Capitolo 13 - Juilliard School

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Ashley

Oggi finalmente inizia la scuola.
Non sono mai stata così contenta di andarci, ma questa volta è diverso.
Quando suona la sveglia, mi alzo dal letto e corro in cucina dove trovo mia zia è già sveglia. «Emozionata?» Mi chiede.
«Tantissimo! Ho anche un po' d'ansia» Velocemente bevo una tazza di caffè che lei aveva già preparato.
«Andrà tutto bene. Ora vai a vestirti o farai tardi»
«Si, subito»
Non ho molta fame, però ho notato che vicino la scuola c'è Starbucks, quindi se voglio prendere qualcosa da mangiare posso andare lì per 5 minuti.
Velocemente mi vesto con un semplice jeans, un top nero e le Vans Old School.
Prendo il raccoglitore con i miei spartiti e velocemente scendo le scale.
«Io vado zia!»
«Buona giornata tesoro!»
Esco fuori e a passo svelto mi dirigo verso la metropolitana.
Mentre aspetto che arriva metto le cuffie e aziono la musica.
Ci metto poco ad arrivare alla Juilliard, sono in anticipo di 10 minuti.
Ho un po' d'ansia, da oggi si fa seriamente... Se mostro tutte le mie qualità potrei avere una possibilità e fare della mia passione un lavoro vero e proprio.
Da fuori la scuola è enorme: è a forma triangolare bianca e una buona parte del "triangolo" è fatto in vetro, le finestre sono enormi. È bellissima.
Dovrebbe intimorirmi un po', ma a dirla tutta mi sento quasi a casa. Come se fossi già venuta qui.
Entro e all'interno la struttura è ancora più grande: la hall prende quasi tutto il piano terra, domina il colore bianco e i pavimenti sono così puliti che quasi mi ci posso specchiare. In fondo ci sono dei divanetti in pelle bianchi molto eleganti dove alcuni ragazzi si siedono in attesa di iniziare le lezioni, sulla destra ci sono delle scale mobili che portano al piano superiore. Non ci credo!
Vicino all'entrata, invece, sulla sinistra, ci sono vari quadri di artisti famosi che hanno frequentato questa scuola; A destra c'è un grande bancone, in legno bianco, con scritto "Reception".
Senza pensarci due volte, mi avvicino a una donna dietro un computer.
«Ciao! Hai bisogno di aiuto?» Mi chiede sorridendo.
È una ragazza sui trent'anni alta e snella, ha i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo alta, gli occhi verdi e un sorriso amichevole sul viso.
«Si, è il mio primo giorno alla Juilliard e mi è stato detto che i miei libri devo prenderli qui» Rispondo imbarazzata.
«Ah si, certo. Nome e cognome?»
«Ashley Parisi»
Lei cerca il mio nome sul computer e subito stampa qualcosa.
«Ecco qui, allora questo è il tuo orario» e mi porge il foglio che ha appena stampato «questi invece sono dei corsi aggiuntivi che puoi fare nel pomeriggio: sport, arte... quello che vuoi!»
Prende un foglio dal sotto al bancone e me lo passa. «I corsi non sono a pagamento, è un piccolo bonus che offre la scuola a tutti gli studenti»
Annuisco semplicemente. Posso farci un pensiero.
«Ora, se mi dai un minuto, vado a prenderti i libri»
«Si si, certo» Detto questo, scompare nello sgabuzzino dietro il bancone.
Inizio a guardare il mio orario e non vedo l'ora di iniziare. Tra 5 minuti dovrebbe iniziare la mia prima lezione: storia della musica. Il problema è che non so nemmeno dove andare! Questo posto è enorme e il pensiero di arrivare in ritardo il primo giorno mi terrorizza.
La ragazza ritorna con una busta piena di libri. O mio Dio, dovrò portarli con me per tutta la giornata?
«Ecco a te, questi sono tuoi. Mi sembra che ti ho dato tutto, ma se hai bisogno di altro chiedi pure»
«Veramente si, come posso arrivare all'aula di storia della musica?»
«Ah certo, un momento» si guarda intorno e a un certo punta chiama ad alta voce una ragazza «Amber! Puoi venire qui un momento?»
Si avvicina a noi una ragazza alta e magra ma con delle forme adatte al suo corpo, ha i capelli del tutto neri e gli occhi dello stesso colore. Ha un viso simpatico e trasmette positività. Già mi sta simpatica.
«Stephanie, dimmi. Vado di fretta, sono in ritardo per la lezione»
«È per questo che ho chiamato te, devi andare a storia della musica giusto?»
La ragazza, Amber se non sbaglio, annuisce.
«Bene, puoi portare Ashley con te? È nuova e non sa dov'è l'aula»
Amber si gira verso di me e mi sorride «Certo! Sei veloce a correre?»
E ora perché mi fa questa domanda? «Emh, si...»
«Perfetto, allora seguimi! Siamo in ritardo e conosco la professoressa, è il diavolo in persona!»
Ride e inizia a correre verso le scale mobili. Questa ragazza è matta.
Inizio a correrle dietro per non perderla di vista e saliamo di corsa anche le scale mobili.
Non è semplice correre con questi libri!
Il piano di sopra è un lungo corridoio pieno di aule con ormai la porta già chiusa. Povera me!
Le scale mobili salgono di ancora un altro piano, ma noi ci fermiamo qui.
«Dai, veloce!» si gira solo un momento per guardarmi e poi continua a correre fino alla fine del corridoio e ci fermiamo davanti a una delle porte. Abbiamo entrambe il fiatone.
Bussa alla porta e dopo un "Avanti", entriamo.
«Amber! Sempre in ritardo, non cambierai mai» Dice una donna anziana dietro la cattedra e alcuni ragazzi sghignazzano tra loro.
L'aula è enorme: non ci sono banchi, solo poltroncine blu che riempiono quasi tutta la stanza e di fronte a queste, al centro, c'è la cattedra con dietro un'enorme lavagna bianca.
«E tu chi sei?» chiede la donna girando la testa verso di me.
«Ashley Parisi, scusate il ritardo»
«Questa volta la passi liscia perché è il tuo primo giorno, ma la prossima volta ti lascio fuori dall'aula. In quanto a te, Amber, che non ricapiti più!»
«Si, certo» Dice un po' scocciata e poi mi fa segno di seguirla. Ci sediamo tra le file centrali e la lezione inizia subito.
Cavolo, è davvero severa come diceva Amber.
«Brutta befana» Sussurra lei in modo da farsi sentire solo da me.
Ridacchio silenziosamente. È davvero simpatica.
«Oh cavolo, non mi sono presentata! Io sono Amber, ma ormai lo avrai già capito»
Le sorrido. «Non fa niente, io sono Ashley»
«Sei straniera? Hai un accento strano»
«Si, sono italiana»
«Wow! Amo l'Italia! Ti sei trasferita qui da poco?»
«Si, da pochissimo. Però mi sto ambientando in fretta»
«Mi fa piacere! Dopo che lezione hai?»
Guardo il mio orario «Letteratura»
«Bene, anch'io. Vieni con me, dopo?»
«Ovvio! Altrimenti mi perdo!»
Lei ride. «Meglio che ora seguiamo la lezione altrimenti la mandiamo su tutte le furie quella befana!»
Annuisco ridendo, e così facciamo.
«Bene ragazzi, ci vediamo la prossima volta» Dice la prof a fine ora.
La lezione non è stata molto noiosa, però ammetto che queste cose storiche non fanno per me!
«Non ce la facevo più a sentirla parlare!» dice Amber una volta uscite.
«Non la sopporti proprio, eh?» rido.
«No, sono in questa scuola da un anno e già dal primo momento l'ho iniziata a odiare»
«Si vede» rido.
«Allora, l'aula di letteratura è questa, ma mancano 10 minuti all'inizio della lezione, quindi possiamo conoscerci un po' se ti và»
«Si certo, che ne dici se però prendiamo già posto?»
Lei acconsente e ci sediamo quasi nella stessa zona di prima. L'aula è identica a l'altra.
«Allora, dimmi. Cosa ti porta qui? Solo la scuola?»
«Diciamo di si, ma avevo bisogno di cambiare un po' aria. New York mi ha sempre affascinata»
«Questa città è magnifica, non la si può non amare»
Parliamo ancora un po' e scopro che ha la mia stessa età e che vive qui da tutta la vita. Abbiamo quasi gli stessi orari e in più abbiamo gli stessi gusti musicali e guardiamo lo stesso genere di film. Mi ha detto che lei è qui per recitazione e che le piace tantissimo.
Ha un accento americano bellissimo, la invidio.
«Ti và se nel pomeriggio facciamo un giro a Times Square? Ho bisogno di vestiti e quello è il posto migliore dove andare in momenti come questi. Mi piacerebbe passare il pomeriggio con te. Sei simpatica.»
Le sorrido e acconsento, dopodiché ci scambiamo i numeri per tenerci in contatto.
«Fai qualche corso pomeridiano?» le chiedo.
«Ancora non mi sono iscritta, ma ho una mezza idea di frequentarne uno. Tu?»
«Diciamo che mi incuriosisce il tiro con l'arco»
«Quello è bello! L'ho fatto l'anno scorso. Però credo che quest'anno cambio un po'»
Annuisco. E inizio a pensare a una cosa: lei vive qui da sempre e conosce bene la sua città. Chissà se...
«Posso farti una domanda?»
«Certo, dimmi pure»
«Cosa ne pensi tu della gente del Bronx?»
Ho bisogno di un parere diverso da quello di mia zia che è più che altro protettivo.
«Mmh non so. I miei mi hanno sempre detto di stare lontana da quel quartiere, però ammetto che mi incuriosisce. Le cose proibite mi attirano sempre!» ride.
Sorrido anch'io «Ma secondo te è tutta pericolosa quella gente?»
«A me piace pensare di no. La gente pericolosa c'è, però non solo nel Bronx. In tutto il mondo! Allora perché avere paura di quel quartiere? Secondo me siamo stati noi che, per paura perché sono diversi, li abbiamo respinti e loro si sono creati un posto tutto loro peggiorando caratterialmente. Non so se lo sai, ma addirittura la polizia evita di entrare lì»
Annuisco solamente. Questo non cambia la mia opinione su Ethan. Lui è diverso.
A proposito... È tutta la mattina che non lo sento. Non che mi aspettassi un suo messaggio, però vorrei sapere come sta. Ieri forse ho sbagliato a insistere tanto. Alla fine lo conosco da poco e non è tenuto a dirmi tutto quello che gli passa per la testa.

La mattinata finisce in fretta e Amber mi dice che nel primo pomeriggio mi manderà un messaggio per organizzarci.
Prima di uscire dalla scuola, vado alla reception e mi iscrivo al corso di tiro con l'arco.
Le lezioni sono il mercoledì e il venerdì dalle 16:30 alle 17:30.
Esco dalla Juilliard e mi rendo conto di essere affamata. So che tra poco dovrò mangiare, ma non posso più aspettare: vado da Starbucks e prendo un frappuccino al caramello. È buonissimo!
Vado verso la stazione della metro e non appena arriva la mia fermata, salgo.
In quindici minuti sono arrivata e ho finito la mia bevanda.
Con calma torno verso casa e una volta entrata mia zia inizia a farmi tantissime domande, emozionata per me, mentre pranziamo.
Sono le 16:30 quando Amber mi manda un messaggio:

"Hey! Che ne dici se ci incontriamo fuori alla Times Square 42 Street Station?"

È una metropolitana di Times Square.

"Certo! Ci vediamo lì!"

Velocemente prendo giusto un po' di soldi e li metto nella cover del cellulare, non mi và di portare la borsa. È troppo affollato lì.
Poso il cellulare nella tasca posteriore dei miei jeans e scendo di sotto.
«Zia io esco con un'amica»
«Va bene, per cena ci sei?»
«Credo di si. A più tardi»
Le lascio un bacio sulla guancia e vado a prendere la metro.
Per arrivare a Times Square ci metto un po' di più e quando arrivo lei è già arrivata.
«Eccoti! Allora, abbiamo tanti posti dove andare!»

Il pomeriggio vola letteralmente. È divertente stare in compagnia di Amber, non ti stanchi mai con lei.
Sono le 19:00 quando finiamo e, arrivate alla stazione della metro, ci dividiamo.
Ho comprato qualcosa anch'io, ma poco perché avevo già speso molto qualche giorno fa.
Arrivo davanti casa quando mi accorgo di una figura alta e muscolosa poggiata a una macchina davanti il mio cancelletto.
Non riesco a capire chi sia perché è tutto buio tranne per qualche lampione.
Silenziosamente procedo col capo basso e quando faccio per aprire il cancelletto quella persona mi stringe forte il braccio.
Spaventata mi stacco bruscamente dalla presa e mi giro verso la figura.

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