Coming Out

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Le mie unghia picchiettano frenetiche il ruvido tavolino del treno.
Non riesco a stare fermo.
Mi sudano le mani.
Ho le palpitazioni.
Il ragazzo accanto a me mi guarda infastidito.
"Puoi smetterla? Metti ansia anche a me"
Sbuffo, incenerendolo con lo sguardo.
Lui sorride divertito, ma non dice nulla.
Per tutta risposta lo guardo dritto negli occhi, per poi picchiettare le unghia sul tavolino il più rumorosamente possibile.
Lui emette un suono a metà tra uno sbuffo e una risata, poi distoglie lo sguardo scuotendo la testa.

Tra di noi cala un silenzio tranquillo, o almeno, lui è tranquillo.
Ma io non lo sono affatto, sono a dir poco terrorizzato.
Mi volto di nuovo a guardarlo.
"Sei... Sicuro che sia una buona idea?"
Sospira stancamente, racchiudendo la mia mano con le sue e stringendola.
Sorride.
"Andrà bene. E non guardarmi così, lo sai anche tu. Se ci vogliono davvero bene, capiranno"
Scuoto la testa.
"Non capisci. Io... Non..."
Mi inumidisco le labbra, in cerca delle parole giuste.
Si guarda furtivamente intorno, e, una volta accertatosi che lo scompartimento sia vuoto, poggia un bacio leggero sulle mie labbra.
"Di che hai paura?"
Circondo la sua vita con le braccia, poggio la testa sulla sua spalla e lascio che mi accarezzi per qualche secondo.
"Sappiamo entrambi che non sono una persona molto socievole, e sappiamo entrambi quante persone si sono avvicinate a me solo con lo scopo di trarne vantaggio. Per questo ho dovuto selezionare con cura le mie amicizie, fidandomi di pochissime persone"
"Si"
Mi liscia i capelli e mi accarezza la schiena. Il suo tocco dolce mi infonde coraggio.
"Io mi fido ciecamente dei miei amici, gli affiderei la mia stessa vita, perché mi sono già accertato che loro tengano a me.
Scoprire che mi sono sbagliato, rimanere deluso da loro, non essere accettato per quello che sono... Non lo sopporterei"
Rimaniamo in silenzio per un po'.
Dopo un po' è lui a rompere il silenzio.
"Non succederà"
"Come fai ad esserne sicuro?"
"L'hai detto tu. Ci fidiamo di loro. Ci accetteranno"
"Qualche mese fa non mi accettavo neanche io"
"È diverso. Anche prima di accettare di esserlo, se qualcun altro ti avesse confidato di esserlo non te la saresti presa"
"Certo che no"
"Visto?"
Lo stringo più forte.
"Tu però resta con me"
Non lo vedo in faccia, ma sono sicuro che stia sorridendo.
Diciamo che di solito non sono il tipo da dimostrazioni d'affetto.
"Te lo prometto"
Mi rilasso tra le sue braccia.
Se sono con lui, non può andare tanto male.

La destinazione, però, giunge troppo in fretta.
Una morsa mi prende dolorosamente lo stomaco, e sento che vomiterò non appena aprirò bocca.
Giovanni sembra notarlo.
"Tutto bene?"
Annuisco prendendo i bagagli.
Lui mi stringe la mano per un attimo, ma si affretta a mollare la presa non appena apro la porta dello scompartimento.
"Ci sono Giorgio e Pietro che ci aspettano qui in stazione, gli altri sono in hotel.
Ci accompagnano in hotel per lasciare le nostre cose e poi andiamo al campetto a registrare"
Giovanni urla queste parole per farsi sentire nel rumore, mentre ci facciamo largo nello stretto corridoio sovraffollato del treno.
"Quando pensi che dovremmo dirglielo?"
"Avevo pensato di dirglielo al ristorante stasera, ma non avremmo molta privacy per via degli altri clienti, quindi forse è meglio chiamarli nella nostra stanza e dirglielo prima di andare a registrare"
Annuisco, incapace di aggiungere altro.
Scendiamo in fretta dal treno, cominciando a farci largo nella folla in cerca dei nostri amici.
"Eccoli!"
Esclama lui ad un tratto.
Seguendo la direzione indicata dal suo dito vedo due ragazzi dal volto familiare che si sbracciano e ci salutano.
Sorrido esasperato mentre gli andiamo incontro.
Quando ci incrociamo i due abbracciano velocemente Giovanni, ma qualcosa nel mio sguardo - sarà l'istinto omicida - li spinge a non fare lo stesso con me.
"Allora, com'è andato il viaggio?"
"Bene, tutto sommato, anche se siamo un po' stanchi"
Risponde Giovanni per me.
"Quanto è distante l'albergo?"
"Non molto, dieci minuti massimo. La macchina è di là"

Vivo i venti minuti che seguono al mio arrivo come un sogno poco nitido.
Come una radio sintonizzata male, faccio fatica a mantenermi concentrato sulla realtà.
Un unico pensiero mi occupa la mente, tanto da risultare quasi nauseante.
In macchina non parlo, non riesco neanche a seguire il filo della conversazione.
"Scusate, non ho dormito molto stanotte"
Ripeto quasi meccanicamente quando qualcuno si accorge del mio insolito silenzio.
Cosa vera, inoltre, ma non è la stanchezza la causa del mio stato d'animo.

Raccolta di oneshot CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora