i.i SAPORE DI LIBERTÀ

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I'LL DO BETTER (1.1) | uno

"sapore di libertà"

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"sapore di libertà"

And I want you
We can bring it on the floor
You've never danced like this before
We don't talk about it
Dancin' on do the boogie all night long
Stoned in paradise, shouldn't talk about it
stolen dance - milky chance

Un anno. Un anno in quella cella buia e claustrofobica del carcere minorile di quella che il popolo a cui appartengo chiama Arca. Il Cancelliere e i membri del Consiglio pensavano di mostrare pietà rinchiudendo i delinquenti minori di diciotto anni in una cella, ma io pensavo fossero tutte stronzate. Tra due settimane sarei diventata maggiorenne e avrei detto addio alla mia vita penosa.

«Nessun rancore, Jaha, nessun rancore», borbottai, continuando a raschiare le pareti grigie di quella stanza con l'unghia dell'indice, calcando una linea orizzontale su altre quattro lineette verticali. Giorno 375 in quel buco. Tra esattamente quattordici giorni, Jaha mi avrebbe eiettata e io avrei avuto lo stesso destino di mia madre. «Nessun ranc-».

La porta si aprì, ed ero sicura che non fosse ora di pranzo. Due guardie irruppero nella cella e subito, senza farsi troppi problemi, mi presero dalle braccia e mi portarono fuori.

«Hey, che state facendo?», domandai, iniziando a muovermi il più possibile per far allentare la presa a quei due uomini, che, ovviamente, non si scomposero nemmeno di un centimetro. Continuarono a camminare verso la cella successiva, senza degnarmi di uno sguardo. «Il mio compleanno è tra due settimane, ho ancora due settimane!», urlai, cercando di dimenarmi ancora di più, ma l'effetto che ottenni fu il mio esaurimento delle energie e uno strano e fastidioso bracciale di metallo messo al polso.

«Lasciatemi, stronzi, non è ancora il momento!», sentii urlare non molto lontano da dove mi trovavo. La porta accanto a me si aprì bruscamente e da essa uscì un ragazzo ormai molto familiare. Anche lui stava tentando di scappare, ma, come per me, gli fu impossibile.

«Murphy?», domandai, arrendendomi alla forza delle due guardie.

Il moro si voltò e si fermò per qualche secondo a guardarmi confuso. Poi, ricominciò a dimenarsi con il doppio della forza che aveva usato precedentemente. Riuscì ad atterrare uno dei due uomini che cercavano di tenerlo saldo e, subito dopo, diede un calcio nel ventre di quello alla mia destra.

«Lasciatela andare!», gridò, spintonando con tutte le sue forze la guardia che ancora lo teneva saldo e, quando finalmente riuscì a liberarsi completamente, altri tre uomini armati accorsero per fermarlo nuovamente.

Dal suo sguardo stanco capii che si stava arrendendo. I suoi occhi mi pregavano di non opporre resistenza e, per una volta nella mia vita, decisi di ascoltarlo. Forse in quel modo sarebbero stati più clementi nei miei confronti. Ci portarono in una parte dell'Arca che non avevo mai visto, in quel momento popolata da altri ragazzi che conoscevo almeno di vista.

𝐼'𝐿𝐿 𝐷𝑂 𝐵𝐸𝑇𝑇𝐸𝑅 ¹ ➜ bellamy blake, john murphyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora