Capitolo 23

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Non riuscì a chiudere occhio tutta la notte, era sempre così prima di compiere un arresto importante. Non sapevo come comportarmi, ma sapevo di dover trattenere la rabbia… mi alzai dal letto e indossai una tuta, scesi nel garage e presi il sacco da boxe, misi i guantoni ed iniziai a dare a pugni. Immaginai che quel sacco fosse la faccia del poliziotto e di qualsiasi altra persona che avessi arrestato fino a quel momento. Jake, Mike, mio padre… tutti mi causavano un’infinita rabbia e dovevo pur sfogarmi in qualche modo, no? Ero talmente concentrata che non mi ero neanche accorta di Hayley che, ancora assonnata, mi guardava appoggiata al muro, io continuavo a colpire il sacco con tutta la forza che mi restava “non vorrei essere nei panni di quel sacco” disse Hayley, si avvicinò e mi accarezzò la spalla, posandomi un dolce bacio sulla scapola “sai… qualsiasi cosa ti passi per la testa, puoi sfogarti con me…” disse dolcemente “ho paura, Hayley… che magari possa uscire… o che durante il processo, possa venire prosciolto” dissi “ho paura che, se dovesse uscire, possa ripetersi e non poterlo processare perché in questo paese non puoi processare una persona per aver compiuto lo stesso reato”.
08:30
Eravamo tornate dentro casa, io ero filata dritta nella mia stanza per vestirmi “mi raccomando, Alex, fai attenzione” disse Hayley, stampandomi un bacio sulle labbra.
Uscì dalla porta e salì in auto, misi in moto e mi diressi alla centrale di polizia, la squadra era già pronta all'azione “buongiorno Detective Miller” disse Collins “pronta?” domandò “sono nata pronta” risposi “mi raccomando, mantieni la calma” disse il sergente. Io e Collins ci avviammo alle macchine, seguiti dagli altri agenti, salimmo in macchina e collegai la sirena sul tettuccio dell'auto, misi le chiavi nel cruscotto e misi in moto “azione!” dissi, premendo il piede sull’acceleratore. Arrivammo a destinazione, spensi la sirena e contemporaneamente a Collins scesi dall'auto, bussammo al campanello, tenendoci pronti a tutto. Ma nessuno aprì o diede segno di vita, bussammo di nuovo “ROBERT COOPER! POLIZIA DI NEW YORK” urlai “APRA QUESTA MALEDETTA PORTA O SAREMO COSTRETTI A SFONDARLA” dissi nuovamente. Nessuno rispose, così diedi un calcio alla porta e irrompemmo all'interno dell'abitazione, Cooper ci aspettava con la pistola puntata contro “dio, agenti, non c'era bisogno di essere così violenti” disse, stringendo forte la pistola “Robert, posa la pistola e ascolta quello che la detective Miller ha da dirti” disse Collins “col cazzo che ascolto quello che dovrà dirmi una sporca lesbica” disse, poi puntò la pistola al soffitto e premette il grilletto, la lasciò cadere a terra e cercò di scappare, mi lanciai all’inseguimento e dopo un po’, riuscì a prenderlo. Con tutta la forza che avevo in corpo lo spinsi a terra e lo ammanettai “Agente Robert Cooper, è in arresto per l’omicidio del 14enne Kevin Prince Junior, ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei in tribunale. Ha il diritto ad un avvocato, se non può permetterselo, gliene sarà assegnato uno d'ufficio.” dissi trattenendolo fino a quando non arrivammo alla macchina. Collins aprì la portiera posteriore ed io spinsi l'agente Cooper all'interno “gli hai letto i diritti?” si assicurò il mio capo “certo.” Risposi. Collins mise in moto, ma in quel preciso istante il giornalista bussò al finestrino “ecco gente, questo è il modo in cui la polizia di New York tratta i sospettati” disse, nascondendosi dietro alla sua telecamera, io invitai Collins ad ignorarlo “portiamo immediatamente Collins alla stazione ed interroghiamolo” dissi “ai suoi ordini” rispose ironico l'uomo. “Allora Cooper, come ci si sente a stare dall’altro lato? Eh?” gli domandai ironica.
Arrivati alla centrale, lo feci scendere e lo scortai nella stanza degli interrogatori. Lo feci sedere al tavolo ed uscì fuori, per discutere con Collins su quello che avremmo dovuto dire o fare, e contemporaneamente, aspettare che arrivasse il suo avvocato. “Allora, Miller… innanzitutto volevo congratularmi con te… hai mantenuto la calma come ti ho chiesto” disse Collins dandomi un'affettuosa pacca sulla spalla, mentre stavamo parlando.. sentì una voce familiare alle mie spalle… era l’avvocato di mio padre “salve signorina Miller, ci si rivede” disse ironico “sono il detective Miller” dissi “fa niente, è lo stesso” disse, per poi allontanandosi. Entrò nella stanza e iniziò a parlare con il suo assistito, il quale sul volto, aveva un assurdo sorriso perverso, l’avvocato ci venne avvertire che erano entrambi pronti all'interrogatorio… e anche noi. Io e Collins entrammo, io mi sedetti al tavolo… mentre Collins faceva avanti e indietro per la stanza “questo atteggiamento serve solo ad intimidire il mio assistito, vi consiglio di smettere” disse l'avvocato “Cosa Cooper… ha paura di una lesbica e di un sergente? Mi delude” dissi ironica guardandolo negli occhi, il ragazzo rise e quella risata mi urtò i nervi, ma cercai di controllarmi “allora, perché ha giustiziato il ragazzo?” domandai “ma non sono stato io…” disse distogliendo lo sguardo “ah, no? E quei graffi sul collo chi glieli ha fatti… il gatto? Peccato, non abbiamo trovato neanche un animale in casa sua…” dissi ironica “beh sa… ai gatti piace andare in giro” disse cercando di difendersi, così gli mostrai i moduli “e guarda caso… sotto alle unghie di quel gatto c’era proprio traccia del suo DNA, agente…” dissi ironica “cosa sospetta, detective? Il mio cliente è innocente” disse l'avvocato “ci sono delle prove che lo confermano…” disse Collins “oh, ma davvero? E sapete che non potete presentarle in tribunale, vero?” ci riferì nuovamente l'avvocato “è la prova del DNA” risposi confusa “potrebbe essere stato manomesso” disse “e come? Sentiamo…” nessuno dei due parlò e l'atteggiamento di entrambi mi urtava ancora di più, mi alzai e decisi di uscire fuori per prendere aria “Collins, puoi continuare tu, per favore?” domandai “cosa detective, ha paura?” domandò l’avvocato “mi ascolti avvocato Jones, non ho più paura di lei, da quando mi ha costretta a spogliarmi in quell'aula di tribunale, si ricorda no? Era disposto a tutto pur di vincere la causa e da quanto vedo… questa sua mania deve ancora passare” dissi, per poi uscire. Lo guardai attraverso il vetro, sorrideva, era felice di quello che mi aveva fatto passare, della vergogna che fui costretta a provare. Uscì fuori, per prendere una boccata d'aria, rivolsi lo sguardo verso le stelle e in quel momento sentì che dovevo rientrare e finire il lavoro: avevo un criminale da assicurare alla giustizia, indipendentemente da quello che diceva il suo avvocato.


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