3. Ogni giorno

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JIMIN

Sinceramente non so come ci riuscii. Ero lì a supplicarlo di fare qualsiasi cosa che non fosse restarsene lì con quel cappuccio in faccia quando lo vidi, dapprima, toglierselo e, poi, fissarmi con aria quasi spaventata.
E non nego che rimasi a bocca aperta nel momento in cui lo vidi.

Era...bellissimo. Capelli corvini un po' mossi, occhi color cioccolato, lineamenti armoniosi.
Esattamente il mio genere di ragazzo ideale...e questo poteva rivelarsi un problema.

"Ora che ti sto guardando che si fa?" mi chiese lui quasi sussurrando dopo qualche secondo.
"Potresti dirmi come ti chiami" proposi io con un sorriso dipinto in volto.
"Oppure potresti farlo tu" rispose lui con ancora un po' di diffidenza.

"Sono Jimin" gli dissi allora in tono calmo, sperando che così l'avrei messo un po' di più a suo agio.
Lui rimase lì a guardarmi con sguardo quasi perso per più di qualche secondo, facendomi sentire estremamente in imbarazzo.

"Che succede?" gli chiesi dopo un po', riuscendo a risvegliarlo dalla trance temporanea nella quale era finito.
"Niente, scusa. Io sono Jungkook" mi rispose poco dopo, abbassando lo sguardo sulle sue mani posate sul tavolo.

Lasciai passare qualche secondo, cercando di capire se avesse avuto intenzione di dirmi altro.
Ma, visto che le sue labbra erano rimaste ben serrate, decisi di riprendere il discorso in autonomia.

"Sono fiero di me stesso, comunque".
Lui riposò lo sguardo su di me con aria confusa, chiedendomi una spiegazione con gli occhi.

"Sono riuscito a farti togliere il cappuccio. Era il mio obiettivo di oggi, sinceramente" gli dissi in tono divertito, rivolgendogli, poi, un sorriso di circostanza.
"Era un obiettivo difficile. Solitamente, quando sono qui, non lo tolgo con nessuno".
"Allora devo essere estremamente bravo oppure estremamente fortunato" gli risposi io, ridendo subito dopo.

Sentii una risata provenire anche dalla sua bocca. Ma, qualche istante dopo, lui la frenò, ritornando calmo e composto.

"Hai riso" gli dissi subito, rivolgendogli un'occhiata indagatrice.
"Non è vero" si difese subito lui in tono ironico.
"Non mentire. Ti ho visto" esclamai io nel suo stesso tono, non riuscendo a trattenere un'altra risata.
"E va bene. Ho riso, lo ammetto" mi rispose alzando le mani in segno di resa ed iniziando a ridere insieme a me.

"Sei il primo che riesce a farmi ridere veramente dopo molto tempo. Ed il bello è che ti ho "visto" per la prima volta tre quarti d'ora fa. Devi essere veramente empatico, lasciatelo dire" mi disse poco dopo in tono calmo e controllato.

Io restai in silenzio per un attimo, non sapendo nemmeno cosa rispondere ad un'affermazione del genere.
Fu nel momento in cui aprii la bocca per dire qualsiasi cosa che la voce del professore ci distrasse tutti quanti, facendoci realizzare che quella prima "lezione" fosse finita.

"Allora, ci vediamo" dissi io dopo qualche secondo, riposando lo sguardo su Jungkook.
"Certo" mi disse lui in tono cordiale, rimettendosi, poi, il cappuccio e ritornando la persona tenebrosa che è stato fino a qualche minuto prima.

In quel momento mi resi conto di una cosa: appena si era tolto il cappuccio si era quasi trasformato.
E, sinceramente, non penso sia stato perchè "sono una persona empatica", come mi aveva accennato lui.

Certo, forse gli ho dato una spinta...ma la persona che era venuta fuori nel momento stesso in cui mi aveva guardato veramente in faccia doveva essere il "vero lui".
Quello che lui, però, probabilmente teneva nascosto a tutti...
Ora c'era da capire perchè lo facesse, però.

*******

Dopo altre tre lezioni piuttosto stancanti mi diressi verso il mio nuovo appartamento, sperando con tutto me stesso che, nonostante fosse vicino all'università e l'affitto lo pagassi assai poco, fosse un luogo piuttosto confortevole.

Iniziai a salire le scale che avrebbero portato al mio piano con più di qualche scatolone in mano, convinto del fatto che sarei riuscito a portarli tutti su in una volta.
Beh, mi sbagliavo...

Non appena salii l'ultimo gradino quello in cima cadde davanti a me, facendomi imprecare.
Fu nel momento in cui tentai di posare gli altri scatoloni per terra, in modo da tirare fuori le chiavi del mio appartamento dalla tasca posteriore dei jeans, che sentii il rumore di una porta che si apriva ed una voce chiedermi: "Hai bisogno di una mano?".

Sbarrai gli occhi al suono di quella voce, rendendomi conto che l'avevo sentita poche ore prima.
Ma non poteva essere, giusto?

Mi girai per confermare (o smentire) i miei dubbi, e la figura di Jungkook mi comparve davanti, senza cappuccio e, se devo dirla tutta, con una t-shirt piuttosto stretta che lasciava ben poco all'immaginazione.

"Cosa ci fai qui?" gli chiesi in tono stranito, non riuscendo a capacitarmi del fatto che fosse davanti a me.
"Ci vivo, direi. Abito dietro a questa porta. Stavo facendo un po' di allenamento e ho sentito rumore, quindi sono venuto a controllare" mi spiegò lui con leggerezza, indicando la porta di fronte a quella che avrei dovuto aprire io e, poi, venendomi vicino per prendere qualche scatolone.

"Non ci posso credere: siamo vicini di casa" gli risposi io in tono ironico, riuscendo, finalmente, a prendere le chiavi dalla mia tasca ed aprendo la porta.
Gli feci cenno di seguirmi in modo da posare gli scatoloni dentro l'appartamento, e lui lo fece senza nessun problema.
"Così pare" mi rispose nel mentre, facendo, poi, una piccola risata.

Io lo guardai per qualche secondo, rendendomi conto che quella risata mi stava già facendo tremare le gambe e che la mia attenzione si era spostata troppo velocemente sulle sue labbra per sembrare una cosa senza importanza.

"Grazie per gli scatoloni" riuscii a mormorare non appena mi fui ripreso.
"Di niente, figurati" rispose lui un po' in imbarazzo.

"Scusa se te lo chiedo...ma come sono gli altri inquilini di questo piano?" gli chiesi dopo qualche secondo di silenzio.
"Sono tranquilli. Allora, alla mia destra ci sono Namjoon e Seokjin, una coppietta piuttosto silenziosa, e di fronte a loro vivono Yoongi e Hoseok, che sono amici da tutta la vita e frequentano anche loro la nostra stessa università.
Sono più o meno le uniche persone con cui parlo da qualche anno, quindi, se vuoi, te li faccio conoscere non appena ti sei ambientato" mi disse lui in tono calmo, rivolgendomi un sorriso al termine delle sue parole.
"Grazie, veramente".

"Non ho fatto chissà che...comunque, ci vediamo in giro" mi rispose lui, iniziando ad incamminarsi verso la porta.
"Non per contraddirti eh, ma penso che, visto che siamo vicini di appartamento, non ci vedremo "solamente in giro", ma tipo ogni giorno" ribattei io, facendo una risata subito dopo.

"E la cosa, stranamente, non mi dispiace per niente" concluse lui, salutandomi, poi, con una mano ed uscendo da casa mia richiudendosi la porta alle spalle.

Io rimasi lì per qualche secondo a pensare alle sue ultime parole, notando che strano effetto mi stavano facendo.
Ma com'era possibile? Lo conoscevo da poche ore e già mi era entrato in testa...

Fu in quel momento che realizzai: indovinate chi si era preso una cottarella per il proprio compagno di corso nonchè vicino di casa al primo giorno di trasferimento?
Esattamente, il deficiente che sta narrando questa storia.

•To feel alive {Jikook}•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora