volta, comunque non avrei potuto ho un appuntamento di lavoro" batto forte sulla parola lavoro. "Ora però hai il mio numero. Chiamami e ci mettiamo d'accordo per un pranzo" ma lui incalza "o una cena!" e io civettando, sorrido "O una cena. Buona giornata Trevor è stato un piacere vederti dopo tempo." Anche lui saluta. Chiudo la telefonata. Sorrido. E sento i suoi occhi addosso. Mi volto e lo trovo a guardarmi. E non so perché sento il dovere di spiegarmi "un collega" e lui riprende a guardare la strada "l'avevo capito" alza di più il volume della radio e Somebody to love esplode dagli altoparlanti. E io penso a come in 10 anni sembrano cambiare tante cose ma poi ti accorgi che alcune cose non cambiano mai. La prima volta che saltammo in auto dopo che Tim aveva preso la patente, allacciammo le cinture e quando accese la radio i Queen esplosero in tutta la loro forza. E noi sorridenti ed euforici partimmo sgasando al massimo la vecchia auto di suo padre e passammo più di due ore a cantare a squarciagola e a girare tutta la città.

Mentre camminiamo, gli chiedo se posso usare lo specchietto del parasole. Voglio vedere il disastro che sono i miei capelli e il trucco con la pioggia. Ed invece i ricci un po' meno gonfi, mi passo una mano per ravvivarli e il trucco, pecca solo il rossetto. Non curante di lui che ogni tanto sento lanciarmi qualche sguardo, prendo il rossetto dalla borsa e me lo passo. Do un ultimo sguardo chiudo lo specchietto e mi accorgo che sta percorrendo una strada che non conosco. "Tim scusa, ma hai sbagliato strada. Hai già superato lo svincolo per Roseburg." E lui "lo so." "E allora hai dimenticato la mia presenza e il nostro appuntamento allo studio" lo guardo stranita. Lui non curante continua a guardare la strada "dimenticarsi di te, seduta al mio fianco in uno spazio cosi stretto e con quelle gambe in bella vista è completamente impossibile" abbasso lo sguardo e arrossisco. "E di sicuro non ho dimenticato il nostro appuntamento di lavoro. Solo che non sarà allo studio. La tua segretaria ha detto che non hai appuntamenti fino alle 5. A proposito ragazza interessante." Interessante? Io direi più stronza manipolatrice. Brutta cretina. "Comunque andiamo a pranzo!" io lo guardo "a pranzo, io e te?" e scoppio a ridere. "Volevi andare con Trevor il coglione perché non con me?" smetto subito di ridere "prima cosa Trevor non è un coglione. Secondo a pranzo si va con gli amici e noi di sicuro non siamo amici. E..." non mi fa finire di parlare "ok ok è un pranzo di lavoro! va bene?" "Non va per niente bene. Andiamo subito allo studio. Da quanto tempo ci stiamo parlando? Due minuti? E già vuoi comandare? Sei impossibile! E io di sicuro non lascio che tu decida per me. Torniamo allo studio. Subito." Ma mentre snocciolo a gran voce ed irritata il mio monologo. Lui spegne l'auto. Mi volto davanti e vedo un piccolo bistrot. "Scendi" dice lui tronfio e fiero. Io divento rossa dalla rabbia. E sussurro un brutto stronzo "scendo scendo, ma non darmi altri ordini che chiamo un taxi e me ne vado intesi" lui sorride "intesi" "e non ridere cazzo, che mi dai ai nervi" scendo, sbotto la porta ed entro nel ristorante. Lasciandolo indietro. Ed è proprio vero certe cose non cambiano mai. Proprio mai.

Fiori D'arancio. Ancora noi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora