35. Guarda che me ne vado

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JIMIN

"Kook, m-ma che stai dicendo?" mormorai in preda al panico ed alla disperazione, sentendomi veramente messo in soggezione dal ragazzo davanti a me.
"Alla stazione di polizia mi hanno mostrato una foto, scattata ad un ragazzo che sarebbe stato molto simile a come sarebbe diventato mio fratello adesso" mi disse dopo più di qualche secondo, spostandosi dalla porta ed allontanandosi da me quasi gli facessi ribrezzo.

"E quindi?" gli chiesi in tono confuso, non riuscendo a capire.
"E quindi quello non era mio fratello. Eri tu, cazzo" mi rispose in tono secco, aggiungendo un pizzico di rabbia alla fine delle sue parole.

Inutile dire che, dopo quelle parole, il cuore iniziò ad esplodermi nel petto come non aveva mai fatto in vita mia. Un'ansia assurda mi salì lungo tutta la spina dorsale, facendomi venire dei giramenti di testa piuttosto evidenti.
Così, mi aggrappai con la mano al bordo del divano, stringendolo con forza, e, solo dopo questo gesto, continuai la conversazione.

"Sei veramente sicuro che fossi io?" gli domandai con timore, sperando che non mi avrebbe assalito verbalmente come pochi minuti prima.
"Jimin, insomma, chi altro avrebbe potuto montare su un treno con indosso la mia felpa rossa?" mi disse lui in tono di scherno, quasi come ad indicare che fossi uno stupido.

E, vedendolo così, iniziai a sentirmi uno stupido veramente. Ed inoltre, vista la situazione molto complicata e fuori da ogni logica umana che si stava venendo a creare, decisi di rimanere in silenzio, aspettando che sbollisse tutta la rabbia che gli era salita dal fatto che l'illusione di poter ritrovare suo fratello fosse già morta.

"Non dici niente?" mi chiese dopo un paio di minuti in tono amaro, riposando uno sguardo veramente giudicante su di me.
"Non capisco cosa dovrei dire, visto che...io non c'entro niente con tutto questo. Kook, non ho fatto niente" iniziai a mormorare in tono quasi disperato, cercando di convincerlo con tutto me stesso che, come mostravano i fatti, io non ero nemmeno un punto lontano di tutta quella storia.

"Invece è tutta colpa tua. Perchè prima che tu arrivassi qui...io avevo imparato a non sentire più assolutamente niente, se non il vuoto che aveva lasciato mio fratello.
E, poi, il tuo visino angelico ed i tuoi modi di fare da completo idiota mi hanno conquistato alla velocità della luce.
Mi hai fatto affezionare, mi hai fatto tornare quello di una volta e mi hai fatto tornare a provare tutto quello da cui stavo scappando.
Ed è questo che adesso mi sta facendo piangere come un ragazzino. Perchè, fidati, se io fossi rimasto il ragazzo incappucciato che non dava retta a nessuno adesso questa delusione ed il fatto che non so ancora che cazzo di fine abbia fatto mio fratello non mi farebbe così male.
Senza tralasciare il fatto che ho iniziato ad avvicinarmi a te solamente perchè fisicamente sei così simile a lui...avrei fatto meglio a cambiare posto il primo giorno di lezione non appena ho visto i tuoi occhi".

Fu esattamente in quel momento che il mio cuore si spezzò di nuovo, per la seconda volta nella mia vita.

La parte peggiore, però, era che quello che mi faceva più male non erano gli insulti e la colpa che mi stava dando, ma il fatto che aveva finalmente ammesso che l'unico motivo per cui si era avvicinato a me era che sperava di poter riavere, indirettamente ovviamente, suo fratello.
Insomma, l'avevo sempre sospettato, fin dal suo primo racconto sull'argomento, ma...sentirlo per davvero mi aveva ucciso.

Così, cercando di non scoppiare in lacrime davanti alla sua faccia, rimasi in silenzio, pensando che se avessi cercato di ribattere qualsiasi cosa la situazione si sarebbe messa ancora più male di quanto già lo fosse.

"Sei stato solo un errore, cazzo!" urlò dopo qualche secondo di silenzio, sbattendo un pugno sul muro al suo fianco e, poi, passandosi le mani tra i capelli cercando di fermare i singhiozzi che stavano uscendo dalla sua bocca.
"Smettila di urlarmi addosso in questo modo" mormorai con voce rotta, non riuscendo più a trattenere le lacrime che stavano in bilico tra i miei occhi e le mie guance.

"Altrimenti?" mi chiese lui con rabbia, rialzando il volto e fissandomi con gli occhi completamente rossi a causa delle lacrime.
"Guarda che me ne vado" gli intimai con frustrazione, intendendo, però, una cosa diversa rispetto a quella che capì lui...
"E vattene pure" concluse con aria gelida, indicandomi l'uscita dell'appartamento con una mano e, poi, scomparendo in camera sua sbattendosi la porta alle spalle.

Ecco, fu dopo quella frase che tutte le certezze che avevo costruito negli ultimi mesi su Jungkook si sgretolarono all'improvviso quasi fossero un castello di carte dopo una folata di vento.

*******

Quattro ore dopo ero ancora seduto ai piedi del letto, stringendo la coperta tra le mani talmente forte da farmi male, non riuscendo a smettere di piangere.
Avevo iniziato tutto d'un tratto nel momento in cui avevo visto, tornando nel mio appartamento, la foto che avevo fatto incorniciare di me e Jungkook a Jeju.

E, poi, non avevo più finito...

In quell'arco tempo pensai ad una possibile soluzione a tutto quello che fosse appena capitato, sperando, inoltre, che Kook si presentasse alla mia porta per chiarire o per qualsiasi altra cosa, ma...non riuscii a pensare a niente.

Se non ad una stupida idea, presente in me fin da quando avevo lasciato l'appartamento di Jungkook, che, a mezzanotte inoltrata, sicuramente non avrei dovuto ascoltare.
Ma, in quel preciso istante, tutto il dolore che stavo sentendo alla bocca dello stomaco per le parole di Jungkook e la mia mente confusa su cosa avessi fatto oppure no non aiutarono a farmi prendere la decisione giusta.

E fu per questo che mi alzai di scatto, recuperando la valigia, aprendola e gettandoci dentro tutto quello che rimaneva dei vestiti nel mio armadio, non permettendomi di lasciare lì le mie prime scarpette da ballo che avevo posato sulla mensola in soggiorno quasi come se fossero un trofeo.

Quello che mi lasciai indietro, invece, prima di uscire dalla porta facendo un casino tremendo nonostante fosse notte inoltrata, furono le numerose felpe che mi aveva lasciato Jungkook, che abbandonai sul mio letto, e la nostra foto, che girai a faccia in giù sul mio comodino.

Lo so cosa state pensando in questo momento, ovvero: "Ma che diavolo fa questo deficiente?".
L'ho pensato anche io, per molti anni. Ma, d'altronde, i miei problemi li avevo sempre risolti così: scappando...

SPAZIO AUTRICE:

Allora...questo capitolo non è venuto assolutamente come volevo io, ma, visto che non potevo farvi aspettare ancora dopo come ho fatto finire l'altro, questa è la cosa migliore che mi è uscita.

Cambiando argomento, grazie per le 8mila letture. Vi mando un grande abbraccio🥺❤️.

•To feel alive {Jikook}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora