Capitolo 23.

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Prima di iniziare il capitolo, vi consiglio di leggerlo ascoltando Walls di Louis Tomlinson!


Gli uomini, in certi momenti, sono padroni del loro destino. La colpa non è delle nostre stelle, ma di noi stessi.
(William Shakespeare)

«Noely, ti scongiuro, potresti muovere quel bel sederino e venire a metterti il cappotto? Siamo in ritardo, saranno già tutti lì!»

«Arrivo mamma! Devo scegliere solo gli orecchini da abbinare. E la borsetta con i trucchi! Dove l'hai messa?»

«Oh mio Dio.» sbuffai, buttandomi a peso morto sul divano.

«Guarda che tu alla sua età eri tale e quale, niña.» sorrise mia madre, venendo a sedersi di fianco a me. «Pensa che pretendevi che abbinassi il colore delle mutande, con quello dei vestiti che indossavi!»

«Oh, mamma...ti prego, non dirglielo per nessuna ragione al mondo. Ancora non è arrivata a quel punto, e io non credo che sarò mai pronta psicologicamente ad una fase simile.»

«E ancora non sei arrivata all'adolescenza.» rise, circondandomi in un abbraccio.

Mia madre era una tipa espansiva. Ce l'aveva nel sangue. Era calorosa, adorava il contatto fisico ed era una gran coccolona.

Quando ero piccola non mi permetteva di andare a dormire se prima non passavo almeno dieci minuti con lei sul divano per il nostro momento "coccole".

Sfortunatamente per lei, né io né Thiago avevamo ereditato questo lato del suo essere. Ed entrambi, eravamo una versione in miniatura di mio padre: apparentemente freddo, ma che si scioglieva davanti ad una semplice parolina dei suoi nipoti, o ad una carezza di mia madre.

O ad una figlia di diciotto anni con il pancione.

«Noely conterò fino a tre, e se non scendi me ne andrò da sola!» urlai, facendo alzare gli occhi al cielo a mia madre.

Abbottonai il cappotto nero che mi arrivava fin sotto la vita, e andai davanti allo specchio per sistemarmi i capelli boccolati.

«Uno!»

Silenzio.

«Due!»

Ancora silenzio.

«Noely, guarda che dopo il due viene il tre! E non dirmi che non sai contare, perché io...»

«Mamma, perché gridi tanto? Guarda che ero dietro di te già quando ti sei alzata per sistemarti la criniera.»

Mi voltai, gettando un'occhiataccia a mia figlia. «La mia criniera?» le chiesi sbigottita, osservando i miei capelli folti.

Fece spallucce, frugando nella sua borsetta. Tirò fuori un burro cacao alla ciliegia, e se lo passò sulle labbra come se avesse già diciotto anni e quello fosse un rossetto. «Il nonno chiama così i tuoi capelli perché dice che sembri una leonessa. E infatti è così, mamma. Me lo hai insegnato tu che le leonesse hanno la criniera.»

Mia madre scoppiò in una fragorosa risata, mentre io guardata ancora stranita l'esserino lì davanti che avevo messo al mondo.

Precisamente, in quale momento era cresciuta così tanto?

«...créme brulée, mousse al cioccolato, brest ai lamponi, macarons, crepes, bignè, tarte tropezienne...»

Cherri, la sorella maggiore di Allison, ci stava fornendo la lista, con tanto di descrizione dettagliata, dei dolci che imbandivano la lunga tavolata, mentre suo marito, Léo, tradizionalista francese che si rispetti, con ancora indosso il cappello da chef, conquistava i cuori delle giovani signore offrendogli degli assaggini di Viennoiseries, e strani dolci con crema Ganache.

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