32.

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La mia mano si intreccia alla sua mentre Vanessa cerca di continuare il suo discorso.

«Di chi è quel bambino?» La interrompo guardandola con sguardo serio.

«Di Wesley.»

Grazie a Dio, pensavo di morire.

«Già lo sa?» Il mio ragazzo mi stringe la mia mano quasi da farmi male.

Dopo lo prendo a manate se se non la smette di stringermi cosi forte.

«No... Beh... Non so come dirglielo» abbassa leggermente lo sguardo.

«Basta che vai da lui e il gioco è fatto.»

«Non è così semplice, Wesley non vuole bambini.»

«Non è mica colpa nostra se vi conoscete da meno di sei mesi e tu sei rimasta incinta» Alessandro si alza e va in cucina.

«Non ti permetto di parlarmi in questo modo» Vanessa si alza e lo segue.
Se non intervengo questa squilibrata si metterà a litigare con il mio ragazzo.

Corro verso la cucina.

«Vanessa mi hai leggermente rotto il cazzo» si guardano con sguardi minacciosi.

«Ale per favore, parliamone» gli tocca il braccio e lui la scosta.

«Levati» la spinge leggermente verso una mensola.

«Quel figlio è tuo» la sua voce rimbomba in tutta la casa.

«Non è mio, non può essere mio, io con te non ci ho fatto niente negli ultimi mesi» la sua faccia è nera dalla rabbia.

«Non è tuo figlio ma Wesley non lo vuole.»

«E secondo te io sono cosi scemo da essere il padre di tuo figlio?» Le urla contro.

«No ma...»

«Niente ma, ti devi levare dalle scatole» sento queste ultime parole e corro verso la nostra stanza e mi chiudo dentro a chiave.

Sento l'ascensore scendere e capisco che Vanessa è andata via.
Non posso fidarmi due secondi che qualcuno deve sempre rovinare la tutto.

La maniglia della porta cerca di aprirsi con scarsi risultati.

«Ashley apri questa porta!» Sento urlare mentre io me ne sto seduta sul tappeto a fissare il vuoto.

«Se non ci fossi stata io tu avresti accettato la proposta di Vanessa?!» Urlo da dietro la porta.

«Parliamone» lancia un pugno alla porta.

«Noi non parliamo di un bel niente, ora rispondi si o no.»

«Ma ti sembro così stupido da accettare le proposte di Vanessa?»

«Rispondi!» Urlo.

«No, non lo avrei mai fatto» apro lentamente la porta e lui mi fissa a braccia conserte.

Mi avvicina a lui e cerca di baciarmi ma io non sono in vena.

«Mi spieghi perché hai così tanti problemi?» Mi tocca la guancia.

«Se non ti piaccio così come sono mi lasci perdere e cerchi di meglio» mi sposto e vado in salotto a prendere il cellulare che inizia a squillare.

«Alan» rispondo.

«Ciao, come stai?»

«Bene. Hai bisogno di qualcosa?»

«Di parlarti, oggi puoi venire in azienda da me?» Alzo lo sguardo e vedo il mio ragazzo fissarmi.

Quella maledetta AudiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora