Capitolo XV.

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«Cos'è stato quel rumore?»

La voce del padre mi fece sobbalzare di nuovo, ma questa volta evitai accuratamente di sbattere la testa.

Mi sentivo una totale stupida. Xavier stava per finire nei pasticci a causa mia.

«Di quale rumore parli?»

«Ho sentito un tonfo.»

Xavier mi stava coprendo e sperai che riuscisse a farlo a lungo. Una parte di me imponeva alla mia razionalità di non emettere alcun suono e di non uscire allo scoperto. Ma quella opposta mi stava sollecitando a balzare fuori dal letto e inveire contro l'ultima decisione che il padre aveva preso per lui.

Ma quale potere avrei potuto avere, in fondo? Quell'uomo pareva una statua di marmo, una persona risoluta e per niente incline a negoziare un altro tipo di accordo.

«Io non ho sentito niente» ribatté Xavier. Probabilmente, dentro di sé, mi stava maledicendo.

Il cellulare del padre squillò abbastanza forte da far trasalire entrambi. Vidi che lo aveva afferrato velocemente dalla tasca dei suoi pantaloni eleganti.

«La discussione termina qui» sentenziò perentoriamente.

Poi diede le spalle al figlio e uscì dalla sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

L'avevo scampata in maniera eclatante, non c'era altro da dire.

Ma sbucai immediatamente fuori dal letto, guardando Xavier. Lui aveva già preso a fulminarmi con lo sguardo.

«Lo so, sono stata pessima, ma...»

Mi interruppe. «Pessima? Sei una completa stupida.»

I soliti complimenti.

«Ma lo sai il motivo per cui ho sbattuto la testa contro il letto?» Tornai seria. Come non lo ero mai stata.

«Tuo padre vuole portarti via da Parigi.»

«Lo so.»

«Tutto qui?» chiesi titubante. Ma notai subito la sua faccia tesa. Xavier era abile nel mostrarsi invincibile e fin troppo sicuro di sé, non per niente era così egocentrico, ma in quel momento non riuscì proprio a nascondere la sua inquietudine.

«Devo parlare meglio con lui» disse. «Oggi evidentemente era nervoso.»

«Quindi, quando tuo padre è nervoso, minaccia di farti diventare un pacco postale da sballottare in giro?»

«E' una persona difficile.» Tale e quale a Xavier. «Ma forse non pensava veramente quello che ha detto.»

«Forse? Ciò significa che neppure tu ne sei sicuro.»

«No, come potrei esserlo?» mi rispose con tono ovvio. «Però lo conosco e so come girare la situazione dalla mia parte. Rimarrò qui, a Parigi, stanne certa. Non posso abbandonare il mio lavoro e la scuola.»

E te, avrei desiderato che dicesse. Ma ovviamente non lo pronunciò.

Il mio cuore venne scosso da una lieve fitta triste.

«Prima che tu possa rovinare i miei piani come al solito...» Xavier mi indicò il suo balconcino fuori dalla finestra «esci da questa camera.»

Mi avvicinai e aprii la finestra per controllare quanto fossimo distanti dal suolo. Il balconcino era al secondo piano ma al di sotto c'era un grande prato verde che circondava l'intera villa sfarzosa della famiglia Leblanc.

«Devo scendere dal balcone?»

«Se desideri uscire dall'ingresso principale fai pure» replicò lui da saccente. «Incontrerai mio padre e ti addosserai tutta la colpa, spiegandogli che ti sei intrufolata in casa senza il mio permesso.»

Il mio Ricco e Arrogante ScienziatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora