Capitolo 19

1K 41 1
                                    

Faith's POV
Non so nemmeno che ore siano non avendo un orologio.
Riportiamo a casa Beth che a stento riesce a camminare, e alcune persone si affacciano alla finestra per vedere chi è che canta a squarciagola per strada.
Mi erano mancate queste situazioni: non sempre ti accorgi di quello che hai intorno fino a quando non c'è più, e anche se prima non davo valore a tutto ciò ora ne sento la mancanza, come la mia famiglia.

La facciamo entrare in casa e la aiutiamo a togliere i vestiti.
Quando finalmente si addormenta ce ne andiamo e Juliette si offre di accompagnarmi all'hotel.
"Hai già visto i tuoi genitori?"
"No, li vedrò domani pomeriggio. Voglio fargli una sorpresa"
"Saranno molto felici. E dimmi... come vanno le cose con l'Alpha Sexy?"

Rido per questo nomignolo assurdo, che però gli si addice.
"Male"
"Come mai?"
"È una di quelle persone troppo complicate che poi rendono il rapporto tossico. Quando sono con lui è come se mi dividessi: una parte di me resterebbe con lui ancora e ancora, ma l'altra parte mi avverte che mi farà soffrire, anche se in parte lo sta già facendo"

"In che senso lo sta già facendo?" Mi chiede arrabbiata.
"Ti ho già detto che ha dei segreti: scompare, ricompare, mi vuole, mi lascia sola.
Oggi ad esempio stavamo... hai capito, e ad un certo punto il suo telefono squilla e se ne va così, senza dirmi nulla"
Probabilmente riesco a parlarle così facilmente grazie all'alcool, perché altrimenti starei già piangendo come una fontana.

"Merda, non è che sei la protagonista di qualche film per adolescenti?" Mi prende in giro e io la spingo.
Nel tragitto verso l'albergo iniziamo a ricordare tutte le cazzate che abbiamo fatto insieme e ridiamo come delle matte.
"Mi sei mancata moltissimo" dico quando arriviamo alla porta.
"Anche tu! Ci rivediamo prima che parti, e se non puoi per via di quello stronzo ti vengo a prendere io! Ti voglio bene" mi abbraccia e se ne va canticchiando.

Apro la porta della suite lentamente, sperando di non vedere Kevin... e il mio desiderio si avvera.
Vado un po' in terrazza per godermi il panorama della mia città: lasciare Londra per andare a Chicago è stata una scelta molto importante sicuramente giusta, ma la nostalgia non manca e in questi momenti vorrei solo rimanere qui, forse per sempre.
Rivedere le mie amiche, specialmente Juliette, mi ha fatto capire che la distanza non ha cambiato i nostri rapporti, e che ci sosterremo sempre e comunque.

Domani finalmente rivedrò anche la mia famiglia e sono sicurissima che mia madre mi vedrà dimagrita, anche se non lo sono!
Sono ansiosa invece di cosa dirà mio padre, che ha sempre fatto di tutto per me e ora che non può più controllarmi sicuramente avrà qualcosa da criticarmi.
Lascio da parte questi pensieri e mi siedo su un tavolino.
E pensare che fino a poco tempo fa non vedevo l'ora di andarmene da questa città per vedere com'era il mondo!

Un rumore mi fa tornare alla realtà e quando giro la testa lo vedo fissarmi sullo stipite della porta.
Non ho nulla da dirgli, non voglio rovinare questa serata così spensierata e serena che ho passato.
Mi squadra dalla testa ai piedi, e a giudicare dal colore dei suoi occhi deve aver bevuto molto.

Mi alzo e faccio per rientrare ma lui, senza spostarsi, mi blocca il passaggio con un braccio.
"Parlami" dice con voce roca.
Alzo lo sguardo e i nostri occhi si incontrano.
"Cosa devo dirti?" Dico indifferente.
Mi fissa senza rispondere.
Sbuffo e passando sotto al suo braccio me ne vado in camera: starà sicuramente cercando un discorso per iniziare a litigare con me.

Non sento più la sua voce, credo si sia addormentato, e posso finalmente andare a dormire anche io. Domani sarà una lunga giornata, rivedrò i miei genitori, ci sarà l'incontro di lavoro e il gala... chissà cos'altro.

"No!" I miei occhi si aprono di scatto.
Che cosa stavo sognando? Non ricordo nulla.
I lamenti che seguono mi fanno capire che non sono stata io a pronunciare quella parola.
"No..."
Mi alzo di scatto e tremolante dal freddo attraverso il salotto fino ad arrivare al suo letto.
Kevin sta stringendo con i pugni le lenzuola e ha la fronte aggrottata, è madido di sudore.
Cerco di scuoterlo ma lui non si sveglia, così urlo il suo nome: i suoi occhi si aprono in un secondo.

Respira affannosamente, si alza dal letto e si porta le mani alla nuca.
La sua schiena nuda mi distrae ma quando si gira a guardarmi noto che ha lo sguardo cupo.
"Vattene" mi dice.
Sgrano gli occhi: non so più cosa fare con quest'uomo!
"Sono solo venuta a..."
"Ho detto vai via" ripete più lentamente.
Mi sta mettendo paura, ma non può trattarmi così.

"Sei ancora ubriaco?"
Lui fa un respiro profondo e poi finalmente si volta verso di me.
"Quante volte dovrò ripeterti di andartene prima che tu lo faccia?"
"Volevo solo aiutarti"
"Non ho bisogno del tuo penoso aiuto"
"Ma chi ti credi di essere per trattarmi in questo modo?"
"Il tuo capo" fa un sorriso malefico.
"Vaffanculo Kevin!"

Me ne torno a letto e inizio a piangere silenziosamente.
Sono appena arrivata a Londra e lui mi fa già piangere, lo odio!
Non si merita un secondo in più del mio tempo, domani non gli rivolgerò parola.
***

Sento il materasso sprofondare, così apro un occhio e non vedo nulla essendo ancora notte.
Il materasso continua a muoversi così mi giro sul letto e vedo Kevin: si appoggia al cuscino e mi accarezza il viso con una mano.
"Perdonami Faith"
"Ti odio" sussurro.
"Non è vero" dice con voce malinconica, come per convincere se stesso piuttosto che me.
"Vattene via" cerco di spingerlo.
"Perdonami, mi hai colto in un attimo di debolezza e io... mi sono comportato da stronzo come sempre" mi stringe più forte a se.
"Domani non farò finta di niente" lo avverto e lui mi da un bacio su una spalla.

Il segreto del mio capoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora