Capitolo 35

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Canzone: "Breathe", Lauv

A dieci minuti dalle cascate, percorrendo un sentiero tortuoso che sale ancora più su sulla collina, c'è un piccolo rifugio nascosto tra gli alberi.

L'esterno è edificato con dei mattoni per il piano terra e poi con del legno marrone chiaro per il primo piano e il tetto. Un grande balcone si sporge dalla sommità e tutt'intorno c'è un prato fiorito di ciclamini e rododendri, i miei fiori invernali preferiti per l'appunto.

Guardo Aron sbalordita, a bocca aperta e con gli occhi che luccicano. Tutte queste emozioni, questa felicità che solo lui è riuscito a darmi in così poco tempo, fanno accelerare i battiti del mio cuore.

«Non potrò mai ringraziarti abbastanza» mi volto verso di lui, che ha appena spento il motore dell'auto parcheggiata.

«Per cosa, Luce?» domanda inarcando un sopracciglio.
«Per tutto questo, per avermi resa... felice. Sì, credo per questo» ammetto giocherellando con le mani un po' imbarazzata.

Io non dico mai quello che provo, non confesso certe cose. Eppure è quello che è appena successo. Addio autocontrollo.

«Non devi ringraziarmi, davvero» il suo sguardo si fa triste, poi mi accarezza il viso «Dovrei essere io a ringraziare te». Appoggio la mano sulla sua, ferma sulla mia guancia e mi concedo di chiudere gli occhi per qualche secondo con un sorriso sul volto.

«Andiamo dentro?» domanda rompendo il silenzio. Annuisco e apro la portiera dell'auto. Raccolgo le mie cose dal bagagliaio mentre Aron raggiunge un anziano signore sulla porta della casetta di legno.

Mi avvicino a loro e l'uomo dai capelli bianchi brizzolati mi rivolge un caloroso sorriso.

«Spero passiate un bel San Valentino» esclama con la voce rauca e facendo una sorta di inchino con la testa. Mi sciolgo: adoro le persone come questo signore. Così genuine, sincere.

«Grazie mille Tom, ti riporterò le chiavi domani sera. Va bene?» Aron ha un tono gentile, quasi premuroso verso quest'uomo.

«Oh non preoccuparti, puoi tenerle per un po' tanto io e mia moglie non torneremo qui prima di Pasqua» racchiude la forte mano di Aron con entrambe le sue.

Mi si stringe il cuore nel vedere il signor Tom così affettuoso, pronto a rinunciare alla sua adorabile casetta solo per far felici due ragazzi come noi.

«È molto gentile da parte sua signor Tom» dico io sfoggiando il più bel sorriso «Grazie mille».

«Conosco questo spilungone da un bel po' di tempo» afferma ridacchiando e indica Aron «Ed è la prima volta che porta una ragazza con sé, per di più bella come te. Devi cogliere la balla al balzo».

Arrossisco e noto che anche Aron fa lo stesso, mentre ride sotto i baffi.
«La ringrazio, davvero signor Tom» annuisco con la testa.

«Tutti meritano una seconda possibilità» e ci lascia soli con questa frase. Si incammina verso la sua auto e se ne va.

Non ho mai creduto a questo, a dare una seconda possibilità. Le persone non cambiano, rimangono esattamente come le hai conosciute la prima volta.

Ma non so perché qui, con Aron, quella frase assume un valore diverso.

«Lo conosci molto bene?» chiedo entrando nell'abitacolo.
«Sì, affittava questa casa a mia madre molto spesso» afferma con un velo di nostalgia.

"Dio Luce vuoi chiudere quella bocca?!", sì la voce nella mia testa ha ragione. Dovrei mordermi la lingua.

«Allora, ti piace?» domanda chiudendo la porta alle sue spalle.

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