Bathroom

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Entro in bagno e mi aggrappo al lavandino, come se dovessi perdere l'equilibrio da un momento all'altro.
Apro il rubinetto e mi bagno le mani con l'acqua gelida e sporca dei bagni della scuola, poi mi sciacquo la faccia.
Alzo gli occhi e incrocio lo sguardo della mia figura riflessa nello specchio.

"Giovanni Leveghi, il finocchio"
Quest'unica frase mi risuona in testa, quattro parole che sono ormai diventate un chiodo fisso nella mia mente.
Davvero sono solo questo?
Uno stupido finocchio in una stupida scuola omofoba?

All'improvviso sento le forze mancare. Mi accascio a terra e mi rannicchio contro i lavandini, iniziando a singhiozzare silenziosamente.

Dopo quelle che mi sembrano ore, ma che nella realtà non saranno più di cinque minuti, sento dei passi avvicinarsi al bagno.
"Gio...Leveghi, la prof ti vuole in classe subito"
È la sua voce.
La voce di colui che mi perseguita da quattro anni, la voce che un tempo amavo sentire, la voce che ha dato inizio al mio inferno.
"Giovanni Leveghi, il finocchio"
Ancora una volta mi risuona questa frase nella testa.
Questa frase che, per la cronaca, ha inventato lui.
"Leveghi...?"
Il suo tono è tremolante, la voce bassa.
Erano anni che non lo sentivo parlare così.
So che senza il suo gruppetto a parargli il culo non si azzarderebbe ad ammazzare neanche una mosca, ma una parte di me vuole sperare che si senta un minimo in colpa.
"Si, io... Arrivo"
Vorrei poter fermare il tremolio della mia voce, nascondere le mie lacrime, ma non ce la faccio.
Chiudo gli occhi mentre sento i suoi passi avvicinarsi ulteriormente.
"Stai bene?"
All'improvviso sento la rabbia montare dentro di me, una cosa che non credevo più possibile.
Andrea Grassi, il ragazzo che ogni giorno mi ricorda quanto faccia schifo la mia vita e mi fa sentire terribilmente fuori luogo, ha il coraggio di chiedermi se sto bene.
Apro gli occhi e la situazione non migliora.
Se ne sta in piedi davanti a me, fermo a guardarmi.
Il ciuffo imbottito di gel gli ricade sulla fronte, i denti stanno torturando nervosamente il labbro inferiore e gli occhi verdi mi scrutano timorosi.
È la prima volta dopo quattro anni che non mi guarda disgustato.
Non so perché, ma tutto questo mi fa arrabbiare come non mai.
Mi alzo con un gesto fulmineo e gli afferro il colletto della maglia, sbattendolo a muro.
"Che cazzo fai?"
Urla spaventato.
Probabilmente pensa che ora lo stuprerò.
"Tu, brutto inutile e stupido insetto, come osi chiedermi se sto bene? Come osi dopo anni di persecuzioni, scherzi di cattivo gusto, insulti...una volta mi hai quasi rotto un dente. E ora siamo in questo fottutissimo bagno, e la situazione sembra essersi ribaltata. E sai una cosa? Non mi dispiace neanche un po'"
Concludo con un sorrisetto maligno che non è da me.
Mi faccio quasi paura da solo.

Io sono Giovanni, il ragazzo dolce, timido e insicuro che non ha nemmeno il coraggio di denunciare tutte le cattiverie che deve subire ogni giorno.
Adesso questo stesso ragazzo ha appena sbattuto al muro il suo peggior incubo, Andrea Grassi, e gli ha reso pan per focaccia.
Probabilmente tra poco lo picchierà.

In realtà, non riesco a capire perché Andrea non abbia ancora reagito.

Rimaniamo così per qualche secondo.
"Mi...potresti lasciarmi andare?"
Chiede esitante.
Io lo mollo senza degnarlo di uno sguardo e torno a osservare il mio riflesso nello specchio.
"Guardami, Andrea"
Dico poi voltandomi verso di lui.
"Ti guardo"
"No, non mi guardi"
Scatto io; lui indietreggia, spaventato dal mio brusco cambio di tono.
"Tu mi vedi, senza guardarmi. Non ti rendi conto di cosa mi stai facendo. Mi stai distruggendo, Andrea. Anni fa pensavo che tenessi a me, ora è ovvio che non è così, ma questo non ti da il diritto di calpestarmi"
Mi avvicino a lui e gli prendo il polso, poi poggio la sua mano all'altezza del mio cuore.
"Senti?"
"Si"
"Ecco. Per causa tua, potrei anche decidere di non farlo battere più"
Impallidisce.
"Tu non..."
"Ci ho già provato. E tu lo sai. Per un pelo non mi sono ammazzato davvero.
Pensavo che dopo una cosa del genere avresti avuto la decenza di finirla, non mi aspettavo nemmeno delle scuse, essere lasciato in pace mi sarebbe bastato. Ma no, tu provi piacere a torturarmi. Tu ami vedermi soffrire, e probabilmente se morissi ti dispiacerebbe solo non potermi più provocare dolore"
Non mi ero neanche accorto di aver iniziato a piangere, ma per la prima volta non mi vergogno delle mie lacrime: sento che dentro di me si è affermata una risoluta determinazione, voglio che questo idiota si accorga di almeno della metà del male che mi ha fatto.
Lui però mi fissa senza dire una parola.
Ha ancora la mano appoggiata sul mio petto, e il mio cuore batte all'impazzata.
"Non hai neanche la decenza di rispondermi?"
"No-non è vero"
Deglutisce a fatica, ha gli occhi lucidi e le gote arrossate.
"Cosa non è vero?"
Lo guardo come se cercassi di incenerirlo con lo sguardo, e se potessi giuro che lo farei.
"Io...non...non voglio che tu muoia. Ma non per il motivo che hai detto, solo... Ti voglio qui"
"Vuoi che io resti vivo per capriccio, vero? Vuoi continuare a usarmi come il tuo giocattolino, per «scaricare lo stress»"
"No! Io..."
Sospira.
Se non lo conoscessi, direi che sembra triste.
"Mi dispiace. Non volevo che andasse così"
"È l'unica cosa che sai dire? Mi dispiace? E ora cosa pretendi che io faccia? Che accetti le tue scuse, torniamo in classe e poi domani ricominciamo con la solita commedia? Mi hai chiesto scusa troppe volte, e troppe volte il giorno dopo eri tornato lo stesso: uno stupido immaturo che se la prende con me, per rendersi forte agli occhi dei suoi «amici»"
Mimo le virgolette mentre parlo
"A cui probabilmente non frega un fico secco di te, ti tengono nel loro gruppetto solo perché sei «figo», sei «forte». E io?
Io ti voglio bene da quando siamo nati, ma se c'è una cosa buona che mi hai insegnato in questi quattro anni è che i sentimenti sono una fregatura"
Andrea è sempre più rosso in volto, e rimango allibito quando mi accorgo dei suoi occhi umidi.
"Andrea, stai seriamente piangendo?"
"N-non si può?"
Tira su con il naso, mentre una lacrima gli riga una guancia.

"Ma cos'hai oggi?"
È come se la maschera di bulletto che indossa da quattro anni sia finalmente svanita, davanti a me ora c'è il ragazzino con cui alle medie giocavo a Yu-Gi Oh e Pokémon, di cui mi fidavo ciecamente, quello che non si sarebbe mai sognato di alzarmi un dito contro. Quello che mi aveva sempre difeso.

Non posso fare a meno di piangere con lui.
Piango e crollo di nuovo a terra, seguito da lui che mi getta le braccia al collo.
All'inizio penso che voglia picchiarmi, ma solo dopo qualche secondo capisco che mi sta abbracciando: Dio, quanto mi è mancato.
"Giovanni...Giovanni..."
Mormora il mio nome.
Sento la spalla che si bagna delle sue lacrime, e ricambio l'abbraccio.
"Come...come hai potuto Andrea? Come hai potuto trattarmi così?"
Mi trattengo a stento dall'urlare, ma la mia voce suona comunque terribilmente straziata e roca.
"Scusami... scusa, non ti toccherò mai più"
Mi stringe più forte, trascinandomi sulle sue gambe.
Mi prende tra le braccia e mi culla, mentre il mio respiro si calma a poco a poco.
"Mi dispiace tanto..."
Mi accarezza la guancia.
"Ho sempre pensato che mi odiassi..."
Sussurro.
"Non..." Deglutisce. "Non ti ho mai odiato. Al massimo mi sono odiato da solo, per quello che ti facevo ogni giorno. Quando sei quasi morto non ho mangiato per settimane, sono finito all'ospedale.
Mentre ero ricoverato sono venuto a trovarti, volevo...volevo chiederti scusa, dire qualcosa...ma dormivi. Ti ho guardato dormire, e non ho avuto il coraggio di svegliarti. Avevo paura di cosa mi avresti detto"
Una lacrima mi riga di nuovo la guancia mentre appoggio la mia mano sulla sua.
"Se mi avessi svegliato...ti avrei perdonato in un battito di ciglia. Ma capisci, ora non posso farlo. Sono stanco di soffrire"
Andrea annuisce.
"Capisco. Non ti darò più fastidio, non ti scoccerò più. Ti starò lontano, promesso"
Chissà perché, queste parole mi rendono più triste di quanto già sia. Di certo la sua voce rotta mentre pronuncia l'ultima frase non aiuta.

Non voglio che Andrea esca dalla mia vita.
Voglio che ne faccia parte...in modo positivo.
Voglio essere felice con lui, come facevamo da bambini.
Quando era un girotondo a far cascare il mondo.

Mi alzo e mi siedo per terra, accanto a lui.
"Andrea"
Pronuncio il suo nome.
Lui mi poggia nuovamente una mano sulla guancia, accarezzandomi col pollice.
"Dimmi"
"Io... Io non voglio che tu esca dalla mia vita"
Il suo sguardo felicemente stupito mi fa quasi sorridere. Quasi.
"Da-davvero?"
Annuisco, accoccolandomi contro la sua mano.
"Tu... credi che potremmo tornare ai vecchi tempi?"
"Lo credo, si"
Sorride.
"Si Giovanni, lo credo"
Io annuisco, lasciandomi scappare un sorrisino.
"Bene"
Dopo un attimo di esitazione allaccia le braccia dietro la mia schiena avvicinandomi a lui, io appoggio la testa nell'incavo del collo.
La sua mano che mi accarezza la schiena è così rilassante che quando chiudo gli occhi per poco non mi addormento.
"Io credo...credo che dovremmo andare, siamo qui da mezz'ora buona"
"Non riesco a staccarmi da te"
Sorrido alla sua improvvisa dolcezza.
"Nemmeno io"

Dopo qualche minuto, però, ci stacchiamo.
O almeno, io alzo la testa dalla sua spalla.
Rimaniamo a guardarci, praticamente naso contro naso.
Mi accorgo con un sussulto che Andrea si sta avvicinando.
"Che...che stai facendo?"
"Non ne ho idea"
Azzera le distanze poggiando le labbra sulle mie.
Andrea Grassi, il mio ex migliore amico, il ragazzo che ha reso pubblica a tutta la scuola la mia omosessualità per il gusto di ferirmi, che ha reso la mia vita impossibile per tutto il corso delle superiori mi sta baciando.
E la cosa grave è che mi sta piacendo da morire.
Mi aggrappo nuovamente a lui mentre la sua lingua si insinua nella mia bocca, sento le sue mani che mi accarezzano dolcemente i capelli.
Ci stacchiamo con il fiatone poco dopo.
Nessuno dei due dice nulla.

Quando Andrea apre la bocca per parlare, una voce stridula risuona nel bagno.
"Grassi e Leveghi, immediatamente in classe! Vi siete già beccati una nota, altri cinque minuti lì dentro e vi sospendo"
Scattiamo in piedi.
"Scusi prof, eccoci"
Ci scambiamo un'ultima occhiata prima di uscire dal bagno.

Ora devo solo sperare che domani non ricominci tutto da capo.
Seriamente, credo che stavolta non reggerei.

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Allllllllorah.
Questa è una delle oneshot di cui vado più fiera, quindi provate a farla floppare e le carote nel vostro frigo prenderanno vita la notte e vi uccideranno.
Vi amo.

Asganaway
(Us gone away)

Raccolta di oneshot CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora