1 mese dopoAshley
Giusto un mese fa, il mattino dopo che i miei mi hanno fatto leggere l'e-mail, ho chiesto alla scuola maggiori informazioni sul provino che dovevo fare e mi hanno detto che dovevo inviare almeno tre video dove mostravo le mie potenzialità musicali.
Io e mio padre ci siamo messi sotto: mi ha aiutata molto.
Abbiamo deciso di mandare un video dove cantavo con una base presa su internet, un video dove suono il pianoforte e un altro video dove cantavo e suonavo tutto insieme.
Proprio oggix li abbiamo inviati e sono in ansia, non ,so cosa farei se non dovessero accettarmi.«Vedrai che ti chiameranno, devi solo aspettare un po'» Mi rassicura mia madre.
«Lo spero» Dico cercando di calmarmi.
«Sei stata brava, non preoccuparti, se non ti prendono ci perdono loro» Dice questa volta mio padre.
Credo che sia una delle prime volte che lo vedo fiero di me.
Lo ringrazio sorridendogli.
«Esco a fare due passi» Dico.
«Va bene, però non fare tardi perché stasera andiamo a mangiare fuori con dei vecchi amici» Dice mia madre.
«Va bene, a dopo»
Esco di casa e vado verso un parco abbandonato.
Non è messo male però da quando ne hanno fatto uno nuovo questo è stato dimenticato, forse perché è piccolino e ha giusto due altalene rispetto a quello che, oltre ad avere molta zona verde, ha anche molte bancarelle e giostre.
Però sinceramente a me va bene così, è diventato il mio posto preferito, vengo qui quando voglio rilassarmi o pensare un po'
È una zona silenziosa quindi si sta davvero bene.
Mi stendo sulla solita panchina e guardo il cielo sopra di me. Siamo a Luglio e fa un caldo terribile anche se siamo in città.
Inizio a pensare a cosa farò se mi prendono alla Juilliard.
Certo, la mattina la passo a scuola e magari il pomeriggio posso fare qualche corso extra, ma per il resto? Passerò le giornate chiusa in casa a studiare?
Andrò a New York cavolo, la mia città preferita, non posso chiudermi in casa anche se so che alla zia fa più che piacere: ho un bel rapporto con lei ma a causa della distanza non ci vediamo quasi mai. Quando mamma le ha chiesto se potevo vivere da lei per un po' era felicissima e per carità, fa piacere anche a me, però non sarebbe male conoscere qualcuno. Chissà cosa penseranno i ragazzi di quella scuola di me.
Prendo le cuffiette e le collego al cellulare per poi far partire la mia playlist.
Amo mettere le cuffie ed escludermi un po' dal mondo, mettere tutto a tacere e sentire solo la musica a tutto volume nelle mie orecchie.
Riesco a concentrarmi anche meglio, infatti quando scrivo, o leggo, se non metto la musica mi distraggo facilmente.
Però il momento perfetto per ascoltarla è durante un lungo viaggio;
che sia in macchina, in treno o in aereo. Mi piace sentirla e intanto guardare fuori dal finestrino.
C'è gente che non sopporta la musica, io non riesco a farne a meno.
Guardo l'orario e vedo che sono già passate due ore da quando sono uscita, devo muovermi altrimenti non farò in tempo a prepararmi.
Mi alzo dalla panchina e con ancora le cuffie nelle orecchie torno verso casa, il tempo che apro la porta e sento mia madre chiamarmi.
«Ashley muoviti dobbiamo prepararci!»
«Devo venire per forza?» Sospiro, non ne ho proprio voglia.
«Si! Sono dei nostri vecchi amici e vogliono conoscerti»
Alzo gli occhi al cielo e mi preparo per la serata, tanto si sa: all'inizio chiederanno qualcosa su di me giusto per farsi un po' gli affari miei, poi il resto della serata non esisto più. Posso anche sparire per un po' in bagno, non penso se ne accorgerebbero.
Per carità non voglio rimanere al centro dell'attenzione per tutta la serata, sono quel tipo di persona che vuole stare in disparte il più possibile, però non è tanto carino...
Volete conoscermi e poi mi fate a malapena due domandine, e io intanto perdo tempo quando posso benissimo stare a casa.Ethan
La mattina dopo sono stanco morto, e la testa rischia di scoppiarmi.
Ieri ho fatto nuovamente tardi con i ragazzi, anche se era mercoledì.
Dopo quella volta che hanno fatto lavorare tutto il giorno a mia madre, di domenica, le hanno dato qualcosa in più come stipendio di quel mese. Non era chissà quanto, ma a mia madre va bene così.
Vado in camera di mio fratello e lo scuoto leggermente per svegliarlo, deve andare a scuola e ovviamente devo portarlo io perché proprio oggi mia madre doveva chiedermi se potevo accompagnarlo, non poteva scegliere giorno migliore.
Qui al Bronx la scuola inizia prima, non chiedetemi il motivo, è una cosa che ho sempre odiato quando ero piccolo.
«Campione forza, devi andare a scuola» Gli dico.
«Non voglio andarci» Si gira dall'altro lato.
«Lo so ma devi, altrimenti mamma si arrabbia»
Lui sospira e lentamente si alza dal letto.
«Buongiorno» Sbadiglia.
«Giorno, vai a prepararti, ti aspetto in cucina»
E lui così fa.
Intanto io gli preparo una tazza di latte caldo con dei biscotti mentre per me una tazza di caffè con una pillola per il mal di testa.
Matias entra in cucina e mangia velocemente la sua colazione e poi corre a prendere lo zaino.
«Perché vai così di fretta?» Gli chiedo.
«Perché non voglio fare tardi» Dice come se fosse ovvio.
Guardo l'orario sul mio cellulare.
«Ma mancano 15 minuti»
«Esatto, dobbiamo muoverci, prendi le chiavi della macchina e andiamo»
Questo bambino è troppo puntuale per i miei gusti, ma non ho voglia di fare storie di prima mattina, soprattutto oggi che a malapena mi reggo in piedi, quindi sbuffando prendo le chiavi ed entriamo in auto e in meno di 10 minuti siamo davanti la sua scuola.
«Cavolo ci abbiamo messo troppo tempo» Dice.
Spalanco gli occhi, troppo tempo?! Ma se mancano ancora 5 minuti alla campanella e lui mi ha fatto correre come un matto!
«Io non ti accompagno più a scuola»
«Meglio per me»
«Muoviti, oggi ti vengo a prendere con 20 minuti di ritardo» Lo prendo in giro.
«Non ci provare!» Dice per poi saltare fuori dalla macchina e correre verso i suoi compagni.
Da chi ha preso questo essere così puntuale non ne ho idea, lo fa spesso ultimamente e mi chiedo veramente chi, in famiglia, sia così, ma non mi viene in mente proprio nessuno.
Essendo che non ho niente da fare decido di fare un viaggio di 30 minuti circa per andare a Greenwich Village a Manhattan. Non c'è niente, solo tante case una di fila all'altra abbellite nel modo migliore possibile e con piante ovunque, però è una zona tranquilla e silenziosa, lontana dai turisti.
È un ottimo posto per rilassarsi un po', fare due passi e sentire solo il vento sulle foglie. Infatti non appena arrivo faccio proprio questo.
Nel Bronx non ci sono zone tranquille, ovunque ti giri c'è qualche maniaco o drogato.
Mia madre si meritava di vivere in una zona bella come questa di Manhattan, non ha mai fatto niente di male per vivere in questo schifo, e nemmeno Matias.
Il problema è che possiamo solamente sognarci di comprare una di queste case, costano il doppio di tutti i soldi che abbiamo.
Cammino un po' per le strade di questo quartiere, fumo una sigaretta e bevo una birra presa al primo bar che ho visto.
Quando controllo l'orario spalanco gli occhi, tra poco meno di mezz'ora Matias esce da scuola.
Torno in auto e mi metto in moto arrivando con quasi 10 minuti di ritardo.
Quando entra in macchina mi guarda malissimo e quasi gli rido in faccia per l'espressione buffa che ha.
«Hai fatto tardi!» Mi dice.
«Si beh, non muore nessuno se te ne vai da scuola 5 minuti più tardi» Ribatto.
«Invece la prossima volta ci vai tu per sotto!»
«Ehi! Da quando parli così tu?» Lo guardo male, non voglio che perda la sua anima tanto dolce per via di questo posto, non lui.
«Tutti parlano così da queste parti!» Inizia a urlarmi contro.
«Tu non sei tutti! Non voglio più sentirti dire cose del genere» Metto in moto e vado verso casa.
«Non sei mio padre, non puoi dirmi cosa fare!»
«Beh ringrazia di avere me qui e non tuo padre» Sto iniziando a innervosirmi sul serio.
«E perché dovrei? Non lo conosco nemmeno, voglio vederlo»
«Matias giuro che se ora non la smetti ti lascio tornare a casa a piedi, non vedrai mai quell'uomo»
Lui si sta zitto e credo che stia anche piangendo.
Quando arriviamo a casa nostra madre è in cucina e non appena vede Mat correre in camera sua per poi sbattere la porta, mi guarda cercando spiegazioni.
«Non voglio parlarne» Dico subito, prendo un bicchiere d'acqua e lo bevo tutto d'un sorso.
«Eth che succede?»
Ma perché non capisce mai quando non è il momento giusto?
«Ho detto che non voglio parlarne» Sbatto il bicchiere sul tavolo e lei sussulta dallo spavento.
Strofino gli occhi con due dita e subito mi scuso con lei.
«Scusa non volevo, oggi Matias si è svegliato con la luna storta, ha iniziato col rompere sul fatto che deve arrivare in orario, che sono venuto a prenderlo tardi e poi ha nominato...» Mi blocco.
«Ha nominato vostro padre, vero?» Chiede accarezzandomi la spalla.
«Quello non è mio padre, non lo è mai stato»
«Si hai ragione, scusa, continua»
«Ho perso un po' il controllo e l'ho fatto tacere e ha iniziato a piangere»
«Non puoi permettere a quell'uomo di farti sentire così»
«Si beh, non posso farci niente»
«Vai a parlare con Matias, cerca di capirlo, non può sapere perché non ha un padre. Vede tutti i suoi amici con i propri e lui non lo conosce nemmeno, è normale che reagisca così»
Annuisco e sospiro.
«Non appena finite venite a tavola che è quasi pronto»
«Ok» Le dico per poi andare in camera di mio fratello.
![](https://img.wattpad.com/cover/214699252-288-k359583.jpg)
STAI LEGGENDO
E poi sei arrivato tu...
RomanceAshley Parisi è una ragazza italiana, simpatica e vivace che è appena uscita da una relazione di ben cinque anni e non riesce ad andare avanti. Ethan Scott è il solito ragazzo bello e dannato, una testa calda con un passato che lo tormenta e con un...