Capitolo 26

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Canzone: "Happy days", Ghali

* Drin! *

Non mi era mancato per niente il suo della sveglia e non credo di essere psicologicamente pronta per tornare al college. E la neve fuori certo non aiuta.

Da piccola amavo questo tempo, amavo stendermi su quella coperta soffice fatta di fiocchi bianchi e freddi. Ci giocavo sempre con i miei genitori e per questo consideravo l'inverno come la stagione migliore dell'anno.

Ma crescendo, e soprattutto qui, mi sono resa conto che il nevicare è un grande impedimento. Sicuramente se sei costretta a prendere la macchina per non bagnarti e sperare di non stare ore e ore a sghiacciare il parabrezza.

Mi alzo dopo aver detto per la quinta volta "ancora un minuto" e tiro su l'avvolgibile delle finestre, facendo penetrare la poca luce del sole visibile oggi.

Le nuvole bianche in cielo la filtrano perfettamente, facendola apparire per niente fastidiosa.

«Dio fa freddissimo, chiudi quei dannati vetri!» la voce assonnata di April risuona in tutta la stanza.
«Perché secondo te mi diverto a stare qui a congelare?» rido facendo una smorfia.

Posiziono il fermo all'avvolgibile e vado in bagno a darmi una sistemata.

Passo la piastra giusto sulle punte nere e metto un po' di mascara giusto per darmi un tono. Tento di coprire le profonde occhiaie con del correttore, ma niente da fare. Il risultato è del tutto insoddisfacente.

Sono forse la cosa di cui più mi vergogno e il problema è che non posso farci niente. Sono lì, sempre presenti, ogni giorno.

Quando mi alzo la mattina posso solo sperare che siano poco accentuate, ma non che siano scomparse perché in tutti questi anni non hanno mai avuto l'intenzione di farlo.

Roteo gli occhi davanti allo specchio e, dopo aver scosso la testa arresa, mi dirigo in cucina a preparare la colazione.

Solo l'odore del caffè che piano piano si espande nell'intero appartamento fa svegliare April, quello e nient'altro. Ormai la conosco.

Lo verso in due tazzine, con lo zucchero per lei e il latte per me. Tiro fuori un pacco di biscotti dallo scaffale e lo appoggio sulla tavola.

Eccola che arriva ancora assonnata e con i capelli scompigliati.
«Buongiorno mattiniera» dice sbadigliando. Rido a vederla così stanca. Ma sono davvero l'unica a non odiare così tanto la mattina?

«Ma buongiorno a te» le porgo un cucchiaino e lei mi sorride. Prendo il telefono per scrivere a mia mamma, come ogni giorno e controllo se mai abbia ricevuto altri messaggi. Ma niente.

E chi mai dovrebbe scrivermi? Non so neanche perché l'abbia pensato.

Indosso un paio di pantaloni neri e un bel maglione di lana pesante grigio. Pronta in cinque minuti, al contrario della mia amica ancora imbambolata davanti all'armadio per scegliere cosa mettersi.

"Perché mai tutta questa indecisione? È solo il college", penso scrollando le spalle e appoggiandomi al muro del corridoio arresa. Poi, la vedo uscire con un semplice paio di jeans e una felpa rosa chiaro, un trucco leggero e i capelli raccolti.

«Ce l'abbiamo fatta!» esclamo ridacchiando.
«Ma forse questa felpa non mi piace» mi canzona facendo finta di tornare indietro per cambiarsi.

«Io credo che ti stia benissimo invece. Su, andiamo!» la riprendo per un braccio e mi chiudo la porta alle spalle.

Ed ecco che inizia il secondo semestre: altri esami, altre lezioni, e ancora esami.

Probabilmente oggi rivedrò anche Ryan, ma non penso che mi farà qualche strano effetto. Le lettere che aveva promesso di spedire non sono mai arrivate, solo qualche messaggio del tipo: "come stai?", "come hai passato il Natale?", "auguri di buon anno" ... e credo di avergli risposto sinceramente solo alla seconda.

Vivimi senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora