Capitolo 4.

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"Noi temiamo le cose che desideriamo di più."
(Anthony Robbins)

Erik ed io ci conoscemmo quando entrambi avevamo tredici anni. Avevamo partecipato insieme ad un campeggio estivo, uno di quelli che organizzava la chiesa in estate approfittando del fatto che la neve non ricoprisse interamente tutto il terreno sottostante alle montagne.
Era uno di quei classici campeggi estivi dove si dormiva in tenda, si cantavano canzoncine stupide mentre si passeggiava, e si arrostivano marshmallow davanti al falò di sera, raccontandosi storie di paura.

Ci stabilimmo nelle vicinanze del Mount Mansfield, la montagna più alta di tutto il Vermont, per due settimane. E fu lì, tra la natura, il divertimento e le prime confidenze, che tra me ed Erik nacque qualcosa.

Ricordo che la prima volta che parlai con lui, disse qualcosa che mi fece scoppiare a ridere come una pazza, e da lì non riuscii più a togliergli gli occhi di dosso.
Era un ragazzino buffo: portava degli occhi da vista con la montatura blu, aveva sempre un abbigliamento singolare, e i capelli chiari perennemente scompigliati. Aveva un po' l'aria da nerd, a detta delle mie amiche, ma a me non interessava. Mi aveva fatta ridere, e non lo conoscevo nemmeno.

Ma si sa che chi riesce a strappare una risata o un sorriso, conquista un posto speciale nel cuore di qualcuno. E lui, non so per quale motivo, al mio cuore ci era arrivato piuttosto in fretta.

Ricordo che la prima sera, durante uno dei consueti falò, mi aveva sentita lamentarmi con Allison, la ragazza che si era aperta la famosa libreria/caffetteria, nonché una delle mie più care vecchie amiche, di quanto odiassi stare in quel posto pieno di zanzare e a mio dare, sanguisughe. Allora lui si era voltato verso di me, con gli occhi grigi più profondi che avessi mai visto, e si era messo a sfidarmi al gioco dei perché.

«Perché porti gli occhiali?» iniziai.

«Per il motivo la quale sono fichissimo anche con l'aria da nerd.»

«Perché indossi maglie strane?»

«Per il motivo la quale ho buon gusto.»

Risi. «Ma così è facile! Non puoi usare sempre "per il motivo la quale"! Stai barando!»

«Per quale motivo?»

«Beh, perché...»

«Ahh, lo hai detto! Hai perso, donna! Hai detto perché.»

Presi quella sfida al volo. Giocammo per più di mezz'ora senza sosta, e lui continuava a vincere. Trovava sempre risposte assurde ma intelligenti da darmi, e tra una risata e l'altra, non potei evitare di sentirmi attratta da quel ragazzo. Aveva quel tipo di bellezza che non si sfoggiava con un paio di occhi azzurri e uno sguardo mozzafiato.

No.

Lui aveva quel tipo di bellezza unica.

Era bello, sì, ma aveva una caratteristica che lo rendeva ancora più irresistibile ai miei occhi: la sua mente. Qualunque cosa dicesse, mi attirava a sé come una falena verso il fuoco. Era così, e con gli anni, quella fu l'unica cosa a non cambiare mai.

Dieci anni dopo, però, mai come in quel momento, desiderai ardentemente che non aprisse più bocca.

«Doris, credimi, non hai idea di che spavento mi abbia fatto prendere! L'auto andava così veloce che non mi ero nemmeno accorto di lei, un secondo prima di trovarmela praticamente addosso.» si passò una mano tra i capelli castani, e si schiarì la voce. «Ma il peggio è passato. Per fortuna ero io, e non qualcun altro. Di solito su quella strada vanno tutti troppo veloce, e sfortunatamente Florencia ne è la dimostrazione.»

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