Scendiamo dall'auto. Saliamo gli scalini. Tim tira fuori un mazzo di chiavi. Apre la porta, entriamo. Accende le luci. E davanti rivedo quella casa. La casa dei suoi sogni. Dei nostri sogni. Parquèt scuro a terra. Un grosso open space, divani di pelle bianchi ovunque. Quadri appesi alle pareti di paesaggi di mare. Avanzo, lasciandolo indietro. Entro in cucina, mobili bianchi lucidi. Un grosso bancone da cucina di marmo bianco divide la zona cucina dalla sala da pranzo, dove un tavolo di legno massiccio regna al centro dello spazio. Di fronte una lunga vetrata. Come se fossi perfettamente a mio agio, apro le tende scure e mi si apre un mondo. La vetrata affaccia su un portico che arrivata a questo punto già so esattamente come è fatto. Apro la vetrata esco fuori. La brezza di mare mi colpisce in faccia. Il vento gelido di novembre mi fa salire brividi lungo la schiena. Il silenzio mi gira intorno, solo lo sbattere delle onde sulla sabbia mi scuote da quell'attimo di infinito. Giro la testa sulla mia destra. E la vedo. Posizionata di fronte all'oceano, l'altalena. Bianca. Guardo il giardino sotto il portico. Decine di alberi di arance tutte intorno al portico. Scendo i tre scalini velocemente. Mi volto verso la casa. Alzo lo sguardo e sul terrazzo che già so essere della camera da letto padronale, vedo un grosso cartello bianco, sopra a lettere cubitali azzurre leggo "Villa Jenni" mi piego sulle ginocchia. Mi rannicchio a terra e piango ancora. Una voce mi fa sobbalzare "piccola, va tutto bene! Ti prego non piangere. Credevo di farti sorridere non di farti piangere." Mi alzo. Lo guardo. Balbetto. "Quando?" lui esita "quando l'hai costruita?" io guardo di nuovo quella scritta. Ho le braccia lungo il corpo. Tim si mette di fianco a me. Mi prende la mano, me la stringe. Insieme guardiamo dal basso la grossa casa, davanti a noi. "Dopo due anni che sei andata via!" "Ma tu eri già sposato" tentenna "lei non sa di questa casa. L'ho costruita pian piano, insieme ad un gruppo di operai della zona." Mi tira verso il portico. Entriamo dentro. Io non riesco a parlare. Chiude la vetrata, lo vedo prendere due calici. Prende una bottiglia di vino bianco dal frigo. "Ho comprato il terreno, due mesi prima che tu andassi via. Era il mio regalo per il nostro 8 anniversario. Ma tu eri andata via. E io non sapevo che farmene di questo terreno." Versa il vino. Mi offre un calice. Ci spostiamo sul divano. Io mi siedo. Faccio un piccolo sorso. "Per un anno e più non ci sono più venuto. Poi ogni tanto, venivo quando avevo bisogno di non pensare a niente. Quando avevo bisogno di staccare dalla mia vita. Venivo qui mi sedevo in spiaggia e guardavo il terreno." Va verso lo stereo. Mette su un cd. Ed Sheran in sottofondo. "Poi dopo due anni, sono venuto con gli attrezzi di lavoro. Ho contattato questa ditta di qua ed ho iniziato a costruire" si siede sulla poltrona, di fronte a me. Beve un po' di vino. "E' uguale a come l'avevamo sognata." Sussurro. Lui sorride "si è uguale. Ho messo pure l'idromassaggio sul terrazzo della camera da letto. È esattamente come noi l'avevamo progettata." io mi guardo le mani "come hai fatto a nascondere a tua moglie l'esistenza di questa casa?" "Dicevo che dovevo partire per lavoro. Invece venivo qua. E stavo due o tre giorni. Ogni volta compravo qualcosa di nuovo. È stata terminata due anni fa. Ed è da allora che non ci vengo più" lo guardo "perché" lui si alza posa il bicchiere sul tavolino. "Perché?" una risata amara gli scuote il viso "l'avevo costruita come tu volevi. Come noi volevamo. Ma tu non c'eri più. Erano 8 anni che non c'eri più. Ti sapevo sposata, con un altro, felice. Io invece ero rinchiuso in un matrimonio che non ho mai voluto, con una donna che non ho mai amato davvero. Una donna che non ho mai amato quanto te. Dovevo portarla qua? E magari vivere la vita che avevo sempre sognato con te tra queste mura. Impossibile. Era la nostra casa. Non volevo altro che te, ma tu non c'eri. Ma eri in ogni parete, angolo di questa casa. Così ci misi il grosso cartello "villa Jenni" e la misi in vendita." Cammina avanti indietro nel grosso salone. "Così l'ho messa in vendita. Speravo che un'altra coppia felice e innamorata vivessero il nostro sogno. Ma ogni volta che mi chiamavano per vedere la casa. Mi negavo. Non ce la facevo." Si gira verso il grosso camino in pietra che prende tutta la parete frontale. Ci appoggia le mani sopra. Abbassa la testa "credevo di farcela, ma vendere questa casa sarebbe stato come perdere un altra parte di te e io non potevo farlo." E la sua voce così triste, così spenta mi colpisce il cuore. Mi metto una mano al petto. E senza neanche accorgermene. Grosse lacrime calde mi scendono sul viso. Mi bagnano le mani. Mi bagnano il cuore. Si gira verso di me, si avvicina a passo lento. Mi alzo, occhi dentro occhi. Oro colato che si scioglie nella notte. "E poi infondo avevo sempre sperato un giorno, di potertela a vedere. Di averti qui, tra queste mura le stesse che abbiamo progettato insieme. "Mi prende il viso tra le mani "ed ora eccoti qui, bella come non mai, a riempire questo spazio. Sei così piccola, eppure la tua figura sembra così ingombrante tra queste mura!" sospira, avvicina il suo viso al mio, ci sfioriamo con il naso, posa la fronte sulla mia "Baciami Jenni" e io non ci penso un attimo. Mi butto sulle sue labbra. "Perfect" risuona tutta intorno. Non capisco più niente. Non sono io che mi muovo. Non so cosa mi muova. Ma gli prendo il viso tra le mani. Lo bacio. Forte, intenso. Lo divoro e lui divora me. Come presa da una follia senza precedenti, gli tolgo il cappotto. Subito la giacca. Gemiti rochi gli invadano le labbra, invadono le mie. Mi sfila il cappotto. Mi prende per i fianchi, mi stringe a lui. Sento la sua erezione sulla mia pancia. Perdo ogni freno. Gli sbottono la camicia, gli passo le mani sul torace. Dove trovo i nomi delle sue figlie, un po' tutto questo mi inibisce. Ma poi mi ricordo che è solo un padre che ama le sue figlie. Lo spingo sul divano. Lui rimane seduto, e mi guada dal basso con gli occhi velati dal desiderio. Io di fronte a lui, trepidante di eccitazione. Ci guardiamo negli occhi. Mi tolgo la forcina dai capelli, riccioli neri pesanti scendono sulle spalle, li scuoto passandoci le mani dentro. Lo vedo deglutire e la sua erezione nei jeans aumentare. Con un audacia che credo non aver mai avuto, mi porto le mani dietro alla ricerca della cerniera del vestito. La apro, mi sfilo il vestito, che cade pesante ai miei piedi. Resto all'in piedi di fronte a lui, avvolta in un body nero, autoreggenti e tacco a spillo. Lo sento sussurrare "cristo" sorrido, un po' arrossisco. Salgo a cavalcioni su di lui "Dio mi stai uccidendo" mi avvicino al suo orecchio "non aspettarti che il mio corpo sia quello che avevo da ragazza, sono più piena ho le smagliature sulla pancia, ho la cellulite sulle cosce e.." non finisco di parlare che mi ritrovo sulla schiena e lui che mi guarda dall'alto "e non sei mai sta più perfetta di così!" mi bacia duro, forte. Mi passa la lingua sul collo, riempie le sue mani con i miei seni, li massaggia lento, mi tira fuori un capezzolo, lo sfiora, se lo porta in bocca. E io non capisco più niente. Chiudo gli occhi butto la testa all'indietro. Brividi caldi mi salgono dai piedi fino alla testa. La sua bocca non lascia la presa, mi divora. E io lo lascio fare. Mi lascio andare, porto le mie mani sulla sua testa, me la stringo al petto mentre lui continua l'assalto. Sento le sue mani scendere, fino all'attaccatura del body. Lo slaccia. Mi passa le dita sopra le mutandine di pizzo nero. "Dio sento il profumo della tua eccitazione" mi alza il body, me lo sfila e io resto con solo le mutandine le autoreggenti e le scarpe. Scende sulla mia pancia. Bacia ogni piccola smagliatura e io non sento imbarazzo. Mi vergogno di quelle piccole striature bianche, segno indelebile della mia sofferenza. Ma lui le venera, scende con la bocca fino alle mie mutandine alza il viso come a chiedermi il permesso. Annuisco. Le sfila con i denti. Io ringrazio Dio di essermi fatta la ceretta completa, scende con le labbra sulla piccola striscia di peli. Mi apre le gambe con le mani. Mi appoggia una gamba sulla spalliera sul divano. Si porta l'altra sulla spalla. Infila un dito tra le mie pieghe. Affonda nella mia carne. Sussulto ma un calore mi avvolge. Mi lecca il clitoride, una due volte. Lentamente. Aggiunge un altro dito. E dio mi sembra di volare, mi sento così leggera. Bacia ogni piega, prende il mio clitoride tra i denti e io gemo. Forte. Continua l'invasione. Senza alcuna vergogna inizio a muovermi sul suo viso. Porto le mani tra i suoi capelli. E lo spingo più forte. Lecca ogni parte di me. E io sento l'orgasmo travolgermi, avvolgermi. Grido dal piacere. Scintille mi invadono le viscere. "Oddio, oddio, continua, non fermarti!" stringo i suoi capelli tra le mie mani. Chiudo gli occhi, butto la testa all'indietro gridando "si si, oddio si" l'orgasmo travolge ogni parte di me. Resto lì, tramortita da uno degli orgasmi più belli della mia vita. Lui si alza, si slaccia i jeans. E io lo guardo in tutta la sua bellezza. E' più scolpito ora. Il suo corpo è più tonico. Il torace più ampio. Le spalle più grosse. Il suo fisico è più slanciato. Da ragazzo era più morbido. Ma ora, cazzo ora è perfetto. Tira giù i boxer. La sua erezione, svetta fiera sul suo addome. Sulla punta il neo, che ho accarezzato più volte. Con le dita. Con la lingua. Mi lecco le labbra. Cerco di alzarmi ma lui mi ferma "devo entrare dentro di te, ora. Subito" si abbassa su di me mi bacia. E sento la mia eccitazione, sulla sua bocca. "Sei protetta?" vorrei dirgli che Dio mi protegge da anni. Ma annuisco. E con una sola spinta, mi invade. Spinge forte. Mi riempie tutta. Mi riempie il cuore e l'anima. Mi riempie e io sospiro. Come se fossi tornata a respirare. Come se avessi ritrovato il mio posto. Il nostro posto. Spinge. Spinte lente. Esce e poi rientra lento. Mi svuota e poi mi riempie, come mai nessuno abbia fatto. Tranne lui. Come ha sempre fatto solo e soltanto lui. Geme, io grido un "ohhhhh" lui mi sorride sulle labbra. Inizia a spingere più forte. Una due tre volte. Sempre più veloce sempre più affamato. Sempre con più ardore. Impreca "cristo, per anni ho sognato, questa bocca" e spinge ancora. "questo corpo" e spinge ancora più a fondo "questa figa" e spinge più veloce. "te, ho sognato te" dice con voce rotta e rauca, sento l'orgasmo salire. Vedo lui annaspare. Lancia un grido, mentre spinge un ultima volta e si accascia su di me. Gli stringo le braccia intorno al corpo. Lo stringo a me. La sua testa sul mio seno. Il sudore fa attaccare i nostri corpi. Restiamo li, respirando a fatica. Stretti in un abbraccio, che sa di tutto, sa di noi. Sa di paradiso. Ecco il paradiso. È tornato. Per ora.
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Fiori D'arancio. Ancora noi.
Genç Kız EdebiyatıJenni ha 31 anni è un avvocato matrimonialista e la sua vita a Los Angeles è tutta lavoro e carriera. Ma dopo anni trascorsi così, decide di tornare a casa. A Roseburg, Oregon. Non è più la ragazzina insicura e timida che a 21 anni scappa dalla sua...