i.iii DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

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I'LL DO BETTER (1.1) | tre

"due facce della stessa medaglia"

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"due facce della stessa medaglia"

"Is it fair, or is it fate?
No one knows
The stars choose their lovers, save my soul
It hurts just the same
And I can't tear myself away"
the other side - ruelle

Erano passati tre giorni da quando avevamo riportato Jasper al campo. Clarke controllava ogni quarto d'ora le condizioni vitali del ragazzo, che peggioravano a vista d'occhio, mentre quello che avevo capito fosse il migliore amico di Jasper, Monty Green, non usciva dalla navicella per fargli compagnia.

Sul campo regnava un forte sentimento di malinconia, tutto a causa delle urla strazianti di dolore del povero ragazzo. La notte alcuni dei Cento litigavano per prendere il posto migliore per dormire, ossia quello il più lontano possibile dalla navicella. Gli sfortunati che rimanevano dentro non riuscivano a chiudere occhio. Io non avevo questi problemi.

Erano passati cinque giorni dal nostro atterraggio e durante quel periodo di tempo il campo stava diventando sempre più attrezzato e simile ad un piccolo villaggio. Prima di tutto, da quando avevamo scoperto dell'esistenza dei terrestri, tutti ci stavamo impegnando a costruire una barriera difensiva in legno intorno al nostro territorio. Poi, Bellamy aveva fatto montare alcune tende e le aveva date a tutti quelli che lo avevano aiutato a prendere il comando.

Murphy ed io eravamo tra questi e così mi ritrovai a condividere una tenda con lui. Le urla di Jasper si sentivano anche da lì, ovviamente, ma era già meglio che dormire nella navicella.

Ad ogni modo, Clarke diceva che per lui c'era speranza e, nonostante ci fossero ragazzi che minacciavano di ucciderlo per poter ritornare a dormire in pace, lei combatteva ogni singolo giorno per mantenerlo in vita. Un po' la ammiravo, un po' la invidiavo. Riusciva a rendersi utile in qualsiasi situazione, mentre io creavo solo problemi.

«È quel ragazzino, vero? Mi sta trapanando il cervello.»

Murphy si stava allenando con Bellamy e i suoi amichetti qualche metro fuori dal campo. Io li osservavo annoiata seduta sotto la grande chioma di un albero, non sapendo cosa altro fare. Il mio amico aveva appena tirato il suo coltello contro il tronco di un albero, ma la lama non era rimasta incastrata.

«Non durerà ancora molto. Trovati un'altra scusa», replicò Bellamy, alzando gli occhi al cielo. Impugnò meglio la sua accetta e, un secondo dopo, quella si trovò attaccata al tronco. «Ecco come si fa», si vantò poi, mentre Murphy, dopo essersi voltato verso di me e dopo essersi accertato che Bellamy non lo vedesse in volto, lo imitò con una smorfia. Trattenni una risata e la camuffai con un colpo di tosse quando il ragazzo più grande si girò nella mia direzione, il suo sguardo confuso.

𝐼'𝐿𝐿 𝐷𝑂 𝐵𝐸𝑇𝑇𝐸𝑅 ¹ ➜ bellamy blake, john murphyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora