Capitolo XXXV.

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La risposta di Martin mi lasciò un po' spiazzata.

Il responsabile della manomissione del sistema interno di Tanya, secondo lui, era la N.U.A.T. Proprio la società segreta con cui Xavier collaborava.

«Non... non credo sia possibile» risposi.

«Conosci le reazioni della N.U.A.T.? Sai prevedere le loro mosse?»

«Beh, no, ma...» Scossi la testa. Era un sospetto privo di logica. «Sono sicura che non sia un'associazione a delinquere. Hai appena attribuito alla N.U.A.T. l'intenzione di volermi eliminare attraverso Tanya. Perché avrebbe dovuto hackerare il suo sistema e perseguitarmi?»

«Già lo stava facendo. Ricordi? Alcuni dei suoi uomini ti sorvegliavano insieme a Xavier.»

«Questo è vero, però ritengo sia una società che gode di una certa serietà. Se avessero qualche problema con lui, in particolare a causa del fatto che io ne sia venuta a conoscenza, presumo che ne parlerebbero al diretto interessato, senza tentare di uccidere una povera ragazza.»

Martin arricciò il naso. Non era per niente d'accordo e non comprendevo la ragione del suo dissenso.

Provai a formulargli un altro esempio per chiarire la mia posizione. «Quando hai deciso di abbandonare la tua cooperazione con la N.U.A.T. ci sono state per caso delle conseguenze negative? Non mi pare dal momento che sei qui, davanti a me, vivo e vegeto.»

Sebbene rammentai immediatamente una sua ambigua affermazione che mi aveva riferito durante il compleanno di Xavier. Non volevo entrare in affari più grandi di me, aveva detto.

Martin si morse un labbro.

«Non è andata esattamente così.»

«Cioè?»

«Rinunciare non è una cosa semplice se si tratta di una società segreta. Ho abbandonato il mio supporto alle ricerche della N.U.A.T. circa un anno fa. Il suo capo non permette a qualsiasi membro di sospendere i propri impegni e il contratto stipulato senza avere la certezza che la persona manterrà il silenzio sulla sua esistenza, su ciò per cui ha contribuito a lavorare. E ne ho ricevuto una prova esaustiva.»

«Perché? Cos'è successo?»

«In realtà non dovrei dirtelo...» Si arruffò la sua chioma di capelli neri, stringendo i denti. «Ma la circostanza lo richiede. Promettimi che non svelerai nulla neanche sotto tortura.»

Io annuii.

«Vedi, il capo della N.U.A.T. mi aveva dato degli avvertimenti. O, forse, dovrei dire delle minacce. Il giorno in cui gli comunicai la mia decisione di rifiutare l'incarico del quale mi ero occupato fino a quel momento, lui mi sottolineò che non ero stato di parola, accusandomi di avere soltanto paura, paura di essere partecipe di un progetto così grande e importante, che avrebbe potuto cambiare anche la mia vita insieme a quella di moltissimi altri scienziati sparsi per il mondo che lavorano per la realizzazione del medesimo obiettivo. Pensai che il suo disappunto fosse normale, probabilmente non era abituato a perdere inaspettatamente dei collaboratori. Collaboratori che conoscono troppe cose che non dovrebbero, anzi, che non sono possibili da divulgare in giro. Proprio per questo motivo mi mise in guardia e mi riferì che non mi avrebbe lasciato andare fingendo che non fossi mai stato un loro socio.»

Il suo racconto mi stava allarmando. Non ero veramente sicura di voler sapere i dettagli di cui aveva scelto di parlarmi.

«Mi ordinò di tacere l'esistenza della N.U.A.T. con chiunque, non avrei dovuto aprire bocca. Poi disse che, casomai avesse scoperto della rottura del nostro patto, ne avrei pagato le conseguenze. Osò fare leva sulla mia famiglia, evidenziandomi come le avrei pagate. Uno sporco ricatto.»

Il mio Ricco e Arrogante ScienziatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora