Capitolo 19

302 41 89
                                    

Canzone: "Non me lo so spiegare", Tiziano Ferro

April mi ha obbligata a comprare un abito rosso, piuttosto corto e con una profonda scollatura sulla schiena.

Probabilmente non lo indosserò mai, ma non mi avrebbe lasciata in pace se non l'avessi accontentata.

Perciò eccomi qui, con una busta in mano firmata di una marca che neanche conoscevo, e un'altra che contiene un paio di jeans attillati a vita alta.

Non ricordo precisamente dove ho parcheggiato la macchina, ma so per certo che siamo molto lontane ancora.

L'aspetto positivo è che mi sto godendo a pieno le strade del centro di Buffalo la mattina delle vacanze natalizie e, nonostante pensassi che avremmo incontrato poche persone, le vie sono molto affollate, soprattutto da famiglie.

Abbiamo camminato così tanto che ho smesso di sentire il freddo alle guance e al naso, diventato rosso come un pomodoro, e ringrazio me stessa per essermi messa i miei Ugg grigi preferiti.

Un panino caldo al formaggio è stato il nostro ricchissimo pranzo, ma devo ammettere che era comunque molto buono.

Una volta tornate a casa, April va a farsi una doccia calda mentre io sistemo le ultime due cose acquistate. Le ho ceduto il posto per prima in bagno perché ha promesso di andare a fare la spesa per noi con Nathan, che sarà qui a momenti. Ho accettato solo per questo.

Non appena noto che è riuscita a farsi la doccia in cinque minuti, a vestirsi in meno di due e a truccarsi perfettamente nel giro di dieci, mi sale un istinto omicida.

«Tu vorresti dirmi che in così poco tempo sei riuscita a fare tutto questo? Se lo vuoi, sei capace di essere persino in anticipo» la punzecchio un po' irritata, dato che con me ha sempre fatto ritardo.

«Ma tu sei troppo ossessionata dalla puntualità. Io se lo sono è solo una pura coincidenza» ride prendendo un bicchiere d'acqua dalla cucina.

«E fammi indovinare... questa coincidenza si chiama Nathan?» dico roteando gli occhi. Lei scuote la testa e il campanello suona: arrivato, preciso come al solito.

Li saluto e affido alla mia amica la lista della spesa sulla quale mi sono molto concentrata, sperando che non dimentichi niente.

Mi sono raccomandata soprattutto per il caffè, senza il quale non potrei affrontare nessun tipo di giornata, e per le pizze: se domani sera Nathan sarà a cena da noi sarà più facile cuocere della pizza in forno, piuttosto che cucinare per tre.

Il getto di acqua calda rilassa il mio corpo e addolcisce i muscoli intorpiditi dal freddo. Ho dimenticato di mettere la musica, ma non mi sporgerò solo per avere un po' di sottofondo.

È inevitabile che venga inghiottita dai miei pensieri, che mi portano dappertutto: penso a Ryan e alle lettere che aveva promesso che non sono ancora arrivate, ma forse è presto e cosa me lo chiedo a fare se mi sembrava un'idea troppo sdolcinata?

Poi penso a quante cose belle potrò dare sfogo utilizzando la macchina da scrivere che mi ha regalato la mia famiglia, certo che mi conosce proprio bene.

E infine penso a Aron. Di nuovo.

E mi succede un po' troppo frequentemente in questi ultimi giorni. Non mi ero mai soffermata a riflettere su quanto sia bello, ho sempre giudicato il suo carattere.

Ma ora rivedo i suoi occhi azzurri ghiaccio, che di azzurro hanno poi molto poco. Forse sono grigi. Gli zigomi duri sempre pieni di lividi e la mascella prominente, ma non troppo. Le labbra costantemente rotte, spezzate e chissà perché. Le spalle larghe e le braccia forti che sanno di sicurezza ma anche di pericolo.

Vivimi senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora