Capitolo 18.

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Prima di iniziare, vi consiglio di leggere questo capitolo ascoltando: Ballad of the Mighty, di Noel Gallagher. E sì, io, proprio come Flor, lo adoro ahahah!


Vedi cara, certe crisi son soltanto segno di qualcosa dentro che sta urlando per uscire.
(Francesco Guccini)

Quando senti il cuore schiantarsi per la prima volta, non puoi evitare di scoppiare a piangere.

È stato così per tutti, ci scommetto.

L'essere umano non è mai preparato alla sofferenza, soprattutto, non quando sembra che il mondo giri attorto a sé.

E così quando arriva per la prima volta, non lascia scampo. Le emozioni fuori escono come lava incandescente. Non le puoi fermare, o tentare di controllarle.

È come se loro avessero vita propria, e tu non puoi fare un bel niente per cercare di ricomporre i pezzi del tuo cuore sparsi per tutta la stanza.

Non puoi e basta.

Devi lasciare che quella sofferenza ti scorra addosso. Devi lasciare che le lacrime scorrano sul tuo viso, a volte una goccia per volta, altre volte invece ti inonderanno il viso. Lo bagnerai di vissuto, di dolore. E ancora non lo sai, ma saranno proprio quelle a darti la forza.

Devi permettere al tuo cuore di battere un po' più velocemente, e alla tua bocca di emettere gemiti di sofferenza, alcune volte. Lo devi fare, perché quando non conosci il dolore, non puoi controllarlo, e tantomeno dominarlo.

È lui che domina te.

E per controllarlo, serve esperienza, forza, e a volte, un aiuto, come quello che mi stava versando Allison nel bicchiere per la quinta volta.

O forse era la sesta.

«Diamine, se avessi saputo che andavi matta per il Baileys avrei chiesto a Gerry di portarmi la scorta per almeno due mesi.»

Non risposi.

Ero ben consapevole che quel comportamento non era da me. Non mi ero mai gettata sull'alcol. Nemmeno quando Roy ci aveva lasciate.

Nemmeno quando, subito dopo il parto, il "padre" di mia figlia spariva per settimane, lasciandomi sola tra poppate, pannolini e libri di scuola.

Non lo avevo mai fatto. Preferivo crogiolarmi nel mio dolore, ma senza esternarlo.

Ma quella sera non potevo non farlo.

Quella sera ero distrutta.

Sebbene fossero passate quasi due settimane dalla cena tra amici mia e di Erik, avevo il cuore a pezzi.

Cercavo di evitare quello che sentivo con tutta me stessa. Respingevo i miei sentimenti. Ed era un po' come respingere l'aria che respiravo.

Faceva un male assurdo.

Era quasi mezzanotte.

Quella sera avevo cenato con tutta la mia famiglia, compresi Thiago, Gwen e i miei nipoti.

Avevo trascorse ore a parlare con mia cognata, la persona più buona e dolce del mondo.

Era comprensiva, sapeva sempre cosa dire, ed era praticamente come se fosse mia sorella. Si era messa con Thiago quando avevano quindici anni, e io ne avevo sette.

Ero cresciuta con la sua presenza costante, e anche quando vivevo a Chicago, lei cercava di chiamarmi tutte le sere per sapere come andavano le cose.

Dopo la cena e le chiacchiere, Noely era crollata verso le undici, insieme alle gemelline e a Harry.

Una volta uscita di lì, mentre stavo per andare da mia madre, avevo visto Thiago e Gwen coricati sul lettino della stanzetta di Noely dove lei non dormiva mai.

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