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Guardo Mattia negli occhi: non lo guardavo così spesso con attenzione.
"Sono ancora arrabbiata con te" dico, stendendomi a pancia sotto e piedi in aria sul letto.
"E se Dio avesse detto ad Adamo ed Eva di non farlo nel giardino solo perché lui li poteva vedere? Non saremmo esistiti!" esclama lui, io rido.
"Ci credi sul serio?" lui mi guarda un po' spiazzato: sicuramente non si aspettava quella risposta.
Probabilmente quando ieri mi ha definita una santa lo pensava sul serio.
"credevo di poter usare la carta religione con te, e invece" dice, un po' triste.
Guardo il mio riflesso nel cellulare.
È scomodo non avere uno specchio.
"Dio mio, perché in questa stanza non c'è uno specchio?" dico lamentandomi tra me e me.
dopo un paio di minuti di silenzio mi rifà la stessa domanda: "Vuoi venire a fare colazione con me?" ora lo chiede con il tono che usano i bambini quando implorano i genitori a comprare il giocattolo dei propri sogni.
è divertente quando non si prende sul serio.
fosse sempre così, magari mi andrebbe a genio.
"E la ragazza di ieri? perché non fai colazione con lei?" chiedo, facendogli cambiare espressione.
Diventa pensieroso per qualche minuto, poi mi guarda di nuovo con lo sguardo di chi ha fatto una cosa stupida e ridicola.
"Non mi ricordo come si chiama" dice a denti stretti, mentre incrocia le dita delle mani.
Lo guardo spiazzata.
"Ma sei stupido allora"
"Ti prego vieni a fare colazione con me" questa volta lo dice imitando anche la voce dei bambini, inginocchiandosi a terra all'altezza del letto, cacciando il labbro inferiore e sbattendo gli occhi.
Rido per un paio di minuti dinanzi a quella scena, ma alla fine accetto.
"Prima e ultima volta che mi vedi così" dice, facendosi serio.
"Sisi, certo Polibio" rido ancora.

Stranamente Mattia non dice stronzate durante la nostra colazione, ma semplicemente condivide le cuffiette con me, e avendo gli stessi gusti in fatto di musica su questo non ci sono problemi. Una colazione piacevole e molto breve, anche perché c'eravamo solo noi, fortunatamente già avevano "cucinato".

Dopo colazione incontro Addy al bar, e saliamo in camera sua.
Passiamo il pomeriggio insieme, e prendendo confidenza rido sempre di più, già adoro quella ragazza.
Tuttavia, non vedo Alejandro da ieri sera, sono un po' preoccupata, ma andando in cerca di Mattia, Alvaro e Kairi per il campus insieme ad Addy non trovo neanche loro.
Così decido di rassegnarmi.
Non ho nemmeno uno dei loro numeri.
Il pomeriggio lo passo provando vestiti di Addy e viceversa.
"Fammi vedere una cosa" dice la bionda, aprendo l'armadio di Mattia.
Prende un paio di jeans e se li prova, le stanno così larghi, è esilarante.
Decido così di provare anche io qualcosa di suo, ma non mi spoglio: resto con i vestiti addosso.
mi provo la sua maglietta del calcetto, e vedendo quanto mi sta lunga io e Addy scoppiamo a ridere.
Provo anche il pantaloncino e prendo il pallone che ha portato.
Inizio a pensare a Mattia da piccolo, e mi viene da ridere.
Provo a palleggiare con il suo pallone.
Vorrei imitarlo, ma Addy non lo conosce.
mi tolgo le sue cose da dosso e io e la bionda ci buttiamo sul letto sfinite dalle risate.

A ora di cena trovo tutto il gruppo seduto al tavolo come niente fosse.
Non so se sedermi con loro o con gli amici di Addy.
Le dico che stasera passo. Voglio prima conoscerli.
Non so se sono più arrabbiata con Mattia o con Alejandro.
Non so se andare lì e dare di matto oppure non dire niente.
Vedo Mattia che ride e scherza, e mi viene l'impulso di correre da lui e dargli uno schiaffo, ma mi fermo.
Sono più arrabbiata con Mattia.
Decido di andare tranquillamente e chiamare l'idiota da parte.
Arrivo e i ragazzi mi salutano, ma non gli do tanto peso, tanto che il mio sguardo resta posizionato sul moro che non mi da tregua.
"Puoi venire un attimo?" gli chiedo, lui annuisce e usciamo fuori dall'edificio.

Tengo le braccia incrociate al petto, e lo guardo come volessi invitarlo a parlare, ma non dice niente.
"Dove siete andati?" mi sento ridicola a dirlo ad alta voce, sembro veramente una madre.
"Che importanza ha?" risponde lui, pensandola evidentemente come me.
"Ce l'ha. E se fosse successo qualcosa?" la cosa sta degenerando, sembro sempre più stupida.
"successo cosa?" Mattia vede che sono in difficoltà, allora alza un sopracciglio e sorride.
"Ti mancavo?" chiede, convinto che quella fosse la ragione.
"Cosa? No." dico, ridendo quasi.
Lui è più serio.
"Ti mancavo" ripete, questa volta sicuro.
"No, ma Alejandro si" ribatto.
"La verità è che sono ancora arrabbiata per ieri" ammetto, invece di continuare questa interpretazione pietosa.
"Cosa? Credevo fossimo a posto" rimane un po' spiazzato.
"Non siamo a posto Polibio, non siamo mai stati a posto. Due azioni gentili non ti perdonano i peccati" spiego, lasciando andare le braccia lungo i fianchi.
"Ne possiamo parlare più tardi?" mi chiede lui.
Effettivamente, sarebbe l'ideale. Nella nostra stanza gli posso dare tutte le sberle che voglio senza aver paura di essere giudicata dalla gente che passa. E io voglio tanto schiaffeggiarlo.
Annuisco poi torniamo al tavolo con i ragazzi.

the one // mattia polibio wattys 2020Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora