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Pov's Eddie
"Non penso sia una buona idea" biascico facendo una smorfia di disgusto notando una macchia di caffè sulla macchinetta. La tolgo subito con un panno bagnato e torno a guardare Cassandra mentre finisce di servire un cliente.
"Cosa?" Domanda portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio con un gesto distratto. Inizia a controllare la sua agenda e a lasciare appunti con una matita dal legno scolorito e mordicchiato.
"Il tuo piano, non si può fare" affermo deciso.
Si perde per un attimo a guardare il vuoto, poi torna a scrivere sulla sua agenda scuotendo di poco il capo in segno di negazione.
"Mi stai ascoltando?" Domando alzandomi dalla sedia.
"Eddie, non mi interessa. Clarissa è in pericolo, lo capisci? Non ho paura di Anthony, ormai non ho nulla da perdere"
"Devi capire che Clarissa non lavora più per Anthony ma per Travis"
"No, è di sua proprietà, non ha scelto lei di lavorare per lui. È stata costretta, che è diverso. Non posso abbandonare la mia migliore amica in questo modo"
Si volta a guardarmi con le lacrime agli occhi. Si morde il labbro e con una smorfia di dolore va a dare una mano ad Holly, lasciandomi da solo davanti alla cassa.

Pov's Clarissa
Mi con il pigiama bagnato che copre la mia pelle sudata. Mi passo una mano sulla fronte grondante di sudore, scotta. Ho gli occhi pesanti e gonfi, probabilmente avrò pianto mentre dormivo a causa del mio incubo. Mi metto a sedere togliendomi la maglietta, fuori nevica e io mi sto sciogliendo come un ghiacciolo sotto al sole.
Decido di andare a farmi una doccia fredda per rinfrescarmi.

Esco dal box doccia e mi asciugo con un'asciugamano di cotone bianco.
Infilo un paio di jeans blu e una canottiera verde. Torno nella stanza a guardare fuori dalla finestra.
La neve cade dolcemente posandosi sui sottili fili d'erba creando un soffice strato bianco.
Mi perdo a guardare il cielo e il sole chiaro quando ad un tratto inizio a vedere tutto nero presa da un forte giramento di testa.

Pov's Travis.
Bevo un bicchiere di whisky mentre leggo il giornale seduto sulla mia scrivania. In prima pagina c'è il volto di Claire e della sua primogenita. Questo pomeriggio ci saranno i funerali e ad accompagnare il povero Ferdinando ormai vedovo, ci sarà la madre Olga, famosa imprenditrice.

Bussano alla porta, è Noah.
"Capo, la ragazza è svenuta. L'ho trovata priva di sensi nella sua stanza. Scotta ed è pervasa da violenti spasmi"
Sento un tonfo al cuore e mi precipito fuori dalla villa seguito dal ragazzo.
"L'ho portata dentro! Nella camera degli ospiti. Ho chiamato la dottoressa Robinson".

Pov's Clarissa.
Sento qualcosa di umido posarsi sulla mia fronte e la puzza di aceto mi prende alle narici. Provo ad aprire gli occhi sbattendo un paio di volte le palpebre pesanti. Ho la gola secca e la bocca impastata. Sento le tempie pulsare e un caldo che mi soffoca.
Apro gli occhi, sono stesa su un letto matrimoniale di ferro battuto dorato, le pareti azzurre e il pavimento chiaro di marmo sono in contrasto con la finestra e l'imponente armadio scuro.
Accanto a me c'è una giovane donna dai lunghi capelli neri e perfettamente lisci, gli arrivano fino al sedere. Ha il viso piccolo e delicato, due zigomi alti e due occhi marroni. Il fisico formoso è fasciato da un tubino bordeaux che le arriva sotto al ginocchio. Si ripulisce gli occhiali dalla montatura nera e si volta a guardarmi. Con un sorriso si presenta "Ben svegliata, io sono la dottoressa Melanie Robinson" stringo la sua mano "Clarissa" balbetto guardandomi intorno.
"Tranquilla, non ti farò del male" dice mostrando un sorriso dolce.
Alzo un sopracciglio mettendomi a sedere.
"Cosa ci faccio qui?"
"Hai perso i sensi "
"Ah..." boccheggio.
"Direi che i bagnoli e le medicine hanno fatto effetto, la febbre si è abbassata" dice controllando il termometro.
"La febbre?"
"Sì, blateravi cose assurde ed eri pervasa da violenti spasmi. Avevi la febbre a quaranta " risponde
"ti mancano i tuoi genitori?" chiede ad un tratto con tono dolce.
Annuisco tirando un sorriso forzato.
"Mi mancano molto. Sono rimasta orfana all'età di sedici anni. I miei genitori sono morti in un'incidente stradale."
"Tu eri con loro quando è successo?"
"Sì, ricordo che era una giornata di primavera, il sole era alto e diversi campi di papaveri abbracciavano la strada.
Stavamo andando dai miei nonni per un pranzo domenicale tra parenti.
I miei genitori iniziarono a litigare, sentì un clacson suonare e mia madre urlare mentre l'auto sembrava slittare a destra e a sinistra. Papà iniziò ad imprecare cercando di frenare, fa non riuscì ad arrestare la macchina in tempo perché un auto carro ci venne addosso.
Mia madre morì sul colpo, mio padre no. Provava a a rassicurarmi dicendo che sarebbe andato tutto bene e che ce l'avremmo fatta. Ma vedevo che il sangue che perdeva dalle ferite era troppo, e sapevo che da lì a poco mi avrebbe lasciato anche lui. E così fu.
Spaventata provai a scendere dalla macchina ma non ci riuscivo, il sedile davanti mi teneva incastrata impedendomi qualsiasi movimento con le gambe. Quando arrivarono i soccorsi mi diedero la conferma dicendo che ormai per loro non c'era nulla da fare".
Raccontando questa parte del mio passato sentì le lacrime pizzicarmi gli occhi e un peso sul petto che mi logorava da dentro, pesante e rovente che bruciava sempre di più.
"Mi dispiace" sussurra lei accarezzandomi il viso.
"A volte mi succede di fare degli incubi dove rivivo quello che  mi è successo. E stanotte è successo di nuovo"
Sento una lacrima rigarmi il viso, l'asciugo velocemente e il mio sguardo cade sulla soglia della porta dove vedo Travis.
Da quanto stava lì fermo ad ascoltare?

Clarissa.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora