Me ne andai dal laboratorio? Certo che no.
Rimasi per un'intera mezz'ora a parlare con Tanya, entrambe sedute sopra la sua poltroncina rossa. Discutevamo dei più svariati argomenti, anche se cercavo di non aprire discorsi troppo umani per un androide, come la rabbia che stavo provando in quel momento per i due scienziati saputelli.
Non avevano ancora smesso di lavorare. Alix, per di più, continuava a dettargli delle cifre. Dopo avermi spiegato che non sarei stata capace di aiutarli, mi ero sentita uno straccio. Un'inutile presenza all'interno di quel laboratorio. Soprattutto, quando, proprio la mia amica del cuore -e lo pensavo con disprezzo- mi consigliò di chiacchierare con Tanya se non mi andava di tornare subito a casa.
Io mi ero morsa la lingua finché non era divenuta dolorante per non sputare una marea di sentenze poco carine nei loro confronti. Perché, contrariamente, non lo avevo fatto? Per orgoglio. Sì, era proprio così: non avevo aperto bocca soltanto per orgoglio.
Arrabbiarmi davanti a quei due avrebbe solamente dimostrato loro che mi sentivo inferiore. E, nonostante stessi realmente provando quella orribile sensazione, non avevo l'assoluta intenzione di abbassarmi a tal punto, mostrandomi desiderosa di poter essere considerata o costringendoli a trattarmi come fossi intelligente al loro livello.
Mi stavano facendo sentire uno schifo, ma la questione intaccava la mia dignità. No, non avrei mai concesso una simile soddisfazione al grande maleducato e all'insopportabile ragazza che gli stava accanto.
Dopo una lunga mezz'ora conclusero ciò su cui erano impegnati. Anche Tanya ed io dovemmo stoppare il nostro discorso perché Xavier si girò verso di me dicendo: «la prossima volta, per favore, abbassa quella voce.»
«E tu abbassa quella cresta.»
«Ragazzi.» Alix aveva appena finito di parlare al cellulare. Rigorosamente marcato Star Phone. «I miei vorrebbero che tornassi a casa immediatamente siccome non li avevo avvisati che sarei uscita. Non giudicatemi: mi avrebbero posto troppe domande e non avrei avuto voglia di spiegare tutto. O meglio, mentire.» Fece una linguaccia. «Posso uscire da qui, Xavier?»
Lui interpellò Tanya, che possedeva dei sensori apposta per captare se ci fosse qualcuno nelle vicinanze del sottoscala. «Negativo, signore.»
«Ottimo!» Alix si sistemò la sua borsa sulla spalla. «Devo dire che mi dispiace lasciare il laboratorio. Benché abbiamo solamente lavorato tutto il tempo, mi sono anche divertita! Le mie giornate sono cambiate da quando sono entrata nel team.»
Di nuovo quella parola. Ma basta!
«Ti accompagniamo di sopra, dai.» Xavier mi fece cenno di seguirli e uscimmo attraverso la botola. Stranamente fu educato e mi concesse di passare per prima dopo Alix.
Mentre ci avvicinavamo al portone da cui eravamo entrati, due uomini fecero il loro ingresso dentro la villa.
Li riconobbi subito: il padre di Xavier affiancato dal loro solito autista personale. Il primo guardò tutti e tre salutandoci. Ma in particolare -e ne avevo un forte presentimento- fissò per bene me e Alix, per poi girarsi verso il figlio ed esclamare: «Xavier, ma quante ragazze hai?»
Lui spalancò gli occhi e si affrettò a spiegare che Alix fosse soltanto una sua compagna di classe e mia amica. Vederlo così imbarazzato non mi dispiaceva: aveva appena fatto la figura del playboy davanti a suo padre. Speravo proprio che il disagio che stava provando lo avrebbe fatto riflettere meglio la prossima volta che avrebbe deciso nuovamente di invitare Alix a casa sua.
Alix aveva fretta, per cui si presentò frettolosamente a Vincent Leblanc e all'autista, per poi correre fuori dall'abitazione come se qualcuno la stesse inseguendo. Rimanemmo solo Xavier ed io nell'atrio, mentre la mia testa era intenta a rimuginare una scusa per dileguarmi.
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Il mio Ricco e Arrogante Scienziato
RomantizmCamille pensa di conoscere tutto di Xavier Leblanc, il figlio del ricco fondatore della Star Corporation, un'importante azienda di Parigi che ha creato la Star Phone. Lo considera una "scatola vuota", un ragazzo dall'accattivante bellezza esteriore...