36.

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Questa mattina mi sono svegliata presto per andare a fare la spesa.

Sono alla cassa mentre pago e mi sento continuamente osservata.
Sono molto paranoica.

Smetto di pensare di essere seguita, pago e metto tutta la spesa in delle buste, vado così nel parcheggio a mettere tutto in macchina per tornare a casa.

Appena chiudo il bagagliaio sento qualcosa nel mio fianco sinistro.

«Ti avevo detto che non finiva li, bambolina» sussurra qualcuno al mio orecchio.

Cerco di liberarmi dalla presa di questa persona ma mi tiene immobile, mi ha chiuso la bocca e mi sta trascinando di peso in un auto.

Mi mette una benda negli occhi, una siringa con un sonnifero mi fa cadere e mi addormento.

Mi risveglio in una stanza così bianca che mi fanno male gli occhi.
Non ho più la benda agli occhi, ho solamente le mani legate alla testiera del letto.

Tossisco diverse volte e un qualcuno entra nella stanza.

«Ben svegliata, bambolina» davanti a me mi ritrovo Alan che mi guarda in modo malefico.
E menomale che eravamo grandi amici...

«Lasciami!» Ripeto con un filo di voce.
Si avvicina al letto e siede vicino a me, mi fissa duro e mi tocca le labbra in punta di dita.

«Non adesso che ti ho tra le mie mani.»

«Ma che ti ho fatto di male?» Stringo i denti.

«Ti sei innamorata di Alessandro quando potevi avere me» sposta le sue dita sul mio collo.

«Ti ho sempre considerato un grande amico, non mi sarei mai aspettata questo da te.»

«Sta zitta» mi stringe il collo quasi soffocandomi.

«N-no p-per f-favore» dico con un filo di voce.

«Tu dovresti amarmi come io faccio con te» stinge la presa ma poi mi lascia e torno a respirare.

«Se ami una persona non la fai soffrire, la lasci essere felice» cerco di muovermi ma continuo a farmi male per colpa dei polsi legati.

«Ti sei innamorata del mio peggior nemico, del ragazzo a cui mio padre mi paragonava sempre dicendo che non ero abbastanza. Da quando ci siamo conosciuti ho sempre pensato che eri la ragazza giusta, ma non mi hai mai considerato e quando ho capito che iniziavi a provare qualcosa per Alessandro ho fatto di tutto per farti allontanare da lui» guarda  fuori dalla finestra della stanza.

«Sei psicopatico. Potresti gentilmente slegarmi i polsi, mi fanno male» stringo i denti dal dolore.

«Ti slego così poi mi dai una testata e scappi?» Ride ironicamente.
È irritante.

Sbuffo guardando il soffitto per la milionesima volta.

Alan mi ha lasciata qui legata da più di un ora, ho tanta voglia di prenderlo a pugni finché non muore.
Spero che qualcuno riesca a trovarmi e a salvarmi.

«Allora principessina come stai?» Entra in stanza con quel sorriso da maniaco.

«Come dovrei stare?» Urlo.

«Non alzare la voce con me, principessina» mi prende per il mento e stringe.

«Ora ti slego così andiamo a divertirci un po'.»

«Dove vuoi portarmi? Che vuoi farmi?» Domando velocemente.

«Rilassati» mi slega i polsi e al posto mette delle manette.
C'era da aspettarselo...

Sbuffo mentre mi tiene per portarmi verso un'altra stanza.

Mi fa male la pancia, ho fame, voglio andare in bagno e ho tante altre pretese.

«Cammina» mi butta dentro una specie di cantina enorme.

«Che ci facciamo qui?» Mi giro senza capire niente.

«Ti farò lasciare così tanti segni sul corpo per fare capire a quello che non sei più sua e mai più lo sarai.»

«Cos-» un pugno mi arriva dritto in faccia facendomi sanguinare il naso.

«Cazzo, che male» mi rialzo.

«È quello che devi sentire, male, perché è quello che ti meriti per tutto il dolore che ho provato vedendoti accanto a lui» tossisco e mi avvicino più a lui cercando di distrarlo.

Tiro le manette facendole spaccare.
Roba comprata per strada non dura.

Con le mani ormai libere gli tiro un pugno e un  calcio nel suo punto debole.

«Dicevamo?» Mi abbasso mentre lo vedo dolorante per terra.

«Sei una stronza di merda» dice con un filo di voce.

«Sono fiera di esserlo con uno psicopatico come te» lo riempio di pugni e calci fino a sentirmi stanca.

«Che c'è hai finito le forze, bambolina?»

Respiro a fatica mentre lo vedo rialzarsi con un occhio nero, labbro spaccato e naso gocciolante di sangue.

Mi prende per un braccio ma cerco di difendermi, non ci riesco e vengo spinta verso la finestra della cantina spaccandola in mille pezzi.

Pezzi di vetro mi si graffiano la pelle.

«Allora alla fine non sei così tanto forte» ride avvicinandosi al mio corpo.

Prende un pezzo di vetro e mi graffia il collo.
Gemo dal dolore e lui se la ride.

Con una mano prendo un pezzo di vetro e glielo infilo sul collo facendo uscire sangue.

Lui stringe i denti e chiude gli occhi dal dolore.

«Divertente, no?» Rido.

Lui urla riaprendo gli occhi, il sangue sporca la sua camicia bianca come la neve.
Io continuo a ridere mentre lui soffre dal dolore.

Diversi uomini vestiti di nero entrano nella stanza.

«Prendetela e legatela a una sedia» lui sputa sangue per terra.

Vengo presa da due uomini che sembrano due armadi.

«Lasciatemi!» Urlo mentre loro mi trasportano verso una sedia e mi legano con delle corde.

Intanto lui si fa medicare le ferite mentre io soffro per i miei polsi.

«Vuoi tenermi qui così come una detenuta?» Lo guardo mentre una ragazzina lo medica.

«Oh certo che no, manderò dei video al tuo ragazzo in cui verrai picchiata così forte che chiederai pietà» sorride mentre si tocca il labbro appena medicato.

«Se muoio mi avrai sulla coscienza, ricordatelo» abbasso la testa.

«Non morirai, ricordati che io sono innamorato di te, principessina» mi alza il mento con due dita e mi sorride.

«Tu non sei innamorato, sei uno psicopatico ossessionato» sputo per terra.

Neanche il tempo di prendere un respiro che mi arriva un pugno in faccia, un calcio nelle costole e una ginocchiata sul petto.

Riesco a malapena ad aprire gli occhi per capire che sono due uomini che mi stanno picchiando.

«Ashley fai un bel saluto al tuo ragazzo» ride mentre riprende con un cellulare.
In tutta risposta lanciò un urlo dal dolore al petto.

«Mi fa male tutto, p-per f-favore» dico con un filo di voce.

Sento gli occhi gonfi dal dolore, le labbra bagnate dal sangue che esce dal naso, dolori al petto, alle costole e i graffi del collo e delle braccia che bruciano.
I polmoni che mi fanno male se prendo un minimo respiro.

«Okay basta, direi che il dolore è più che sufficiente per lei» sento queste parole mentre le orecchie continuano a fischiare.

Ho paura di morire, qualcuno venga a salvarmi.

Quella maledetta AudiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora