Capitolo 22

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Canzone: "Breaking me", Topic, A7S

Apro gli occhi di colpo, con la strana sensazione che qualcosa stia fischiando nelle mie orecchie.

Mi porto una mano alla testa, ancora intontita e guardo l'ora indicata dal cellulare: le 3:30.

Ok, cosa ci sarà di strano? Mi sono solo svegliata nella notte, può succedere.

Poi, però, mi avvicino meglio alla schermata illuminata e noto quattro chiamate senza risposta da Nathan.

Mi alzo di getto e tento di ricomporre velocemente il numero sgranando gli occhi ancora assonnati. Uno squillo, due, tre... ma niente.

Dev'essere successo qualcosa e di certo non posso starmene ferma qui. Tolgo il pigiama e indosso un paio di jeans, un maglione nero pesante e prendo la borsa.

Il telefono vibra di nuovo e rispondo senza neanche aspettare due secondi: «Nathan pronto? È successo qualcosa? Dov'è April, come sta? Perché non mi ha chiamata lei?» domando in fretta presa da una strana frenesia e un istinto materno quasi simile a quello di mia madre.

«Luce calmati, sono io» la voce di Aron mi interrompe dall'altro capo del cellulare «Devi venire qui subito, la tua amica ha bevuto un po' troppo e Nathan adesso è in camera con lei. Non riesce a farla alzare» informa lui con disprezzo, ma allo stesso tempo agitazione.

Se una persona guardasse questa scena dall'esterno penserebbe di trovarsi all'interno di una tragicommedia teatrale.

«Cristo santo» e mentre infilo le scarpe maledico April in tutte le lingue possibili e immaginabili «Sto arrivando» sbotto chiudendo la chiamata, non lasciando modo ad Aron di ribattere.

Anche se non credo avesse altro da dire.

Stava andando tutto bene, dormivo beatamente e sognavo mia mamma che preparava gli waffles. Ci mancava solo questa, adesso. Possibile che non si riesca a stare un attimo tranquilli?

Salgo in macchina e sfreccio alla velocità della luce, che se farò un incidente mi avranno tutti sulla coscienza.

La rabbia piano piano si attenua, ma continuo a chiedermi come ci si possa ridurre così male da non riuscire a muoversi.

La villa è affollata di ragazzi più agitati e ubriachi del solito: si vede che è Capodanno. Cammino procedendo a zig zag tra di loro e, una volta varcata la soglia d'ingresso, mi guardo intorno alla ricerca di un viso conosciuto.

Diamine non vedo nessuno, perché sono così bassa?!

«Luce, Luce sono qui!» sento gridare qualcuno dietro di me. Ecco Aron, appollaiato al corrimano delle scale che portano al piano di sopra.

Mi intrufolo tra una persona e l'altra nascondendomi perché è alquanto imbarazzante presentarsi in jeans e maglione ad una festa.

Ma adesso non mi importa e forse dovrei adottare questa tecnica per mimetizzarmi meglio.

Riesco finalmente a raggiungerlo e, prima che possa dire una parola, mi fa cenno con la testa di salire e lo seguo.

Non ero mai stata quassù, né avrei mai pensato di farlo. Questo è territorio riservato a coloro che fanno parte della confraternita e possono metterci piede solo loro e le ragazze che decidono di portarsi dietro.

«Si può sapere quanto è lungo questo corridoio?» dico con affanno. È stata tutta una corsa contro il tempo per arrivare qua e ho ancora il cuore che mi balza in gola.

Sento Aron ridere della mia domanda ed è strano. Vorrei poterlo guardare mentre sorride, sicuramente sarebbe bello e così diverso.

Invece continua a darmi le spalle e capisco di aver perso l'unica occasione di vederlo ridere.

Vivimi senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora