Capitolo 22 - Mamma!

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Ethan
Stranito apro la porta di casa e ci trovo un uomo sulla cinquantina un po' panciuto, con barba e capelli bianchi.
Non l'ho mai visto prima ma il suo sguardo mi fa irrigidire i muscoli e mi mette in allerta.
«Salve, sei Ethan Scott?» chiede con voce bassa e graffiata. Chissà quanto fuma...
«Chi mi cerca?» rispondo mettendo le braccia conserte.
«Sono il capo di sua madre. Abbiamo parlato questa mattina al cellulare» dice.
Non appena la sento nominare, sento un campanellino d'allarme e mi fischiano le orecchie. «Che succede?» chiedo subito.
«Beh, stava finendo di lavorare quando all'improvviso è svenuta, così l'ho portata subito in ospedale» dice dispiaciuto.
Lei... cosa?
Impreco e guardo Mat che per fortuna non sta sentendo la notizia che mi ha dato quest'uomo.
«Sai cos'ha?» chiedo già sapendo la risposta.
Nega col capo. «Non sono un familiare, non mi dicono niente»
Annuisco «Devo andare da lei. Grazie» Gli dico per poi chiudere la porta senza aspettare una sua risposta e vado a spegnere tutte le luci.
«Che succede Eth?» chiede Matias vedendomi chiudere tutto.
«Devi andare da nonna, preparati» gli ordino.
«Perché? E se torna mamma?»
Mi fermo un attimo e lo guardo. Mi inginocchio davanti a lui e gli dico: «la mamma non si è sentita bene. Devo andare da lei ma tranquillo, non è niente di grave» gli sorrido sperando che queste parole convincano anche me.
«Voglio venire con te» dice con decisione.
Gli accarezzo i folti capelli castani «Non puoi Mat, ma ti prometto che non appena mi dicono come sta, te lo dirò. Va bene?» gli sorrido nuovamente.
Lui non è molto convinto ma annuisce.
Usciamo di casa ed entriamo in macchina, nel frattempo chiamo la nonna:

<Ethan, caro! Come stai?>
<Io bene nonna, grazie. Scusami se ti disturbo a quest'ora ma mi serve che tieni Mat per un po' se non è un problema>
<Certo che no! Ma cosa succede?>
<Mamma non si è sentita bene e devo andare da lei, ma non dovrebbe essere grave. Poi ti racconto meglio>
<Quella donna lavora troppo! Non so quante volte gliel'ho detto>
<Già... comunque sono quasi arrivato>
<Ok, fai attenzione quando guidi>
<Certo nonna!>
Mi saluta e attacca

Ha ragione, mia madre lavora troppo. Deve smettere assolutamente con questo lavoro e non appena la vedrò, glielo dirò. I miei soldi sono abbastanza per pagare le spese e dovrà accettarli senza fare troppe storie.
Arrivo da mia nonna e faccio scendere Mat. Riparto solo quando vedo che apre il portone ed entra.
Mi rimetto in moto e in poco tempo arrivo all'unico ospedale della zona e parcheggio l'auto.
Subito entro dentro e vado alla reception dove trovo una donna con i capelli scuri legati e gli occhi stanchi.
«Salve, devo vedere una paziente. È arrivata qui da poco» dico frettoloso.
Lei mi guarda senza sentimenti «Nome e cognome?» chiede.
«Sharon Twist» rispondo.
La donna cerca qualcosa sul computer e poi prende dei fogli. «Lei chi è?» chiede continuando a leggere velocemente i fascicoli.
«Sono il figlio, Ethan Scott»
Lei annuisce e porta il suo sguardo su di me. «Sua madre è ricoverata nella stanza 165, al terzo piano»
La ringrazio e corro subito su per le scale pentendomi ben presto di non aver preso l'ascensore.
Questo posto fa schifo: è tutto bianco e puzza di ospedale, non voglio che mia madre rimanga qui al lungo.
Arrivato al terzo piano, trovo subito la stanza di mia madre ma davanti alla porta c'è un medico che controlla quella che credo sia la sua cartellina.
«Lei è il medico di Sharon Twist?» chiedo all'uomo dai capelli corvini.
Lui porta il suo sguardo su di me «E tu chi saresti?»
«Sono il figlio, la prego mi dica come sta» dico ormai disperato.
Non ne posso più, devo sapere cos'ha avuto. Voglio vederla cazzo!
L'uomo si toglie gli occhiali da vista e mi guarda con compassione «Sua madre ha avuto un ictus»
Mi cade il mondo addosso. No, non a lei.
«L'ictus può presentarsi in un qualsiasi momento, arriva tutto all'improvviso e mi spiace dirlo ma la situazione di sua madre è grave» continua.
«Non c'è una cura? Un modo per farla guarire?» sto dicendo una cazzata ma non posso perderla.
«Noi facciamo il possibile ma non esiste una cura. Possiamo solo rallentare il processo»
Non voglio credere che questo stia capitando proprio a lei...
Questo è un fottuto scherzo!
«Quanto le rimane?» chiedo sconfitto.
«Poco più di un mese.»
Sto per sentirmi male, mi fa male il petto e mi fischiano le orecchie. Sta iniziando a venirmi mal di testa, devo sedermi.
«Vogliamo tenerla una settimana con noi per controllarla, dopodichè non servirà più rimanere qui per lei. La avviso che sua madre potrebbe avere alcuni sintomi come mal di testa, mancanza di sensibilità e forza o comparsa di formicolio a braccia e gambe. In più potrebbe trovare difficoltà a parlare o a vedere da un lato ma il tutto solo per alcuni minuti»
«Ok grazie» sussurro buttandomi su una sedia e massaggiandomi le tempie.
Il dottore mi poggia una mano sulla spalla «mi spiace molto»
«Posso vederla?» chiedo.
«Si ma sta dormendo, quindi fa silenzio e aspetta che si svegli. Ha bisogno di riposo»
Annuisco e a fatica mi alzo dalla sedia per poi entrare nella stanza.
La camera è completamente bianca: al centro c'è il letto di mia madre con alla sua sinistra una finestra. Alla sua destra invece c'è una poltrona.
Mia madre è stesa sotto le coperte ed è più pallida del solito...
Mi siedo sulla poltrona vicino a lei e le prendo la mano sospirando e aspettando che si svegli ma senza rendermene conto poggio la testa sul suo lettino e mi addormento ormai esausto.

Ashley
Sono ancora un po' arrabbiata con Ethan, però in effetti non ho il diritto di intromettermi nella sua vita. Non so molto di lui, quindi non posso dire chi è realmente.
Quando ho detto quelle parole ero sincera... a me lui sembra un ragazzo perfetto, anzi, anche troppo per quel distretto...
Forse ha frainteso.
Beh sta di fatto che devo scusarmi con lui, devo chiamarlo.
Prendo il cellulare e cerco il suo numero in rubrica ma prima di cliccarci sopra ci rifletto un attimo.
E se non volesse sentirmi? Non credo perché prima ho visto che ha iniziato a seguirmi su Instagram.
E se stesse mangiando? No impossibile, sono le tre del pomeriggio!
Ok basta. Ora lo chiamo. Clicco sul suo nome e aspetto che risponda.
Uno squillo, due squilli, tre squilli e poco dopo sento la segreteria.
Ecco lo sapevo, non dovevo chiamarlo.
Decido di spegnere il telefono e non pensarci, domani ho canto e pianoforte. Devo studiare.
Mi metto alla tastiera e mi esercito su qualche brano fino alle cinque del pomeriggio e poi decido di prendere il libro di teoria di canto e di studiare le pagine che ci aveva spiegato il Signor Clifford.
È un po' noiosa la teoria ma senza quella non vado da nessuna parte, devo studiarla bene.

...

Forse ho preso troppo alla lettera quello che ho detto... sono le otto di sera ed è addirittura entrata mia zia in camera per assicurarsi che fossi ancora viva.
«Hey Ashley, tutto ok?» chiede aprendo la porta.
«Si zia, scusami ma stavo studiando» le dico.
Lei mi sorride e mi si avvicina «ti vedo pensierosa. Sicura che va tutto bene?»
Faccio un sospiro. Forse parlare con lei può aiutarmi. «Credo di aver fatto innervosire Ethan. Non risponde alle chiamate e di solito è sempre attaccato al cellulare per scrivermi anche una piccola cretinata»
«Come mai? Che puoi avergli mai detto?» mi poggia la mano sulla spalla.
«Ho la lingua troppo lunga e fino a qualche ora fa ero io quella arrabbiata con lui, ma ora...» abbasso lo sguardo sul cellulare che non ha nemmeno una notifica.
«Sono sicura che risolverete. Quel ragazzo pende dalle tue labbra» mi bacia la guancia. «Forza, vieni in cucina che è pronta la cena»

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