Abbandonata

16 5 0
                                    

Buio.

Nient'altro la circondava in quello strano luogo.

Silenzio.

Nient'altro raggiungeva le sue orecchie, facendo vibrare i suoi sensibili timpani.

Paura.

Questo era ciò che provava. Ed era tutto ciò che bastava perché potesse sentirsi viva in quel posto. Tutti i brividi, le brutte sensazioni, le limitazioni poste dal suo stesso corpo, incapace di muoversi di un millimetro, passavano in secondo piano, al cospetto di quella paura che l'aveva attanagliata.

Dov'era? Che stava facendo? Non se lo chiedeva più ormai. Non serviva a niente saperlo. Bastava solo che fosse pienamente cosciente della sua impotenza e solitudine, che sapesse di essere una preda in quel luogo sperduto. E che non sarebbe più tornata a casa.

Delle strane vibrazioni riempirono l'aria. Era come se uno sciame di mosche si stesse gradualmente avvicinando a lei. Era insopportabile, ma non ebbe la forza di mostrare il proprio fastidio; rimase immobile, schiena dritta, a fissare il vuoto, nella speranza che si accendesse una luce e le mostrasse qualcosa. Niente. La sua attesa era vana. Sarebbe morta per la tensione.

Quando quel fastidioso ronzio ebbe raggiunto il culmine della propria forza, improvvisamente si arrestò, e Ib mostrò un misto di spavento e sollievo sul proprio volto. Non si rese conto di avere compagnia finché non sentì un passo alle proprie spalle. Si girò di scatto, spaventata da quel rumore inaspettato e si sorprese a vedere l'uomo che l'aveva difesa e accompagnata nel suo viaggio, Elias Dawson, che la fissava con un'espressione enigmatica in viso.

Ib sentì il cuore accelerare come se stesse correndo; era una sensazione terribile non poterlo controllare. Cercò di parlare, ma dalla sua gola non uscì alcun suono. Cercò allora di avvicinarsi, ma le sue gambe non si mossero. Era costretta e rimanere lì, a lasciarsi fissare senza poter comunicare con nessuno, quasi come un animale raro rinchiuso in una gabbia.

Dopo uno sforzo immane che le strappò un gemito di dolore, Ib sembrò riuscire a liberare la propria voce da quelle catene che la imprigionavano e lanciò un urlo addolorato:<<Perché?!>> Chiese disperata, sperando che lui comprendesse. Ovviamente no, ma in verità l'uomo non sembrava neanche ascoltarla. <<Perché fai così?>> Chiese in un secondo momento, quando il dolore si fu attutito un poco. Si costrinse a respirare profondamente, cercando di controllare i battiti cardiaci in quel modo, mentre Elias la fissava in silenzio senza mai cambiare espressione o posa.

Quando la ragazza ebbe aperto gli occhi, dopo che fu sicura di poter andare avanti senza collassare, vide l'uomo voltarsi lentamente fuggendo al suo sguardo. <<Aspetta!>> Cercò di urlargli contro lei, ma la sua voce non smosse la sua coscienza. <<Perché fai così? Perché l'hai uccisa?>> Di chi stava parlando? Si riferiva a Sirena? Perché era saltata direttamente a quella parte? Si trattava dell'evento che aveva scosso di più Elias, e da quel momento in poi l'uomo si era comportato diversamente, senza mai tornare lo stesso di prima. Era ovvio che lei c'entrasse qualcosa in tutto quello, ma perché?

Il signor Elias ignorò le sue domande senza neanche fermarsi e scomparve nel buio. Ib gli urlò inutilmente di non lasciarla sola, e si ritrovò nel buio un'altra volta, nel silenzio più totale dove i suoi battiti cardiaci erano perfettamente udibili, quasi innaturali. Sudava, spaventata da quella situazione così incredibile. Rilasciò un piccolo acuto impaurito quando una voce alle sue spalle le lanciò un'accusa.

<<Perché mi hai uccisa?>> C'era risentimento in quella voce, Ib la riconobbe subito e si voltò terrorizzata e confusa, senza capire perché parlasse con lei. Sirena era distante da lei, ma la fissava con asprezza e con occhi di ghiaccio, come se fosse a due passi dal suo viso. <<Sirena...>> Mormorò impaurita la ragazza con voce tremante, che non capì che cosa volesse intendere con quella domanda.

La rosa biancaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora