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Mi sono abituato alla tua assurda normalità.
Chiami in modo irregolare, per dei periodi quasi ogni giorno, per altri a stento una volta al mese.
Come posso dirti di no?

E rieccoci, nessuno in casa, a fare e rifare lo stesso stupido sbaglio.
Io e tu, tu e io, soli.

Mi risulta impossibile resistere ai tuoi modi, ai tuoi gesti, alle tue mani sotto i miei vestiti.
E ai baci a bocca aperta su bocca, collo, petto...
Parliamoci chiaro, chi resisterebbe a te?

Ma tanto per la cronaca, di te non me ne frega un cazzo.

E so che vuoi solo quello da me.
Non cerchi nessun altro tipo di contatto, quindi posso starne certo.

Immagino di essere solo un gioco per te.

Ma per me è uguale, quindi direi che va bene.
Il nostro è solo un infantile nascondersi sotto le lenzuola, fingendo che l'invadente mondo esterno non esista.
E funziona, temporaneamente.
Non è affatto male.

E credo di essermi abituato alle tue dita leggere che mi scorrono addosso, il tuo sguardo penetrante, le ciglia sottili e le iridi verdi.
Al tuo sorrisino sarcastico, le labbra sottili, i capelli morbidi.
E suppongo che tu ti sia abituato a me.
Forse neanche ti accorgi che io sono ancora qui.

Ma come ho già detto, non me ne frega un cazzo.
Il nostro è solo "nascondino".

Anche se, mi duole ammetterlo, ci sono dei momenti... particolari.

Di solito non dormiamo insieme.
Non è una cosa che siamo abituati a fare.
Ma quando succede non dormiamo subito, siamo anche abbastanza impacciati.
Lo sai, no?
Quel momento in cui non sai se sei abbastanza in confidenza con qualcuno per fare o dire qualcosa.
Abbiamo paura di tutto, ci muoviamo lentamente per poi ritrarci come se avessimo paura di scottarci.
E poi finalmente finiamo abbracciati, in una posizione più o meno comoda.
E, forse perché non è una cosa che succede spesso, è... Strano.
Ma non è uno strano sgradevole, è solo strano.
Io appoggio la nuca sulla tua spalla e tu mi circondi la vita con un braccio.
A volte parliamo. A voce bassa, neanche noi sappiamo perché, sempre e solo di cose poco importanti.
Parli soprattutto tu.
Mi racconti di cosa ti è successo nell'ultimo periodo, di voci che hai sentito in giro, di calcio o di videogiochi.
So che aspetti che io mi addormenti per smettere.

A volte poi restiamo in silenzio.
Ed ecco, sono questi i momenti più particolari.
Perché ce ne stiamo semplicemente abbracciati sotto le coperte, scambiandoci ogni tanto qualche carezza, ma entrambi sveglissimi.
E nessuno dei due sa cosa sta pensando l'altro, ma so che anche tu come me in questi momenti non mi senti vicino solo fisicamente.
È come se i nostri cuori battessero a tempo.

Cosa vuoi da me, Andrea?
Mi hai fatto il resoconto accurato di centinaia di partite di calcio, ma ancora non so cosa provi.
Non so mai come ti senti, se sei felice o triste o arrabbiato o nervoso.
Non so cosa significa tutto questo, né cosa vuoi trarne.
Ma vorrei tanto darti quello che vuoi.
Vorrei che tu mi chiamassi non solo per quello, ma anche solo per vedermi, per sentirmi, per parlare con me sia di piccolezze che di cose importanti.
E sto zitto, sto zitto.
Non te ne parlo mai.
Ma mettimi nei miei panni, chiunque si stuferebbe.

Eppure continuiamo, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese.

E penso che tu lo sappia.
Non sono riuscito a nasconderlo a te, figuriamoci se riuscivo a fingere con me stesso.
Penso che tu sappia quanto mi importa di te, quanto ti pensi ogni giorno.
Ma resta il fatto che io non so perché adesso mi sento così triste.
Insomma, è sempre andata così.
E non dico che mi piacesse, ma andava bene.
Ma adesso, perché sono così?

Forse perché so che questa cosa deve finire.
Dobbiamo darci un taglio, e lo sappiamo entrambi.
Il fatto di essere abituati a qualcosa non significa che quel qualcosa sia giusto, e tu lo sai meglio di me.

E, sai, mi è difficile ammetterlo.
Forse tu non ci riusciresti, l'orgoglio vincerebbe.
Ma io non voglio davvero smetterla con questo gioco con te.

Raccolta di oneshot CamperkillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora