Non lasciare che il tuo cervello interferisca con il tuo cuore.
(Albert Einstein)Eravamo tutti estasiasti per la nascita della piccola Florencia Maelle.
E io ci avevo visto giusto, pensando che sarebbe stata una femminuccia.
Avevo insistito affinché non le mettessero il mio nome, ma Gwen era stata irremovibile: aveva detto...
«Senza di te non ce l'avrei mai fatta, Flor. Sul serio. Ero stremata, avrei voluto mollare. Ma tu hai superato le tue paure per me. Per noi.» mi aveva sorriso, accarezzando la testolina scura della mia nipotina. «Sei entrata in quella sala parto, e mi hai dato la forza per mettere al mondo questo fagottino. Sei una persona coraggiosa, forte e tosta. E vorrei, e spero con tutto il cuore, che mia figlia prenda da te.»
Mi ero emozionata. E tenere quel piccolo scricciolo tra le braccia aveva riportato a galla tante emozioni che avevo sepolto nel profondo, dentro di me. E che uscendo, stavano mettendo a dura prova la mia intera esistenza.
Noely trascorreva tutto il suo tempo libero a casa di mio fratello, facendo compagnia alle gemelle, che, a detta sua, stavano buone solo c'era lei con loro.
Mia madre faceva altrettanto.
Cercavamo tutti, in un modo o in un altro, di dare una mano a Gwen e Thiago.
La nascita di un bambino porta sempre tanta gioia, ma anche tanto scompiglio. Soprattutto se, come in quel caso, c'erano di mezzo due bambine sotto i tre anni. Mio nipote Harry era un santo, un piccolo ometto tutto fare che era cresciuto velocemente perché amava prendersi cura delle sue sorelle minori.
«Hai intenzione di chiuderti qua dentro fino a mezzanotte anche oggi, eh ragazza?» mi domandò Lavone, iniziando a spegnere il computer.
«Mi mancano gli ultimi dettagli per ultimare il vestito.» le risposi.
«Diamine, ragazza. Ci lavori da quasi un mese, e ci hai dato dentro alla grande. Ma adesso prendi un respiro e staccati un po', o rischierai sul serio di impazzire.»
«Non corro questo rischio. Ma grazie lo stesso, Lavone.»
Attaccai dei lustrini al corpetto, e quando mi cadde l'intero scatolone a terra, quasi mi misi a piangere.
«Flor, cosa stai facendo?» la sentii chiedere.
«Sto raccogliendo i lustrini.»
Grugnì, e mi sollevò da un braccio. «Vieni, su, alzati.»
Non riuscivo a guardarla negli occhi. Mi mise una mano sotto il mento per farmi alzare il viso. «Intendevo cosa stai facendo della tua vita, ragazza. Cosa ne stai facendo?»
Scossi la testa. «Sto cercando di dare un futuro a mia figlia.»
Forse risposi più duramente di quello che avrei voluto, ma Lavone non se ne curò. A volte credevo che mi conoscesse meglio di chiunque altro.
«Tu stai cercando di tenere a bada il tuo passato, soffocandoti nel presente, tesoro mio. Ecco cosa stai facendo. E questo non va bene. Ecco, vieni.» mi mise una mano sulla schiena, e mi fece sedere sul divanetto. «Adesso io preparo un po' dell'odioso caffè che detesti tanto, e tu mi spieghi perché hai l'aria di chi non trova pace.»
Dopo aver preparato quell'odioso caffè, Lavone si sedette di fianco a me, e alzò un sopracciglio. «Allora, mi vuoi spiegare cosa c'è che non va?»
«Capovolgi la domanda.» risposi sarcasticamente.
Ridacchiò. «Accidenti, sei più dura di quanto credessi. Bene, allora, cosa c'è che va, Flor?»
«Assolutamente niente.»
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Dalla tua parte
Chick-LitQuando hai diciotto anni, sai poco della vita. Il mondo ancora non ha una forma distinta, e tutto sembra non avere un senso, ancora. E quando il mondo di una diciottenne viene invaso da pannolini, tutine, sonagli e ninna nanne, quel mondo assume una...