Capitolo 9.

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"Il primo dolore è il peggiore, ma se sopravvivi, quelli che vengono dopo si chiamano esperienza."

(Federica Bosco)

«Ragazza, se continui a tirare questo dannato corpetto finirai per far saltare tutto quanto il lavoro di ore e ore e ore! E fidati che non saresti felice di vedere la mia reazione.» mi rimproverò Lavone, abbassandosi sul naso gli occhiali da vista con una montatura rettangolare rosso fuoco e guardandomi storto. Poi il suo sguardo si fece preoccupato. «Ma che ti prende? Vuoi fare una pausa? Sei più isterica del solito stamattina, ragazza. Mi stai irritando.»

Scossi la testa. «No, scusami. È solo che...ho la testa da un'altra parte. A che ora arriva Helene?»

Guardò la parete alle sue spalle. «Tra tre quarti d'ora. Il che vuol dire che hai mezz'ora per prenderti una pausa, poi ultimiamo questo benedetto corpetto e siamo apposto.» tossì, impiegandoci un paio di secondi per riprendersi dall'attacco.

«Dovresti smettere.» le dissi, sapendo che lei avrebbe capito.

«Tesoro, abbiamo tutti il nostro tallone di Achille. La nicotina è il mio, e non credo di volerci rinunciare. Mi rilassa. Il tuo, a quanto pare, è quello di non saper nascondere quello che provi.»

Continuai ad attaccare degli strass sul corpetto di quel vestito vaporoso, consapevole che Lavone, pur conoscendomi da poco, aveva colpito nel segno.

«Chi è lui?» mi domandò, sollevandomi il mento per guardarla in faccia. «Sembri piuttosto scossa. E confusa. E incazzata nera. Tendenzialmente solo un uomo che ti interessa può scatenare un casino del genere.»

«Lui non esiste. E non sono né scossa, né confusa e tantomeno incazzata nera. Figurarsi interessata, poi! Ti ricordo che sono passati pochi mesi da quando Roy lo Stronzo ci ha abbandonate, e di certo non sono così cretina da innamorarmi di nuovo.»

«Ne sei sicura?» spostò la testa da un lato, studiandomi.

Annuii. «Certamente.»

«Beh, se lo dici tu.» alzò le mani, e si alzò. «Fammi un favore, piuttosto,» tirò fuori dalla tasca dieci dollari, «va' in quella strana caffetteria/libreria all'angolo della strada, e prendi una fetta di red velvet, qualche biscotto, un caffè nero e quello che vuoi per te. Fai pure con comodo, questa è la tua pausa e non presentarti qui prima dei trenta minuti, perché troverai la serranda chiusa.» bofonchiò. «State iniziando a mettere di mal umore anche me.»

La guardai confusa, ma lei si limitò a mandarmi fuori con un cenno della mano. «Tu, e chiunque ti renda così bisbetica.»

Uscii fuori, e quando svoltai all'angolo, mi trovai davanti ad una vetrina bellissima. Un grande albero di Natale era posto al centro, con delle palline colorate e le lucine che lo rendevano molto appariscente. Di lato, un tavolino e delle poltrone rosa, stile anni '70, e sopra questo, delle mensole con dei libri riposti ordinatamente.

Mi ricordai improvvisamente di quando Norman mi aveva detto che Allison si era aperta quello strano punto di ritrovo che andava un sacco tra i giovani.

Varcai la soglia, e rimasi colpita quando, al mio fianco, un pupazzo di neve meccanico mi diede il benvenuto. Sobbalzai, e poi vidi che mi aveva lasciato per terra un bigliettino.

Il segreto per andare avanti, è iniziare.

Sally Berger

«Ma cos...»

«Sono dei bigliettini motivazionali.» disse una voce alle mie spalle.

Mi voltai.

«Ciao, sono Allison.» mi sorrise, porgendomi la mano, che strinsi. «Ci conosciamo? Hai un viso familiare.»

Dalla tua parteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora