1 - Ti odio

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Era come una droga per Howard, non poteva che idolatrare, giorno dopo giorno, il suo pupillo.
Il suo "fiore all'occhiello" , come lo definiva, l'apoteosi massima della scienza.
Ma, qualunque fossero i racconti con cui intrattenesse gli ospiti, seduti su quelle raffinate poltrone di mogano e velluto bordeaux, nel lussuoso salotto della loro storica villa, di certo non riguardavano Tony.
No, nessuno di quei racconti avrebbe mai riguardato Tony, quel figlio che tanto disprezzava, un inetto, un buono a nulla a suo dire, anche se le sue poco comuni doti intellettuali dimostravano largamente il contrario.
No, le sue storie parlavano sempre e soltanto della stessa persona, il grande, e ormai scomparso, Captain America.
Il paladino della giustizia, una figura divenuta talmente tanto leggendaria nei suoi racconti così onirici, da risultare perfino inventata.
Tony lo odiava, odiava tutto del capitano, o almeno, odiava tutto quello che raccontava il padre su di lui.
Odiava sentire le sue gesta eroiche; odiava ascoltare sempre i soliti racconti, ogni volta più ricchi di dettagli fantasiosi, nell'esasperato tentativo di rendere ancora più epica la vicenda.
Odiava il prototipo dello scudo del capitano, che il padre teneva gelosamente appeso nello studio, e che Tony riusciva a intravedere tutte le volte che passava di lì per andare in camera sua.
Perché si, Tony, quei pochi giorni che tornava a casa dall'MIT, li passava rinchiuso in camera sua ad ammazzare il tempo, o in soffitta, tra vecchi scatoloni ricoperti di polvere, e quaderni ingialliti, ormai dimenticati.
Nello studio non vi era né un disegno che il ragazzo aveva fatto da bambino, né uno dei suoi innumerevoli trofei vinti esposti, c'era solo quel maledetto scudo.

Tony non voleva tornare a casa per le vacanze di Natale quell'anno, al contrario, avrebbe preferito passare le festività da solo, rimanendo a ciondolare per i corridoi dell'università, immerso nel silenzio di quella scuola terribilmente vuota.
Ma, come ogni anno, si era ripromesso di tornare, non tanto per rivedere il padre, con cui, sicuro come la morte, avrebbe litigato per qualsiasi cosa, ma per vedere sua madre che, ogni anno, lo aspettava intrepida sulla soglia di casa, pronta ad abbracciare quel figlio, che tanto odiava tornare a casa.
Perché si, questa non era una cosa che nascondeva. Tony odiava tornare a casa, odiava tutto di quel posto, le stanze sempre troppo vuote, lugubri al calar della notte, l'arredo che sapeva di vecchio, le pareti, il pavimento, le tende, tutto quanto. Odiava ogni singolo dettaglio che non riusciva a sfuggire ai suoi occhi attenti, ma più di tutti, odiava il "fantasma" dell'uomo che ne infestava le stanze ogni volta che il padre apriva bocca.
Però, controvoglia, anche quell'anno Tony tornò, e ad accoglierlo sulla soglia di casa, vi trovò sua madre, Maria Stark, e accanto a lei, la persona che più in assoluto desiderava rivedere.
Il ragazzo, alla vista della madre, sorrise genuinamente e si gettò tra le braccia della donna, che lo strinse calorosamente in un candido abbraccio, poi si voltò verso l'uomo che stava accanto a lei e constatò che non si trattava del padre.
«Ben tornato signorino» gli fece Jarvis, il maggiordomo, accennando un lieve inchino con la testa.
«È bello rivederti anche per me, Jarvis - gli rispose Tony, appoggiandogli una mano sulla spalla e strattonandolo un po', un sorriso a trentadue denti stampato in viso - ma per favore, ti ho già detto di non darmi del lei, e non chiamarmi signorino».
Tony non voleva che il suo rapporto con Jarvis fosse rigorosamente circoscritto al ruolo che ricopriva quest'ultimo all'interno della casa, no. Non poteva fare questo all'unica figura paterna che aveva mai avuto. Perché questo era Jarvis per Tony, l'uomo che gli soffiava il naso quando gli colava, che gli medicava il ginocchio quando cadeva sul selciato, che metteva una pezza bagnata sulla sua fronte ogni volta che aveva la febbre, che asciugava tutte le lacrime che il piccolo versava, quando suo padre lo ignorava e lo sgridava.
Si, Tony era felice di rivedere le due uniche persone che contavano veramente nella sua vita ma, appena varcata la soglia di casa, quella felicità sarebbe stata spazzata via dalla rabbia e dal senso di frustrazione che avrebbe pervaso, di lì a poco, il suo corpo e la sua mente.
All'ingresso, in alto, sulla possente rampa di scale ad attenderlo c'era il padre, che lo guardava dall'alto in basso, con uno sguardo che, Tony ci avrebbe giurato, fosse di puro e genuino disprezzo.
Si, avrebbe avuto senso, perché lì, sulla soglia di casa, non c'era il suo adorato capitano da accogliere a braccia aperte, tantomeno il figlio perfetto che l'uomo desiderava, c'era semplicemente Tony.
Non c'era un vero e proprio motivo per cui Howard disprezzasse in quella maniera suo figlio, soltanto non riusciva a rivedere quegli ideali che si era creato in testa, il riflesso distorto della perfezione irraggiungibile che, secondo lui, rappresentava appieno il capitano.
Ma come poteva, suo padre, paragonarlo a lui? Che cosa si aspettava veramente da Tony?
Il ragazzo poté sentire lo sguardo gelido del suo vecchio osservarlo ed analizzarlo, capello per capello, come a cercare ogni singolo dettaglio che potesse dargli fastidio.
Come se quella visione fosse la cosa più orribile che potesse palesarsi davanti ai suoi occhi.
Il sangue di Tony si raggelò al solo pensiero di cosa il padre avesse potuto notare e criticare di lui in quel preciso momento. Non era ancora pronto a sfoderare l'ascia di guerra, voleva solo andare in camera sua, disfare le valigie, e finalmente riposarsi, cullato dai suoi stessi pensieri che imperversavano quella meravigliosa mente e che, al momento venivano soffocati da un'unica sola preoccupazione, quanti giorni sarebbero mancati prima di allontanarsi ancora una volta da quell'inferno che sapeva di prigione, per poter finalmente tornare in quella scuola che, stranamente, definiva casa.
«Ben tornato, Anthony» lo accolse il padre, con voce fredda. Era ancora lì, in cima alla rampa di scale, gli occhi sempre fissi sul giovane ragazzo, in una mano aveva un bicchiere di brandy, l'altra era appoggiata al pomello del corrimano.
Tony deglutì e in un primo momento abbassò la testa, quasi intimorito dalla sua presenza, ma subito la alzò e lo guardò fisso negli occhi con un sorriso strafottente stampato in volto
«Padre» gli rispose allegramente il ragazzo, non voleva far trasparire il senso di timore che Howard gli stava provocando in quel momento è, a suo dire, ci era riuscito vedendo l'espressione del padre farsi sempre più corrucciata.
Sapeva che vederlo sorridere in quella maniera, lo avrebbe fatto stizzire, per questo sfoggiava con fierezza il suo sorriso, mettendo orgogliosamente in mostra la sua dentatura perfetta e brillante. Al contrario, Howard non accennava nemmeno l'ombra di un sorriso, il suo volto era impassibile, immutabile, rigorosamente segnato da delle rughe che non facevano altro che accentuare profondamente l'aria di disapprovazione che emanava nei suoi confronti.
Non si dissero altro, semplicemente l'uomo rimase lì, in piedi, mentre guardava Tony prendere la valigia salire le scale.
Non appena gli fù di fianco, il ragazzo si fermò, si avvicinò lentamente all'orecchio e sussurrò «È sempre bello tornare a casa».
Howard lo guardò con aria di sfida, Tony gli rivolse, ancora una volta, quel sorriso da strafottente che tanto lo caratterizzava, poi distolse lo sguardo, alzò la testa e tirò su con con il naso.
Riprese a salire le scale fischiettando allegramente, diretto finalmente in camera sua.

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