Canzone: "Nessuno vuole essere Robin", Cesare Cremonini
April è andata via stamattina presto, mentre io stavo ancora facendo colazione. Ho detto ai miei che sarei arrivata per l'ora di pranzo e, considerate le mie doti alla guida e il necessario utilizzo del navigatore, credo che partirò alle 11 nonostante ci vogliano solo trenta minuti a giungere a destinazione.
Lo zaino è pronto, i regali li ho comprati qualche giorno fa in centro, qui a Buffalo. Non mi resta altro che andare.
Uscendo dall'appartamento provo una strana sensazione nel guardare quella porta di fronte chiusa e vuota, suppongo.
Poso tutte le mie cose a terra e mi avvicino: riesco ad immaginare i suoi occhi blu che mi guardano arroganti, i suoi riccioli neri sempre un po' arruffati e gli zigomi duri e, spesso, ricoperti da qualche livido.
Mi adagio con la guancia alla porta, appoggiandovi le mani ed è come se sentissi il suo profumo.
Improvvisamente, però, si apre e se non fosse stato per il suo corpo e le braccia che mi prendono in tempo, sarei caduta a terra.
La situazione è davvero imbarazzante: mi ritrovo attaccata al suo petto e, alzando la testa, noto la sua espressione interrogativa.
Dovrei pensare a quale scusa inventarmi, al perché ero appiccicata alla porta ma non ci riesco: i suoi occhi mi impediscono di riflettere, rimango imbambolata a guardarli e il mio corpo è tutto percorso da brividi.
«Che cosa ci fai qui?» domanda interrompendo questo momento, aiutandomi a ritrovare equilibrio.
«Ehm... io stavo solo» balbetto scostando lo sguardo per concentrarmi «Mi erano cadute le chiavi e mi ero appena alzata quando hai aperto la porta».Lo so, non è affatto un'ottima scusa, anzi so per certo che mi sono cacciata in un bel guaio.
«Sì, le chiavi» volta il viso verso il mio zaino appoggiato nel corridoio, sopra al quale avevo appoggiato le chiavi. Che stupida.«Mi dispiace» dico raccogliendo le mie cose «Non credevo fossi qui».
«Non ti preoccupare» i suoi muscoli si rilassano, lo vedo dai lineamenti del viso che quasi sembrano addolcirsi «Potevi bussare» ammicca.Non so bene spiegare il perché, ma Aron cerca continuamente di provocarmi e questa cosa inizia a darmi fastidio.
Tuttavia si tratta di un fastidio piacevole e non so come comportarmi.
«Oh no, io non volevo bussare» mi ricompongo cercando di recuperare un po' di dignità e mostrarmi dura.
Lui fa un sorrisetto e capisco di non essere affatto convincente per quanto riguarda il mio atteggiamento. Senza rendermene conto continuo a fissarlo e ricambio il sorriso.
«Te ne vai?» chiede senza togliermi gli occhi di dosso.
«Sì, i miei genitori mi aspettano a casa, a Canalside» lo informo felice di poter affrontare con lui una conversazione "normale" rispetto al solito «Tu rimarrai qui?».A questa domanda si irrigidisce di colpo, come se avessi appena toccato un tasto dolente. Dalla sua espressione inizio a temere una risposta aggressiva, ma: «Sì, i miei sono andati in vacanza in Europa» dice con tono pacato.
«Mi dispiace» le vacanze natalizie sono da passare in famiglia, a parer mio, e nessuno dovrebbe rimanere da solo.
«Non importa, non ho mai amato il Natale, né tantomeno festeggiato» nelle sue parole colgo un po' di amarezza e mi pento di averglielo chiesto.Cosa gli può mai essere successo per considerare così brutto il Natale? Forse sono solo diventata paranoica ed è semplicemente questione di gusti, ma mi fido del mio istinto e il mio istinto sostiene che ci sia qualcosa che non va.
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Vivimi senza paura
RomanceLuce ha tutto ciò che una ragazza di diciannove anni dovrebbe avere: due genitori affettuosi e la possibilità di prendere posto al college, dove potrà inseguire il sogno di diventare una scrittrice. Purtroppo, qualche anno prima, qualcosa nella sua...