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Erano passati un paio di mesi da quando la piccola Yumi era venuta al mondo, regalando ogni giorno nuove sorprese e sorrisi divertiti ai suoi neo genitori, ancora inesperti ma comunque pronti a crescere insieme a lei passo dopo passo.

Jungkook era rimasto in quei mesi a casa per stare dietro alla piccola, integrando ogni giorno un po' di lavoro,in modo da non dover recuperare tutto in una sola botta nel momento in cui sarebbe tornato operativo al cento per cento, godendosi i nuovi progressi della piccola, osservando le sue nuove interazioni con il grande mondo che la circondava. Lo stesso non si poteva dire di Taehyung, il quale non poteva permettersi di rimanere a casa dal lavoro per stare con la sua amata famiglia e quindi, anche se sofferente, lasciava sempre le mura di casa lasciando dietro di sé la figura di padre e marito amorevole per assumere le vesti del capo di una delle più grandi imprese di moda del paese, portando sempre con sé i suoi tesori in una piccola fotografia conservata gelosamente nella schermata principale del suo telefono, sapendo che, una volta tornato a casa, ci sarebbe stato un grande calore ad attenderlo.

<Andiamo a fare una passeggiata con i nonni mimi? Che ne dici?>sussurrò amorevolmente Jungkook alla figlia, vestendola con dei vestiti color confetto, non resistendo alla tenerezza che quei vestiti aggiungevano alla figlia. E non poté fare a meno che ammirarla, scattandole tante di quelle foto così da poter riempire un intero album, solo per ricordarsi di quei giorni così tranquilli, oltre che a inviarli al marito.
<Ma guarda quanto sei bella, sei un piccolo fagottino>continuò a complimentarsi con la piccola, stringendola tra le sue braccia con tanta delicatezza, per poi lasciarla dentro al suo passeggino, coccolata dalle calde coperte profumate dall'odore del suo amato papà.

Entrambi i ragazzi stavano adorando follemente la nuova vita, erano così felici e spensierati da sembrare in paradiso, così indistruttibili di fronte a tutto e tutti, ignari forse di ciò che il futuro aveva in serbo per loro.

Jungkook pov

Arrivammo ad un piccolo bar non troppo affollato, perfetto per godersi il bel tempo e la fresca aria che si poteva respirare quella giornata.

<allora tesoro, come stanno andando questi giorni? Hai ancora continuato con quel lavoro di cui parlavi qualche fa?>mi chiese mia madre, sfogliando tra le lunghe pagine del menù presente sul tavolo, nonostante la sua scelta ricadesse sempre sul solito caffè macchiato, mentre mio padre teneva impegnata la piccola con dei sonagli attaccati al passeggino. Aveva sempre adorato i bambini e quando annunciammo l'arrivo di Yumi fu il primo a catapultarsi al negozio per neonati a guardare, e comprare, tutto il necessario per la piccola.

<Si, certamente non posso sostenere gli stessi ritmi però mi sto cercando di riabituare di nuovo al lavoro, anche se con Yumi ancora così piccola è un po' difficile>sospirai guardando la piccola, sorridendo nel vederla divertirsi così tanto con quei giochini.
<Non devi sforzarti troppo tesoro, goditi questi momenti con la piccolina fino all'ultimo, i tuoi clienti capiranno e poi potresti sempre chiedere aiuto ai tuoi colleghi per gestire le commissioni>suggerì lei guardandomi dritto negli occhi ma io semplicemente alzai le spalle, non tanto propenso di parlare di lavoro in quel momento.

<di certo non posso scaricare il mio lavoro agli altri, anche loro saranno->non feci in tempo a finire la mia frase che il telefono iniziò a squillare. Lo presi in mano e quando vidi il nome di mio marito sullo schermo non potei far altro che sorridere come un ebete, prima di rispondere entusiasta di sentire la sua voce.

<Tae, amore, dimmi>

<salve, sto parlando con il signor Jeon Jungkook?>

Fui preso alla sprovvista nel non sentire la voce calda di mio marito, ma una voce a me sconosciuta, tanto da rendermi serio in una manciata di secondi

<in persona. Scusi lei chi è?>

<Salve, sono l'assistente personale del signor Kim, Jiho. La chiamo per conto del signore per dirle che per motivi lavorativi sarà costretto a prolungarsi ulteriormente in ufficio. Mi ha chiesto di avvertirla in modo che non si preoccupasse nel non vederlo arrivare>

<d'accordo..ti ringrazio>


<si figuri, le auguro una buona giornata>

<tesoro, tutto bene?>mi chiese mio padre notando immediatamente il mio cambiamento d'umore. Io annuì semplicemente, nascondendomi tra le pagine del menù del bar, lasciando i miei pensieri correre veloci e il nervosismo prendere possesso del mio corpo.
Capivo bene la necessità di avere un assistente con l'aumentare del carico lavorativo, ma perché farmi chiamare da questo come se fossi una persona a caso? E perché non me ne aveva mai parlato prima?

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