Capitolo 20

284 38 134
                                    

Canzone: "Noccioline", Carl Brave

Nathan arriverà appena dopo l'ora di pranzo e, più il momento si avvicina, più April saltella qua e là per casa felice.

Continua a ripetere parole come "capisci, sta per passare un'intera giornata in casa nostra, non è fantastico?" e ne farfuglia altre senza senso.

Di tutta risposta alterno tra alzare gli occhi al cielo, scuotere la testa e portarmi una mano sulla fronte.

Non credevo di poter mai arrivare a pensare una cosa simile, ma non vedo l'ora che Nathan arrivi, così la smetterà di farmi impazzire con i suoi gridolini.

Ha mangiato un piatto di cannelloni alla velocità della luce, cannelloni che erano avanzati al pranzo di Natale con suo papà: qui non si butta niente, soprattutto se riguarda il cibo.

Quando il campanello suona e Nathan entra con un sacchettino pieno di pasticcini per fare merenda, mi rendo conto che forse averlo in casa è ancora meglio di quello che avevo pensato.

Spero e mi auguro soltanto che non facciano sesso nella nostra camera.

Mentre loro stanno sul divano a scegliere un film da guardare, io esco in terrazza. Prendo una sigaretta e la porto alla bocca. Una nube di fumo si alza nel cielo, spazzata via da un leggero venticello invernale.

Fuori fa freddo, ma dopo qualche minuto mi adatto e ci faccio l'abitudine.

È più o meno ciò che provo ogni volta pensando a Aron: è capace di mandarmi fuori di testa, ma piano piano ci prendi gusto e non sembra poi così cattivo.

O forse dovrei lasciar perdere tutto? Se c'è una cosa con la quale non riesco a convivere è l'incertezza, il caos: e questo è Aron, caos.

E poi penso, qui appoggiata alla ringhiera, come sia appagante questo senso di leggerezza, di armonia dovuto al non avere nessuno intorno a me.

Tuttavia, se da un lato mi piace, dall'altro mi spaventa: voglio davvero che la mia vita sia così tranquilla? Rimango in silenzio ed inspiro profondamente.

Non so rispondere al perché mi stia iniziando a porre queste domande, al perché Aron sia sempre nei miei pensieri.

Forse dovrei chiedere a Nathan di Ryan, se sa qualcosa di lui, che ancora io non ho ricevuto neanche un messaggio. Forse parlare di lui mi distrarrà.

Spengo il mozzicone nel posacenere ed entro in casa sperando di non disturbare alcun momento romantico.

«Ei Nathan» mi rivolgo a lui sedendomi su un'isoletta libera del divano «Hai sentito Ryan in questi giorni?» chiedo.
«Ehm sì, l'ho sentito ma di rado. E ora che ci penso mi ha detto di salutarti» dice un po' confuso giocando con i lunghi capelli biondi di April accanto a lui.

«Oh... Con me non si è fatto sentire» affermo un po' arrabbiata di aver saputo che abbia trovato il tempo di scrivere a lui e non a me, come aveva promesso.

Mai credere alle parole di un uomo, mai. "Dovresti averlo imparato, che ti aspettavi?", dico a me stessa scrollando il capo.

«Non saprei, avrà delle buone ragioni sicuramente» cerca di difenderlo farfugliando qualche frase.
«Sì, sicuramente» sussurro non credendo affatto a queste parole.

Ecco perché mi piace stare da sola, adesso tutto mi ritorna alla mente. Quanti drammi e delusioni scampati.

Vado in cucina a versarmi un bicchiere di vino e a buttare giù qualche parola al computer. Mi piacerebbe scrivere una storia d'amore, una di quelle che non ti annoia mai, una di quelle che ti catturano l'anima.

Vivimi senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora