Capitolo 36

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Canzone: "Cheyenne", Francesca Michelin

Apro gli occhi di colpo e Aron non c'è. Forse ho sognato e se così fosse è stato il sogno più bello che potessi sperare di fare.

Mi fa male la schiena e ho le braccia indolenzite. Mi siedo sul morbido tappeto bianco sul quale ho dormito, qui fuori sul balcone.

Non indosso niente, quindi raccolgo la coperta e la porto sotto le braccia per riscaldare il mio corpo. Ok, forse non è stato solo un sogno. Mi massaggio la schiena e raccolgo in una coda disordinata i miei capelli color cioccolato.

«Buongiorno» una voce dolce e sensuale proviene dalle mie spalle. Deve aver appena finito di farsi una doccia dato che è completamente nudo e porta un asciugamano in vita.

Rimango a bocca aperta, gli occhi sbarrati e mi chiedo per quanto tempo possa ricevere questo splendido risveglio.

«Ehm... buongiorno» balbetto portandomi una mano vicina alla fronte per evitare che il sole mi accechi.

«Dormito bene?» domanda con un ghigno malizioso sul viso.
«Bene, sì... sono solo un po' indolenzita» ammetto lanciandogli un cuscino addosso non appena vedo che sta ridendo.

«Come sei fragile» mi canzona lui «Se vuoi farti una doccia il bagno è libero e direi che è il caso che tu ti sbrighi se non vuoi che la colazione si raffreddi».

«Un momento, tu sai cucinare?» ridacchio ricevendo indietro lo stesso cuscino che gli avevo scagliato poco fa «Agli ordini!» mi alzo mantenendo addosso la coperta e mentre passo accanto a lui, lascio che la mia spalla tocchi il suo braccio e in un batter d'occhio ritornano i brividi. Ma dico è normale che una persona faccia quest'effetto?!

Lavo in fretta i capelli e mi godo cinque minuti sotto l'acqua calda, mentre inevitabilmente i miei pensieri tornano a ieri sera.

Sono così felice che basterebbe una minima cosa a mandare il mio cuore in frantumi.

Scendo al piano di sotto, indossando il maglione bordeaux e le calze nere che April mi aveva preparato. Dio ti benedica April!

Aron è indaffarato ai fornelli e ne approfitto per appoggiarmi allo stipite della porta della cucina per ammirarlo: i pantaloni grigi della tuta e un maglioncino bianco aderiscono perfettamente al suo corpo, mettendo in risalto i suoi muscoli e le sue spalle larghe.

Potrei restare a guardarlo per ore, così incantata e in silenzio. Prima che lui si giri e mi scopra ad osservarlo tanto intensamente, mi schiarisco la gola rumorosamente in modo tale che lui si accorga di me.

Mi squadra da capo a piedi e per poco la padella con l'omelette non casca a terra. Gli angoli delle sue labbra si sollevano e dal suo sguardo capisco che forse gli piaccio vestita così.

«Potrei abituarmi a questo tuo aspetto casalingo» afferma stampandomi un bacio sulla bocca. Se solo sapesse che a casa indosso solo il pigiama o una tuta con le paperelle. Forse non direbbe la stessa cosa.

Mi porto una mano alla bocca per non ridere, ma niente: è troppo tardi, se n'è accorto.
«Cosa c'è di tanto divertente?» domanda sedendosi su uno sgabello in legno.

«Sei carino quando cucini» mento spudoratamente, anche se è davvero carino.

Passiamo l'intera giornata a coccolarci, a stare sdraiati sull'erba in silenzio per sentire il rumore delle cascate poco distanti e ci godiamo un film sul divano accanto alla stufa.

Vorrei che tutto questo non finisse mai, ma si sono fatte le sei e entrambi dobbiamo tornare ai nostri appartamenti.

Aron carica tutte le mie cose in auto e facciamo ritorno agli alloggi. In questi due giorni sento che il nostro legame si è rafforzato, anche se non ho ancora capito bene cosa ci sia tra di noi.

Vivimi senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora