Silence

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Questo è l'ultimo capitolo di una storia che non leggerete mai, e forse è questo che lo renderà più affascinante ai vostri occhi.
Il titolo riassume un po' la trama di tutta la storia, incentrata appunto sul silenzio, l'incomunicabilità.
Godetevelo.

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Silenzio.
Era l'unica cosa udibile in quella casa.
Poi il suono del campanello, ripetuto più e più volte, per svariati minuti.
Poi di nuovo silenzio, che però non durò per molto: infatti poco dopo si sentirono dei pesanti colpi alla porta, accompagnati da una voce rabbiosa:
"Apri idiota, so che sei lì!"
Ma il cosiddetto "idiota" non aprì, anzi, rimase immobile a fissare la parete davanti a lui.

Sapeva benissimo chi era che bussava così insistentemente, come sapeva benissimo che prima o poi avrebbe dovuto aprirgli.
Ma per ora l'unica cosa che riusciva a fare era irrigidirsi sempre di più sulla sedia, incapace di staccare lo sguardo dal muro bianco.

Dopo minuti che sembrarono ore, rieccolo: quel silenzio carico di attesa, che precede tutti gli eventi degni di nota.
La "quiete prima della tempesta".
Infatti, proprio quando il tipo dietro la porta sembrava sul punto di rinunciare, Andrea trovò le forze per andare ad aprire.
Sull'uscio c'era un ragazzo di una ventina d'anni, alto e smilzo, con dei capelli scuri e spettinati e degli occhi blu scuro che sembravano sul punto di mandare scintille.
"Adesso noi parliamo"
Andrea annuì stancamente, prima di farlo entrare.

Lo condusse fino ad una piccola e disordinata stanzetta, occupata da un grande armadio, un letto e un'incasinatissima scrivania.
Andrea si sedette sul letto, mentre l'altro ragazzo prese posto sulla sedia occupata dal proprietario della casa fino a pochi secondi prima.

Per una manciata di secondi si guardarono semplicemente negli occhi, studiandosi, poi il ragazzo sospirò.
"Mi sei mancato, Andrea"
"Anche tu"
Furono le uniche parole che si scambiarono in una decina di minuti.
Poi, ancora una volta, fu il moro a rompere il silenzio.
"Io vorrei...vorrei sapere cosa ti ho fatto"
Aveva la voce rotta, Andrea non riuscì a non notarlo, come non riuscì a non notare la lacrima che rotolava giù per la sua guancia.
Alzò il braccio verso di lui, come se volesse asciugare quell'unica lacrima, ma a metà strada parve ripensarci e il suo braccio ricadde scompostamente sul letto, parallelo al suo corpo.

Ancora una volta, fu incapace di rompere il silenzio.

Maledetto, maledettissimo silenzio.
Perché doveva essere così pesante, e soprattutto così rumoroso?
Andrea non aveva la minima idea di come rispondere, o come atteggiarsi, o cosa fare.
Stava semplicemente lì a guardare una goccia d'acqua rigare il candido viso dell'amico di una vita, reso impotente e soffocato da quell'insostenibile silenzio.
Il tutto procedeva da pochi minuti, e lui non ne poteva già più.

Avrebbe preferito che Giovanni gli urlasse contro, come aveva fatto per farsi aprire, ma la sua voglia di urlare sembrava essersi volatilizzata non appena varcata la soglia dell'entrata.
I suoi occhi, quelli si che urlavano.
Si esibivano in una sorta di grido muto, formulando tutte le domande che, espresse a parole, probabilmente avrebbero parzialmente perso il loro significato.
Ti ho fatto qualcosa di male? È colpa mia? Di colpo non ti sto più a genio? Oppure è da una vita che non mi sopporti? Tutto quello che abbiamo passato non significa nulla per te? Ti prego Andrea parlami, dì qualcosa, una cosa qualunque, un'idiozia, parlami...

Ed ecco che gli occhi di Andrea provavano a rispondere che no, lui non aveva nessunissima colpa, e lui non avrebbe mai smesso di andargli a genio, e soprattutto avrebbe voluto tanto parlargli, ricoprirlo di parole d'amore ma era terribilmente bloccato, e Giovanni sembrava non capire.
O, se capiva, voleva sentire Andrea pronunciare quelle parole rassicuranti.
A quel punto, però, Giovanni parve capire che dalla bocca di Andrea non sarebbe uscita neanche una sillaba.

Capì, e il suo cuore già di per sé provato sembrò andare in mille pezzi.
Riuscì quasi a percepire i frammenti che si spargevano per la cassa toracica, e il dolore immane che ciò gli provocava.
Non un'altra lacrima lasciò gli occhi di Giovanni.
Non un'altra domanda lasciò la sua bocca.
L'unico suono che produsse fu lo scricchiolio delle sue ginocchia, quando si alzò dalla sedia.

E quando si voltò per andarsene, in assoluto e rigoroso silenzio, Andrea si rese conto di come stessero le cose.
Si rese conto che se Giovanni avesse varcato quella porta, sarebbe inevitabilmente uscito anche dalla sua vita.
E tutto ciò faceva troppo male per essere semplicemente accettato.
Era un dolore troppo forte per essere sopportato.

In quel momento Andrea capì come dovessero sentirsi i muti.
Desiderosi di gridare al mondo i loro problemi, la loro rabbia e il loro disappunto, ma incapaci di produrre alcun suono.
Era così che si sentiva.
Avrebbe voluto gridare a Giovanni quello che provava, strapparsi le corde vocali, gridare così forte per compensare tutto quel terrificante silenzio.
Ma non ci riuscì.
Non ci riuscì, e Giovanni uscì da quella camera.

Quasi senza accorgersene, Andrea lo rincorse.
Lo seguì fino alla porta, ancora incapace di parlare.
E una frazione di secondo prima che uscisse definitivamente dalla sua vita, lo afferrò saldamente per il polso.
Quando Giovanni si girò, stava davvero piangendo.
Scosse la testa.
"Non posso più vivere così, Andrea. Devo andare"
Fu il turno di Andrea di scuotere la testa, con vigore.

E sentì tutte le parole che non era riuscito a pronunciare affollarglisi in gola, numerose e impazienti di venir fuori, tanto da rimanere bloccate.

Afferrò anche l'altro polso di Giovanni e lo strinse forte, tanto da farsi sbiancare le nocche.
Lo strinse e lo avvicinò a sé, e sentì il nodo di parole che gli si era formato in gola iniziare ad allentarsi.
Chiuse gli occhi avvicinandosi a lui, e premette urgentemente le labbra contro le sue.
Giovanni era talmente stupito e sconcertato dal suo comportamento, che non gli passò neanche di mente l'idea di non ricambiare.
Quando si trattava di Andrea, per lui la risposta era sempre sì.
Andrea lo strinse forte a sé, posandogli una mano sulla schiena e una tra i capelli, facendo aderire il corpo al suo.
E mentre quell'inaspettato bacio si approfondiva sentì scendergli giù per la gola una sensazione di calore, che andò a sciogliere del tutto il nodo delle parole mai gridate.

E quando quell'intenso, tanto desiderato bacio terminò, finalmente una timida parola riuscì a trovare la strada uscendo dalla bocca di Andrea:
"Resta".

Raccolta di oneshot CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora