I have so much of you in my heart.
(John Keats)«Non pensavo saresti venuta, alla fine.» mi osservò di sottecchi, mentre riordinava dei libri sugli scaffali.
«Neanche io, se è per questo.»
Poi mi tappai la bocca. «Accidenti.»
Lui sorrise. «Sei sparita da quel giorno in ospedale. Non ti ho più vista, né sentita. Ho pensato che fossi impegnata nell'aiutare tua cognata e tutto il resto.»
«È così. Stiamo cercando tutti di dare una mano in qualche modo. Un giorno tengo io le gemelle, un altro tocca a mio padre, e un altro ancora tocca a mia madre. Non è facile gestire delle bambine così piccole e un neonato.»
«Posso ben immaginarlo.» scoccò la lingua. «Quando Lexi era piccola, mia sorella era sclerata come se ne avessi dieci, invece che una.»
«Bè...»
Alzò lo sguardo, e i suoi occhi incrociarono i miei. «Valeva lo stesso per te?»
Annuii. «I primi tempi, soprattutto, è stato davvero difficile.»
«Mi dispiace. Io...ricordo che quando ti ho visto a quella fiera...»
«Non parliamone più.» gli sorrisi, avvicinandomi alla libreria. «Ne hai parecchi.» gli dissi, sfiorando alcuni libri.
«Sì, abbastanza. Ma non li ho mai letti tutti.»
«Mancanza di tempo?»
«E di voglia.»
Scoppiai a ridere, prendendo un libro di filosofia. «Però, te li sei scelti impegnativi.»
Spostò lo sguardo sul libro che tenevo in mano, e scosse la testa. «Regali inutili di mio padre. A cinquant'anni ha deciso di ricominciare a fare il padre responsabile, e si è messo a regalarmi questi assurdi libri.» fece spallucce. «A dir la verità, qualcuno sembra interessante. Ma diciamo che non era con dei libri di filosofia che avrei voluto riprendere i rapporti con lui.»
Tom, il padre di Erik e Janel, era stato via per parecchi anni. Aveva viaggiato per tutta l'America per "cercare la sua strada". E nel cercarla, aveva perso quella più importante: i suoi figli.
E sebbene dal suo ritorno, a quanto avevo visto, avevano intrapreso un rapporto, era pur sempre un rapporto freddo e un po' bizzarro, e mi stupì il fatto che Erik me ne parlasse, perché la sua famiglia era un argomento tabù per lui.
Era andata in pezzi quando Erik era molto piccolo, e da quella profonda crepa, non si era mai ripreso del tutto, anche se cercava di nasconderlo.
«Ma cambiamo argomento.» disse, senza lasciarmi il tempo di rispondere. «Tu stai bene?»
«Sì. Sì, certo che sto bene.» risposi senza guardarlo.
«Pessima bugiarda.» sentii il suo fiato sul collo, e istintivamente mi irrigidii.
Era alle mie spalle, e non avevo il coraggio di voltarmi. Avevo paura di guardarlo. Quegli occhi color ghiaccio mi avevano fatto commettere pazzie troppe volte, e avevo paura che quella sera avrei commesso l'ennesima, se fossi cascata dentro il suo sguardo.
«Fino...fino a poco fa dicevi che ero un'ottima attrice.» bofonchiai.
Ridacchiò. «Dipende dai casi. Quando sei sicura di te, sei brava a mentire. Ma quando sei messa con le spalle al muro, o quando sei in un momento delicato, non riesci a farlo. Non potresti nemmeno volendolo.»
Vero. Tutto vero.
«Erik...»
«Sì?»
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Dalla tua parte
Chick-LitQuando hai diciotto anni, sai poco della vita. Il mondo ancora non ha una forma distinta, e tutto sembra non avere un senso, ancora. E quando il mondo di una diciottenne viene invaso da pannolini, tutine, sonagli e ninna nanne, quel mondo assume una...