Capitolo 14.

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Dimenticare il dolore è difficilissimo, ma ricordare la dolcezza lo è ancora di più. La felicità non ci lascia cicatrici da mostrare. Dalla quiete impariamo così poco.(Chuck Palahniuk)

Erano le sette in punto.

Eravamo fuori casa Maxwell, e Noely batteva i pugni sulla porta, tremando per il freddo.

«Erik! Siamo Noely e mamma! E qui fa freddo. Muoviti ad aprire!» la vocina di mia figlia si fece più acuta del normale mentre batteva i denti.

Ridacchiai, sistemandole il berretto sulla testa. «Pazienza, mi amor. Con gli uomini serve un barattolo gigante di pazienza.»

Pochi secondi dopo, un Erik in versione casalingo venne ad aprirci la porta. Indossava un pantalone nero della tuta ed era a petto nudo. I capelli castani erano bagnati, in disordine, e il suo viso era sconvolto.

«Cazzo, che freddo. Entrate.» afferrò Noely dal braccio, e la trascinò in casa. Io li seguii, sperando di mascherare il mio imbarazzo.

Eh sì, Erik era proprio un uomo fatto e finito, con una tartaruga così ben scolpita e levigata, che credetti si fossero messi degli artigiani di prima qualità a scolpire su quel torace immacolato.

Non potei guardare ulteriormente perché a) sarei sembrata una pervertita e b) c'era mia figlia di fronte a noi che lo guardava storto.

Appena la porta si chiuse alle nostre spalle, Noely allungò una mano con il palmo aperto verso Erik, battendo un piede per terra con fare impaziente.

Lui alzò gli occhi al cielo, capovolse un vaso usato come soprammobile all'entrata, e tirò fuori due dollari, che mise in mano a mia figlia.

«Noely!» esclamai inorridita da quel gesto. «Ridai subito quei soldi a Erik.» poi li guardai entrambi. «Ma che cavolo succede?»

«Ma mamma, questo è il nostro patto! E i patti si rispettano.» rispose mettendo su un finto broncio.

Erik ridacchiò, facendomi cenno di togliermi il cappotto. «Va tutto bene, Flor. Gliel'ho insegnato io.» avrei voluto chiedere quando, ma evitai. «Ricordi che devo dare una monetina a Lexi ogni volta che dico una parolaccia?» chiese.

Annuii.

«Bene. Tua figlia si è coalizzata con mia nipote, e stanno cercando di insegnarmi le buone maniere, mettermi in riga e tutte quelle cose lì. Quindi è un gesto caritatevole, il loro. Non sgridarla, sta facendo del bene alla comunità, in fondo.»

Alzai gli occhi al cielo, mentre guardavo Noely correre incontro a Lexi che scendeva dal piano superiore. «Solo tu potevi avere questa trovata assurda.» bisbigliai.

«È un insegnamento, non una trovata assurda. Devono imparare che per ogni azione sbagliata, c'è una conseguenza poco piacevole. A te piacerebbe avere una figlia che dice di continuo "ma che cazzo!" o "porca puttana!"? Bè, a me no, e credo nemmeno a te, conoscendoti. Inorridisci persino quando senti imprecare un uomo adulto e maturo.»

Gli porsi il mio cappotto, e mi sistemai i capelli. «Non fingere di essere il bravo discepolo della Montessori, Erik. Lo sanno persino i muri che ogni tre parole dici una parolaccia.»

«O un'imprecazione.» aggiunse.

Risi.

Mi fece cenno verso la cucina, che in quel momento sembrava un campo di battaglia, e scosse la testa.

«Niente domande, ti prego.»

Un sorrisetto mi increspò le labbra. «Pizza fatta in casa? Non sapevo che ne fossi capace.»

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